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No al carcere per le donne incinte

Rosetta Papa, Paolo Siani il . Costituzione, Criminalità, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica

Sono 20 le mamme in Italia che vivono in carcere con i loro bambini e sono 12 le donne con una gravidanza in corso.

Il ministro Nordio alla Camera a proposito del carcere ha parlato di umanizzazione della pena, ma contemporaneamente il governo nel disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” (C. 1660) approvato in commissione giustizia alla Camera prevede l’abolizione del rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per le donne incinte”.

Bisognerebbe pertanto rivedere il concetto di umanizzazione considerando che la misura raggiunge donne e bambini, quindi “di che umanizzazione parliamo?”.

Bisogna qui ricordare che tra i reati ascritti alle donne che si trovano in carcere, la categoria maggiormente rappresentata è quella dei reati contro il patrimonio.

Può mai una donna in gravidanza che non ha commesso reati di particolare gravità affrontare una vita in carcere?

Nell’ultimo Rapporto “Antigone” vengono riportati eventi dolorosi accaduti proprio nel corso della gestazione a donne recluse.

Si ricorda la circostanza che ha visto protagonista una giovane donna detenuta a Rebibbia che a causa di un “parto precipitoso” ha visto come unica figura “professionale” ad assisterla esclusivamente la sua compagna di cella? Ed ancora in questa triste statistica viene riportata l’esperienza tragica del luglio 2022 nell’istituto milanese di San Vittore quando una donna perse il proprio bimbo dopo aver accusato sintomi che forse avrebbero meritato una consulenza specialistica per essere decodificati adeguatamente, triste esito già capitato nel marzo 2019 a Pozzuoli.

Consapevole della delicatezza di questa fase della vita, anche il legislatore penale già nel 1930 aveva rivolto attenzione al rapporto tra la madre detenuta e la prole, attraverso il possibile differimento dell’esecuzione della pena per la donna incinta e la madre di prole in tenera età.

Il nostro SSN garantisce e tutela la salute fisica e mentale della madre e del feto/neonato durante la gravidanza e il parto.

A ogni donna in gravidanza secondo le linee guida ministeriali sono garantiti gli interventi appropriati per un percorso assistenziale prenatale di base e se nel corso della gravidanza inizialmente considerata come fisiologica, dovessero presentarsi delle criticità sia strumentali che ematochimiche se non cliniche, vedi ad esempio l’ipertensione, la gravida deve essere presa in carico da centri di III livello.

Alcuni ricercatori in USA hanno affermato che rispetto alle donne incinte della popolazione generale, le donne in carcere avevano maggiori fattori di rischio associati a esiti perinatali sfavorevoli, tra cui neonati pretermine e piccoli per l’età gestazionale (Bell et al., 2004). Sufrin e colleghi (2019) hanno osservato che, in media, il 6% delle nascite di donne detenute aveva un parto pretermine e il 32% di tipo cesareo.

È doveroso aggiungere l’importanza del contesto nel quale la donna vive lo stato di gravidanza, per gli indiscussi effetti epigenetici sul prodotto del concepimento. Ciò rappresenta un ulteriore quanto inaccettabile elemento di svantaggio addirittura in epoca pre-natale.

Chiediamo alle parlamentari e ai parlamentari di tutte le forze politiche di riflettere bene quando arriverà in aula il decreto, quell’articolo sulle donne in gravidanza deve essere emendato, va rispettato il supremo interesse del minore senza lasciare impunite donne che delinquono.

Va tenuto presente infine che la  criminalità femminile è spesso  orientata verso tipologie di reato che sono espressione più di marginalità sociale che di allarme sociale.

E allora è sul versante sociale che bisogna agire non solo su quello penitenziario.

Chiediamo al Presidente del Consiglio, per la prima volta donna e mamma, che sa bene cosa vuol dire una gravidanza e l’attaccamento madre bambino nei primi mesi di vita, di rivedere l’articolo 12 del decreto 1660 e di non abolire il rinvio della pena per le donne in gravidanza o con bambini fino a 1 anno.

Fonte: La Repubblica/Napoli

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