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La povertà: tra scelta mistica, stile di vita, impegno sociale o politico

Pierluigi Ermini il . Chiesa, Diritti, Economia, Giustizia, Memoria, Politica

C’è una parola che mi segue costantemente in queste calde giornate di agosto, dove i ritmi rallentano e si aprono spazi più ampi per la lettura e la riflessione.

Questa parola è povertà.

Una serie di fatti mi hanno portato a soffermarmi sulla povertà.

In questi giorni sono stato in visita ad Assisi, la città di Francesco il “poverello” per antomasia per la sua scelta di “Madonna Povertà” come lui la chiamava.

Insieme ho riletto dopo tanti anni il libro di Carlo Carretto “Lettere dal deserto” che dedica alcune pagine molto forti a questo  tema. All’interno di questo libro ho trovato delle pagine scritte da don Ivan Cornioli nel 1980 proprio sulla povertà.

In questo 2024 caso vuole che cadano i 100 anni dalla sua nascita e ci stiamo preparando a ricordarlo come parrocchia e comunità. E nel 2017 con Anna Vieri abbiamo scritto un libro su di lui intitolato proprio “Storia di un povero prete”.

Tante cose coincidono in questi giorni di agosto e cosa molto bella si parla di povertà sotto tanti e diversi punti di vista: come scelta di stile di vita, di condivisione, di una presa di posizione, di un’azione politica, che ti mette comunque in discussione e ti spinge a scegliere da che parte stare.

D’altronde Gesù è molto netto al riguardo: “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli”.

Dunque chi sceglie che la ricerca della ricchezza è il vero senso della nostra vita sembra mettersi fuori dal Regno di Dio.

Assisi, con Francesco e Chiara e i loro fratelli, è intrisa della loro scelta della povertà che parte dal rifiuto della ricerca spasmodica della ricchezza che invece aleggiava in quei secoli e che era considerato il punto di arrivo sociale verso cui tendere.

La povertà per Francesco e Chiara non consisteva principalmente nell’aiutare i poveri, consisteva nell’essere povero. Aiutare i poveri era cosa fondamentale essendo parte ed espressione della carità ma essere povero era un’altra cosa. Gesù era stato povero. Loro volevano essere poveri.

Dunque prima di tutto uno stile di vita, che porta a un distacco dai beni di questa terra per concentrarsi verso le “cose di Dio”.

Carlo Carretto parla di povertà come accettazione volontaria di un limite. Per lui “Gesù ha scelto di essere povero per partecipare alla limitazione universale dei poveri, per sopportare la mancanza di qualcosa“. Per essere dei poveri in spirito è necessario che anche la mia personale ricchezza di cose e beni venga messa in discussione. Occorre che ciascuno di noi “operi quel distacco dal possesso delle cose che Gesù ha proclamato e vissuto”.

Una meta forse non raggiungibile su questa terra, e conclude Carretto “la vita non ci basterà a realizzarla in pieno, ma è necessario che si pensi, si rifletta, si preghi per la beatitudine della povertà. Solo così Dio potrà aiutarci a far transitare il cammello dalla cruna stretta e arrugginita della nostra povera anima malata“.

Francesco, Chiara, Carlo Carretto sono tra coloro che hanno scelto la povertà come stile di vita, vivendo quel distacco dal possesso che è forse la strada più difficile che chi dice di credere nel Dio dei cristiani è chiamato a percorrere.

Ma di povertà tanto ha parlato anche don Ivan e il suo parlare è anche coinciso con il suo modo di vivere e di essere.

L’aver trovato queste due pagine di appunti all’interno del libro di Carretto non ha fatto altro che alimentare i miei pensieri. Un caso? Chissà…Dio ci parla attraverso tanti modi diversi…

Il Regno di Dio è una costante del pensiero di don Ivan che in queste due pagine scritte di suo pugno dal titolo “a proposito di povertà…” dice: “Si tratta di un Dio caratterizzato dalla sua predilezione per i più poveri, i più deboli, i più piccoli. Un Dio che prende posizione, si mette dalla parte dei poveri e dei deboli…. Io da che parte mi metto? … Non è possibile essere dalla parte di Dio senza trovarsi dalla parte dei poveri”

Ma per don Ivan non esiste un ideale di povertà, ma di amore e “nel nostro mondo la povertà è un male contro il quale bisogna lottare”.

Parole molto belle che spingono più che alla ricerca di una povertà personale a un’azione concreta per sconfiggere la povertà che coinvolge miliardi di persone nel mondo: “un invito più che a farsi poveri a vigilare perché nessuno sia nel bisogno”.

Un’azione che è impegno sociale, è azione politica, uno sguardo diverso della società.

Un invito a impegnarsi perché la dignità di ogni persona non venga mai negata.

Vengono alla mente parole molto belle scritte dal vescovo della teologia della liberazione Helder Camara: “Quando io do cibo ai poveri, mi chiamano santo. Quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, mi chiamano comunista”.

O quelle altrettanto forti di Nelson Mandela che ci ricorda che “sconfiggere la povertà è un atto di giustizia“.

In don Ivan, uomo e prete che ha vissuto in pieno il concilio, che operava in una parrocchia dove forte era la presenza del mondo operaio, di grande fede, di alta spiritualità, la lotta alla povertà è qualcosa che coinvolge tutti, consacrati, laici, credenti, non credenti.

È questo il passaggio che porta la vita di questo mondo a cambiare visione e ad entrare nella logica del Regno di Dio, che si basa sull’ideale dell’amore.

Il nostro seguire l’ideale dell’amore ci porterà a “farsi più poveri per condividere ciò che si ha con chi ha bisogno. Se l’amore diventerà la guida della nostra vita rifiuteremo l’ideale della ricchezza e una vita povera diventa il nostro stile di vita“.

Il nostro modo di avvicinarsi alla povertà e ai poveri, che ci piaccia o no, accompagnerà la nostra vita.

Perché ci pone davanti alla questione di come viviamo il nostro rapporto con la ricchezza, il possesso delle cose, la gestione del nostro piccolo o grande potere.

Ci pone davanti a una delle questioni principali su cui fondiamo la nostra esistenza terrena e su ciò che conta di più per noi.

Le relazioni che costruiamo e l’importanza che ad esse diamo, il nostro modo di pensare e vivere la solidarietà, il nostro sentirsi parte della società passano da queste riflessioni.

Lo stesso senso del limite su ciò che siamo passa da qui.

Dio ha scelto di stare dalla parte dei poveri, e ha dato importanza alle relazioni da costruire e alle alleanze basate sull’amore: con lui, tra gli uomini, con la natura.

La nostra eredità non saranno case, monete, terreni, potere, ma relazioni vere che dureranno per l’eternità e tutto ciò che avremo fatto per riconoscere dignità alle persone che incontreremo nel nostro cammino.

Forse non occorre come fece Francesco sposare “Madonna Povertà” che lui aveva visto nel lebbroso, identificandola come la povertà del mondo intero.

Ma certo sarà necessario vivere la solidarietà con tutto ciò che è piccolo e debole e sofferente e, come ci ricorda don Ivan, operare perché anche chi è debole e sofferente abbia la sua occasione di riscatto.

Così la scelta della povertà può essere per alcuni una scelta sociale, politica, per altri una scelta mistica, sempre comunque diventa anche uno stile di vita. Se si vuole essere credibili.

Comunque per tutti coloro che credono un atto d’amore gratuito, come ci ricorda il Vangelo e la vita di Gesù.

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