Il “teatrino” della sicurezza pubblica: dalle “ronde” alle “passeggiate”, dai “vigilantes” ai “gruppi di vicinato”
Il tema della (in)sicurezza pubblica che sta caratterizzando, da un po’ di tempo a questa parte, diverse città italiane, con molteplici fatti di violenza anche gravi, continua a stimolare l’attenzione di sindaci, cittadini e politici locali che chiedono ronde in città per “disincentivare i bivacchi” (a Reggio Emilia), “passeggiate per la sicurezza” (a Pordenone, subito, opportunamente, giudicate inutili dal Prefetto), militari dell’Esercito (a Pescara), più soldati di sera e di notte (a Milano).
Si tratta, in molti casi, di dichiarazioni di politici locali rilasciate per cercare di tranquillizzare i cittadini, ma che lasciano il tempo che trovano per il semplice motivo che la tutela della sicurezza dei cittadini spetta unicamente allo Stato che la esercita, ai sensi dell’art.1 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, attraverso l’autorità di pubblica sicurezza che è provinciale (Prefetto e Questore) e locale “ il capo dell’ufficio di pubblica sicurezza del luogo o, in mancanza, dal sindaco”.
Anche la legge 1981/121 (nota anche come legge di riforma della Polizia) ha ribadito come le funzioni dell’Amministrazione della pubblica sicurezza sono esercitate “dalle autorità provinciali (..) nonché dalle autorità locali di pubblica sicurezza” e dagli “ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza sotto la direzione delle autorità centrali e provinciali di pubblica sicurezza”.
Tutte le iniziative prese da cittadini per fare da “sentinelle”, “vedette”, nei quartieri annotando, osservando e segnalando mezzi e persone “sospette”, rientrano in quell’attività indicata come “prevenzione generale di polizia” che può essere esercitata solo dalle forze di sicurezza.
Questo non vuol dire assolutamente sottovalutare o accantonare la collaborazione dei cittadini, in molti casi rivelatasi preziosa, che, anzi, può essere “sollecitata” dalla stessa Polizia di Stato come recita l’art.2 della suindicata legge.
Questa aumentata voglia di sicurezza dei cittadini, che si registra ormai da qualche anno a questa parte, è comprensibile e ampiamente giustificabile se solo si da uno sguardo all’andamento della delittuosità a livello nazionale (riflettendo anche sui molti delitti che non vengono più denunciati dai cittadini per molti motivi, non ultimo quello sulla disaffezione verso la giustizia).
Certo ci sono norme di legge inadeguate ai tempi e alcune recenti riforme (su tutte la c.d. riforma Cartabia del 2022, che ha “declassato” dalla procedibilità d’ufficio alla procedibilità a querela, reati come lesioni, minacce, violazione di domicilio, furti) non aiutano di certo ad incrementare la fiducia della gente. Ma ci sono anche alcune sentenze che lasciano sconcertati.
È il caso di quella recentissima di Torino con cui la magistratura si è limitata a sanzionare con il semplice obbligo di firma il gruppo di 12 anarchici riconosciuti colpevoli di aver assaltato, il 28 febbraio scorso, una volante della Polizia di Stato (causando lesioni ai poliziotti) per liberare uno straniero pluripregiudicato ed irregolare sul territorio in fase di trasferimento in un centro di permanenza per il rimpatrio.
Sentenza come queste avviliscono poliziotti e cittadini e possono determinare gesti emulativi sancendo, di fatto, l’impunità di chi aggredisce le forze di polizia (sono stati diversi negli ultimi tempi gli episodi di violenza nei confronti di poliziotti e carabinieri anche in altre città).
Clima pesante in molti contesti cittadini, dove si diffonde la paura addirittura di passeggiare per il timore di essere aggrediti, come a Montesilvano con uno straniero armato di coltello che ha cercato di aggredire i passanti ed è stato bloccato dal tempestivo intervento di un carabiniere libero dal servizio; a Lucca con un uomo accoltellato dopo una lite; a Brindisi ancora con uno straniero, bloccato dai poliziotti, che aveva minacciato con due coltelli alcuni passanti; a Rimini stessa situazione con un romeno violento in stazione tra la folla con un coltello; a Bologna dove il questore dopo una trentina di sequestri di coltelli e di lame di vario tipo effettuati in due mesi ha lanciato un programma di sensibilizzazione nelle scuole perché per “i ragazzi il coltello è diventato una sorta di status symbol”.
Un clima di insicurezza che si respira per le strade e che richiederebbe interventi governativi ben diversi da quelli adottati e in itinere.
Trackback dal tuo sito.