Senza bilanciamento dei poteri si cade nella tirannide della maggioranza
Prima di affrontare l’essenza della dura reprimenda del nostro premier contro Ursula von der Leyen a proposito della “Relazione sullo Stato di diritto” che contiene varie critiche all’Italia, è bene sgombrare il campo dagli elementi “accidentali”, anche se importanti.
Così, non è più il caso di ricordare che la Relazione (per non dispiacere al Governo italiano) è rimasta a lungo congelata in un cassetto e resa nota soltanto dopo le elezioni europee in modo da non “turbarle”.
Altro elemento “accidentale” (ma qui si entra a piedi giunti nella sostanza delle cose) è il fatto che la reprimenda di Meloni si riferisce non alla Relazione sopra citata ma a un altro documento, opera di un organismo tutt’affatto diverso, il consorzio europeo “Media Freedom Rapid Response”.
Ma questa strana forma di strabismo, dovuta forse ai suggerimenti errati di troppo zelanti collaboratori, ha consentito al premier di attaccare alcuni giornali italiani (tra cui “La Stampa”) dei quali nel report della Commissione europea non vi è neanche un minimo cenno. Dando così l’impressione di voler creare liste di proscrizione che in democrazia non dovrebbero avere alcuno spazio.
Conviene dunque ripetere ancora una volta, per la sua fondamentale importanza, che il governo della società come motore del “vivere giusto” può stare soltanto in azioni politiche e non altre (in particolare in provvedimenti giudiziari).
È quindi incontestabile il “primato della politica”, com’è pacifico che la giurisdizione non è in grado, per natura, di risolvere stabilmente le patologie del sistema (ma solo di riconoscere e di contribuire a rimuovere ingiustizie e illegalità in atto).
Sbaglia dunque, e gravemente, chi pone in contrasto, o in concorrenza (come nel caso del Governatore ligure Toti) politica e giurisdizione e, a maggior ragione, chi pone tra le due sfere differenziazioni e primati di carattere etico. La questione è altra e riguarda le modalità di governo delle società complesse.
Il modello costituzionale è, sul punto, netto: il primato della politica non è assoluto e la sovranità deve esercitarsi nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione.
Il mito giacobino secondo cui «il corpo sovrano non ha alcun bisogno di dare garanzie ai sudditi» ha generato, nella prima metà del secolo scorso, mostri e tragedie immani: di qui la previsione dell’articolo 1 della nostra Carta fondamentale, che sintetizza la necessità, in ogni potere democratico, di limiti prestabiliti e l’esistenza di una sfera non decidibile (quella della dignità e dei diritti di tutti), sottratta al potere della maggioranza e presidiata da custodi estranei al processo elettorale, ma non alla democrazia.
È il sistema del bilanciamento dei poteri (checks and balances), in assenza del quale la “ tirannide della maggioranza” è sempre in agguato, come scriveva Alexis de Tocqueville: «Quando vedo accordare il diritto e la facoltà di far tutto a qualsiasi potenza, si chiami essa popolo o re, democrazia o aristocrazia, io affermo cha là è il germe della tirannide; e cerco di andare a vivere sotto altre leggi».
In altri termini la sfera della politica non si esaurisce nei segmenti classici (Partiti, Parlamento, Governo, etc.), ma abbraccia anche altri elementi e momenti di policentrismo democratico. La nostra società politica è complessa e per realizzare un governo di leggi e di uomini costituzionalmente adeguato richiede validi contrappesi. Tra questi l’esercizio del controllo sociale ad opera di un’informazione libera e indipendente, come quella invocata dal Presidente Mattarella nella recente cerimonia del Ventaglio parlando degli atti contro la libera informazione come di atti eversivi.
In sostanza, se la Commissione europea ritiene di formulare alcune osservazioni, è opportuno discuterle invece di liquidarle come una specie di attentato alla sovranità del nostro paese.
Il report della Commissione europea, insieme ad apprezzamenti positivi, contiene critiche che riguardano la limitazione della possibilità da parte di giornalisti e testate di accedere a determinate categorie di atti giudiziari e al contenuto delle intercettazioni e di pubblicarle; inoltre la Commissione rileva che, malgrado le norme mirate sulla protezione dei giornalisti dalle minacce nei loro confronti, continua a suscitare preoccupazione la situazione relativa alla loro sicurezza e alle loro condizioni di lavoro, così come la crescente prevalenza delle azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica; desta preoccupazione anche la mancanza di sviluppi significativi della proposta di riforma della disciplina in materia di diffamazione a mezzo stampa.
Per concludere, lo strabismo di cui sopra, secondo alcuni commenti sostanzialmente condivisibili, può essere servito al nostro premier anche per raggiungere l’obiettivo di far passare in cavalleria i richiami provenienti dalla Commissione Ue in tema di giustizia, richiami che all’evidenza gettano più di un’ombra sulle riforme proclamate dal Governo come necessarie ed epocali.
Fonte: La Stampa
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