Nuovo scandalo al Consiglio Superiore della Magistratura. Come ritrovare la fiducia nell’istituzione?
Le ultime cronache provenienti dal CSM ci restituiscono crude immagini che costituiscono ulteriore dimostrazione della pericolosa china che stanno percorrendo il sistema di governo autonomo della magistratura e la nostra democrazia: un giudice disciplinare che parla riservatamente con un’incolpata (magistrata, che, inopinatamente, cerca – e, altrettanto inopinatamente, ottiene – un contatto riservato con il “suo” giudice); che si mostra sensibile alle segnalazioni di altri componenti del CSM; che si mostra sensibile alle segnalazioni di “amici degli amici”; che si spinge a rappresentare la disponibilità a usare un occhio di riguardo, per quanto possibile; che esplicitamente afferma di violare il segreto della camera di consiglio.
Nell’azione di quotidiano discredito dell’organo di governo autonomo della magistratura, la vulgata mette sul banco degli imputati gli inquinamenti perpetrati dal sistema correntizio.
La vergognosa vicenda di cui si è resa protagonista la componente laica del CSM Rosanna Natoli ci dice però ben altro.
Da un lato dimostra che i componenti laici non sono immuni da gravi violazioni di doveri istituzionali. Dall’altro lato, e soprattutto, esprime una tendenza a utilizzare le dinamiche consiliari per finalità di ricerca del consenso da parte della componente laica vicina all’attuale maggioranza parlamentare (di cui erano stati sintomi premonitori espressioni del voto prive di motivazione, che proprio per questo facevano percepire una logica di ispirazione intimidatoria a danno di magistrati ritenuti “non conformi” dalla maggioranza parlamentare).
Il progetto di riforma costituzionale prevede che il Consiglio superiore sia spezzato in due, uno requirente e uno giudicante. Per entrambi, così come per l’Alta corte disciplinare (che dovrebbe sostituire l’attuale sezione disciplinare del Consiglio), si vogliono introdurre meccanismi di cooptazione fortemente sbilanciati a favore dei consiglieri laici a scapito di quelli togati. Mentre per i laici è infatti previsto un sorteggio “in seconda battuta” su una rosa di nomi previamente approvata dal Parlamento, la selezione dei togati è rimessa a un sorteggio secco tra gli appartenenti alle rispettive categorie, che trasforma la componente togata in una rappresentanza casuale e frammentata, quindi più debole.
Ciò a fronte di una componente laica sempre più di parte e, a giudicare dai fatti a cui stiamo assistendo in questa consiliatura, sempre più determinata a imporre nel Consiglio la logica “amico/nemico” come vero criterio di selezione dei magistrati per gli incarichi direttivi e fuori ruolo e persino − anche di questo abbiamo avuto una recente e amara dimostrazione − per le valutazioni di professionalità.
Oltre a rimarcare la necessità di salvaguardia dell’architettura consiliare prevista dai Costituenti, va ribadito che solo il responsabile rispetto dell’articolo 54 della Costituzione («i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore») garantisce a tutta la comunità repubblicana di guardare con la necessaria fiducia alle istituzioni di garanzia e di governo.
Perché le istituzioni, oltre che di regole, si nutrono di fiducia.
Chi ha dimostrato di non saper essere all’altezza di questo dovere costituzionale può fare solo due cose: chiedere scusa alle istituzioni e dimettersi.
Esecutivo di Magistratura democratica
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