La criminalità albanese, un problema per l’Italia e l’Europa
“La mafia del futuro non solo in Italia ma anche in Europa sarà quella albanese” come ha sottolineato alcuni giorni fa Nicola Gratteri Procuratore della Repubblica di Napoli fa in occasione della presentazione del libro “Demoni” del giornalista Livio Abbate.
Già nel dicembre 2018, in una intervista televisiva durante la trasmissione PiazzaPulita, Gratteri, allora procuratore delle Repubblica di Catanzaro, parlando della lotta alle mafie come priorità nazionale e della esigenza di avere un “sistema” penale, processuale, penitenziario proporzionato a questa criminalità, aveva sottolineato che la mafia albanese era quella “emergente” e che sarebbe divenuta il massimo problema per l’Europa.
Gratteri è, come noto, uno dei magistrati più esperti nella lotta alla ‘ndrangheta e la sua conoscenza sulla criminalità organizzata, italiana e straniera, dovrebbe essere meglio utilizzata per un approccio olistico a cominciare dalla esigenza di far comprendere a tutti i paesi dell’UE che la minaccia proveniente dalla criminalità organizzata è una minaccia di natura continentale.
L’Albania continua ad essere il maggior produttore di cannabis in Europa con una produzione annua stimata di marijuana di circa mille tonnellate e con un giro di affari di oltre 5 miliardi di euro. Ma c’è di più da quando alcuni clan albanesi sono diventati veri broker nella importazione di cocaina in Italia, come è emerso anche nella recente indagine (settembre 2024) condotta dalla Guardia di Finanza di Brescia (operazione “Tornado”) che ha sgominato una organizzazione albanese che riusciva ad importare nel nostro paese oltre 3 quintali di cocaina ogni mese, appoggiandosi ad una banca occulta cinese per riciclare milioni di euro.
Gli stretti rapporti con la mafia pugliese sono testimoniati, per ultimo, dal regalo di una pistola d’oro della Sacra Corona Unita (SCU) ai tre fratelli di Durazzo ritenuti tra i più importanti trafficanti di droga albanesi, per rinsaldare l’alleanza. Nell’ambito del traffico/spaccio di stupefacenti in Italia, gli albanesi, da anni, continuano ad essere la seconda comunità, dopo i marocchini, per le denunce all’autorità giudiziaria (relazioni annuali DCSA dal 2016 al 2023).
Già quasi un quarto di secolo fa, nel 2000,la DIA nella sua periodica relazione al Parlamento aveva ben evidenziato l’evoluzione dei sodalizi criminali albanesi verso modelli propriamente mafiosi con l’ulteriore annotazione che potevano diventare tra le organizzazioni più pericolose da affrontare.
Anche nel traffico di esseri umani sin dal 1997 gruppi criminali e mafiosi albanesi erano già molto attivi e così esperti da pensare a tutto, anche a regalare un secondo “viaggio” di traversata marina se il primo fosse andato a male, con il rimpatrio del “clandestino”.
Importante era il rapporto instaurato con la SCU che aveva fornito un concreto aiuto ai criminali albanesi mettendo a loro disposizione l’esperienza maturata in tanti anni nel contrabbando di sigarette.
Sicuramente la forza e la robustezza della mafia albanese è nella struttura familiare all’interno della quale è riconosciuto solo il capo; i componenti dei gruppi criminali appartengono allo stesso nucleo familiare,talvolta alla stessa città o addirittura allo stesso quartiere.
Le preoccupazioni sono state molto forti da anni per arrivare, addirittura ad ipotizzare, nel 1999 con un documento della DCSA (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) un’azione sempre più ficcante degli albanesi per spodestare i mafiosi italiani. Dubito che ciò possa avvenire nel sud dove il radicamento delle mafie storiche è di antica data e particolarmente esteso ma in altre regioni la criminalità organizzata albanese ha fatto un vero e proprio salto di qualità stabilendo rapporti saldi con le mafie italiane.
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