Terreni confiscati alle mafie, accordo Masaf-Anbsc. La nota di Libera
Libera: “Preoccupazione per un protocollo che apre la strada alla privatizzazione nella gestione di questi beni.”
Preoccupazione per l’accordo siglato ieri tra l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati e il Ministero dell’Agricoltura che prevede l’assegnazione di terreni confiscati per la realizzazione di progetti di imprenditorialità giovanile, aprendo così la strada alla privatizzazione nella gestione di questi beni. Ancora una volta, con la firma del protocollo tra MASAF e ANBSC, sembra che il governo non voglia sostenere veramente il riuso sociale come principale strumento della lotta alle mafie e non voglia riconoscere il ruolo del terzo settore come attore principale di questa filiera. Di fatto, si perde il senso profondo del riuso sociale dei terreni confiscati: si cede il passo a meccanismi meramente economici, che si slegano totalmente dal lavoro importante del terzo settore e da modelli di sviluppo territoriale.
In una nota Libera commenta l’accordo MASAF-ANBSC, che prevede assegnazione dei terreni confiscati alle mafie a giovani agricoltori.
L’accordo – prosegue Libera nella nota – prevede solo che le attività imprenditoriali debbano avvenire all’interno di progetti che prevedano iniziative a favore di soggetti con disabilità ed immigrati, nonché iniziative a carattere didattico e divulgativo; si svuota così la programmazione di percorsi dedicati al territorio, rendendoli delle mere iniziative di contorno ad attività economiche. Nessuna di queste esperienze di imprenditorialità, da quanto si legge, verrà sottoposta a un codice etico sulle norme per la contrattazione collettiva e contro il subappalto nella filiera agricola, sul rispetto di vincoli per coltivazioni non intensive ma piuttosto votate al biologico, sul rispetto delle norme a tutela dell’ambiente e dell’ecologia locale.
Svilire il senso del riuso sociale attraverso dei contratti di affitto a imprese private, immaginando solo il reimpiego dei profitti, vuol dire privare i territori di percorsi di consapevolezza e di rinascita, che devono essere accompagnati e non troncati sul nascere. Siamo consapevoli delle difficoltà nelle fasi di gestione e di assegnazione, nelle fasi di coinvolgimento degli enti locali di prossimità, ma il momento storico che stiamo attraversando ci mette davanti alla responsabilità di sostenere ancora di più questa filiera e non di reprimerla.
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