Antimafia. L’invasione delle parole-clichè. Tanto varrebbe usare l’intelligenza artificiale
Non avevo mai pensato di potere scrivere quello che mi accingo a scrivere. Ossia che non reggo più il linguaggio dell’antimafia.
L’Antimafia resta il mio schieramento, sia chiaro; il mondo che dà un senso per me profondo alle cose che faccio. Ma lo confesso: ci sono ormai momenti, occasioni, in cui mi chiedo che cosa ci faccia io lì, in certi raduni, tra quelle parole, in mezzo a riti orali che sembrano già bell’e pronti per essere masticati dalla famigerata intelligenza artificiale.
La quale non dovrà fare grandi sforzi, in verità. “È con noi Piero Rossi, l’uomo che con le sue denunce si è condannato a una vita da prigioniero. Sono ormai sei (o sette, o otto…) anni che vive come un latitante, sotto scorta, costretto a farsi proteggere a vista dai suoi angeli custodi, a cui va tutta la nostra gratitudine (seguono applausi). È qui con noi perché non si arrende, nonostante le minacce, i proiettili ricevuti in busta, perché fino a casa sua gli arrivano i mafiosi, e non si arrende. Raro caso di uomo verticale, di uomo dalla schiena diritta, in una società dove gli opportunisti dilagano, riportandoci a tempi che non avremmo mai più voluto rivedere. Perché non dimentichiamolo mai, ce lo ha insegnato Peppino Impastato, la mafia uccide ma il silenzio di più. Diamo dunque ora la parola a Piero, il nostro amico Piero, perché ci incoraggi, visto che sempre più cose ci dicono che la mafia è tornata forte, anzi è più forte di prima.”
Piero: “Grazie cari amici per questo affetto che mi date. Io in realtà non credo di fare niente di straordinario. Faccio semplicemente il mio dovere. Ricordiamocelo sempre, gli eroi non esistono. Esistono solo persone che hanno fatto il loro dovere. Straordinari semmai sono quelli che mi accompagnano, che mi danno forza davanti all’isolamento e alle minacce mafiose, sono gli amici che mi fanno spesso da scorta civile (applausi, qualcuno urla “bravo!”). Io non sono un coraggioso, sono uno che di fronte a certe cose ha solo scelto di non voltarsi dall’altra parte, perché se questo paese è ridotto così è perché troppe persone si sono voltate dall’altra parte, non hanno voluto vedere, rinunciando alla loro dignità. Ma io, questo ve lo posso garantire, non lo farò, io voglio potermi guardare allo specchio ogni mattina, io ci metto la faccia. Come potremmo non mettercela quando molto prima di noi lo hanno fatto, davanti a pericoli tanto più grandi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Ce lo chiedono i ragazzi delle scuole, che sono il nostro domani, le future classi dirigenti del paese. Ce lo chiedono tutti coloro i cui diritti vengono calpestati ogni giorno dalla mafia. Ce lo chiedono i cittadini onesti, le persone buone e più fragili. Ce lo chiedono le nostre vittime innocenti, che non sono morte perché ‘si sono trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato’ (alza la voce), basta con questa storia, non esistono luoghi sbagliati, è la mafia che è sbagliata, e che, come diceva Impastato, ‘è una montagna di merda’ (in coro: È verooo!!!). Non dobbiamo indietreggiare, dobbiamo denunciare ciò che il governo sta facendo, se non vogliamo che i nostri cari siano caduti invano”…(applausi commossi).
Piero viene acclamato, la scorta gli si stringe intorno, a ribadire i rischi che corre. Rivolge un abbraccio alla folla, qualcuno grida “torna, non lasciarci soli”. Se il contesto è semi-ufficiale può scapparci con sprezzo del ridicolo anche l’inno nazionale.
Che cosa non mi piace, dunque? Risposta: in sé quasi nulla mi disturba, contesterei solo l’affermazione un po’ cialtrona (e retorica) che non ci sono eroi.
Ma è la ripetizione automatica delle parole che mi interroga. Il fatto che quasi mai entri nel discorso una parola nuova, testimonianza di un guizzo del cuore o della mente. Che tutto possa essere inghiottito dall’intelligenza artificiale, mentre quella naturale si è chiusa in qualche cassetto. Tutto qua.
Il Fatto Quotidiano, Storie Italiane, 22/07/2024
Trackback dal tuo sito.