Lo sdegno non basta, ora fermiamoli
La feroce aggressione subita dal giornalista de La Stampa Andrea Joly ad opera di alcuni giovani che le prime cronache indicano come appartenenti a “CasaPound”, un gruppo di ispirazione neofascista, ha suscitato riprovazioni bipartisan.
E vorrei vedere che non fosse stato così!
Piuttosto occorre riflettere su quello che sta succedendo e potrebbe ancora succedere intorno a noi.
Utili possono essere – ancora una volta – le parole pronunciate dal Cardinale Carlo Maria Martini in un discorso alla vigilia di Sant’Ambrogio tenuto a Milano il 6 dicembre 2001 (ora nella raccolta dei suoi documenti: ISL XXII 488): «Chi di noi ha l’età per ricordare i primi tempi della contestazione, fine anni ’60 -inizio anni ’70, sa che la noncuranza e la leggerezza ostentata anche da chi avrebbe avuto la responsabilità di giudicare di punire, rispetto ad atti minori di vandalismo e disprezzo del bene pubblico, ha aperto la via a gesti ben più gravi e mortiferi. Chi getta oggi il sesso e si sente impunito, domani potrà gettare la bomba ed impugnare la pistola».
Il Cardinale Martini conosceva molto bene l’importanza di valutare subito quel che accade nel mondo che ci circonda. Per evitare che quanto oggi può sembrare un “piccolo” male conduca poi a “gesti ben più gravi”.
Non siamo più abituati a una simile chiarezza ed altrettanto franchezza. Oggi prevalgono le valutazioni imbarazzate e generiche, il rimando ad analisi complesse e fumose per condannare allo stesso tempo tutti e nessuno.
La violenza che sfocia in atti di squadrismo si spiega anche con l’incapacità (da parte dei tanti che avrebbero il diritto dovere e la responsabilità di farlo) di guidare, educare e correggere i giovani che praticano la violenza come una forma di lotta politica, favoriti da miopia e giustificazionismi indulgenti che tralasciano di condannare severamente, perciò senza far nulla di concreto per fermarli.
Il Cardinale Martini ci invita a non negare la faticosa correzione che insegna il linguaggio della non violenza. Ci invita a non restare, in presenza del tempo che scorre, passivi e indifferenti. Occorre valutare quanto accade e giudicare quanto di giusto deve essere attuato realizzato oggi e non domani.
Ed ecco la vetta a cui ci conduce l’arcivescovo di Milano: coloro che rinunciano al proprio ruolo educativo/direttivo rendono orfani gli aiuti e i riferimenti di giovani che così crescono nel codice esclusivo della violenza. Non correggere e se necessario punire chi ha bisogno di essere aiutato a cambiare, rappresenta di fatto una violenza che genera altra violenza: e in questo modo si toglie a quei giovani il futuro.
Allora ben vengano le condanne le condanne bipartisan, purché seguano (soprattutto da parte di chi è maggiormente può e conta sul piano politico-organizzativo del settore interessato) fatti concreti, e non ci si accontenti di qualche logoro slogan.
Fonte: La Stampa
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