Piazza rossa in agro nero
Nella città nera risuona “Bella ciao” alla fine della manifestazione della Cgil per ricordare Satnam Singh, il 31enne indiano lasciato morire dissanguato, letteralmente, dal suo datore di lavoro anche se un contratto tra i due non è mai esistito.
La piazza rossa sotto il palazzo della Prefettura da dove si è affacciato Benito Mussolini ai tempi dei raduni del regime fascista è così tanta roba che è difficile tradurlo a chi non c’era il pomeriggio del 22 giugno 2024. Piazza della Libertà (si chiama proprio così) ha accolto oltre duemila persone, per la maggior parte braccianti indiani del Punjab, con le loro moglie in abiti tradizionali, le figlie adolescenti in jeans e una moltitudine di bambini che sono la prova migliore del fatto che questi lavoratori sono arrivati in Italia per restarci, con le loro famiglie.
Il primo a prendere la parola è Giuseppe Massafra, il segretario della Cgil di Latina e Frosinone, e va subito al punto: “Siamo qui perché un lavoratore è stato ucciso dal padrone, Satnam non ha avuto un infortunio sul lavoro, è stato assassinato e tutto ciò è il prodotto finito si leggi sbagliate, a cominciare dalla Bossi-Fini che è una legge pensata per creare persone irregolari, sfruttabili, ricattabili”.
Poi parla Laura Hardeep Kaur. È indiana, è una sindacalista, segretaria della Flai Cgil di Latina, è lei che per prima ha raccontato la storia di Satnam mentre era ancora ricoverato al San Camillo di Roma, dove è morto 20 ore dopo l’incidente avvenuto nell’azienda di Borgo Santa Maria ,che gli ha causato la recisione di un braccio.
Quel camioncino bianco con le bandiere della Cgil sotto la Prefettura di Latina è un’immagine che ha un doppione, un precedente di otto anni fa esatti. Era il 18 aprile del 2016 quando in quella stessa piazza si è tenuto il più grande sciopero di braccianti indiani di sempre. A ottobre successivo fu approvata la legge contro il caporalato in Italia, che ha cambiato molte cose ma non tutte e comunque da qualche tempo si è arenata perché, va detto, l’attuale Governo non ci crede, non la sponsorizza, anzi uno dei Ministri in carica, Matteo Salvini, ne ha criticato i principi basilari. I fondi per il caporalato già stanziati non sono stati tutti utilizzati e alcune città della provincia di Latina, tra cui lo stesso capoluogo, rischiano di perderli.
Che il pianeta dello sfruttamento vigente nell’agro pontino sia conosciuto e accettato da molti è un elemento non confutabile e non lo si scopre con la tragica morte di Satnam Singh. Coloro che hanno denunciato il sistema dello sfruttamento e il fatto che esso abbia molto a che fare con il riciclaggio del denaro, le coperture di una parte della rete bancaria, di alcune associazioni imprenditoriali, sono stati denigrati e denunciati anche.
Marco Omizzolo è uno di questi: per la sua tesi in sociologia circa 20 anni fa si è finto bracciante e ha potuto raccontare da infiltrato cosa accadeva nelle campagne pontine. Ossia: lavoratori costretti a chiamare ‘padrone’ il datore di lavoro, ad abbassare lo sguardo, a subire violenza sessuale nel caso delle donne, ad assumere sostanze dopanti e antidolorifici per sopportare la fatica, a mentire sulle ferite quando vanno in ospedale e dire ai medici che esse sono frutto di un incidente in motorino. Sono venti anni che va avanti questa storia.
Lo sfruttamento nelle campagne pontine, ai livelli cui è arrivato, non sarebbe possibile senza coperture, omissioni e lassismo.
L’Ispettorato del lavoro di Latina non ha personale sufficiente per effettuare i controlli e qualche volta ci è scappata pure la connivenza, come dimostra una delle più importanti inchieste sul caporalato portate avanti dalla Procura di Latina.
La sezione del Tribunale del Lavoro ha pochi giudici e il numero crescente di ricorsi di lavoratori che chiedono il riconoscimento del contratto nazionale di categoria e l’emersione resta giacente per mesi, anni, in quella giustizia lenta e denegata che pure è parte integrante del sistema malato delle istituzioni di Latina. Il Tribunale di Latina è catalogato ufficialmente come “sede disagiata”.
Poi c’è la longa manus della mafia, che ha il suo peso anche nell’agricoltura e nella filiera. Inutile negarlo. Alla manifestazione per Satnam la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha detto: “Bonificheremo l’agro pontino dal caporalato e dalle mafie”.
Dieci minuti più tardi gli amministratori locali, quasi tutti di centrodestra, già facevano gli offesi. E tuttavia la provincia di Latina conta il più alto numero nel Lazio di segnalazioni sospette per riciclaggio (dati Bankitalia) dopo Roma; mentre la filiera agricola, e in specie il trasporto su gomma, è quasi per intero nelle mani della criminalità organizzata che la usa anche per il contestuale trasporto di droga. Su questo punto specifico esistono plurime e concordanti sentenze che ricostruiscono in modo dettagliato la gestione del trasporto di ortofrutta da parte di camorra e mafia siciliana.
L’agricoltura pontina è anche la prima voce di pil provinciale e di volume di materie esportate in Europa, dopo il settore chimico farmaceutico che, però, è tra i primi in Italia quindi un po’ fuori classifica. Dunque il più importante tassello dell’economia pontina fonda da un lato sullo sfruttamento senza scrupoli dei braccianti e dall’altro su evidenti interessi di mafia. La Schlein sarà anche stata criticata dal centrodestra per i vocaboli forti usati a Latina, ma ha dalla sua i dati.
Fonte: Articolo 21
I luoghi di Satnam Singh. Il contesto di una tragedia non isolata
Migrante mutilato, falsa equidistanza costringe troppe schiene a rimanere piegate
https://www.liberainformazione.org/2024/06/20/il-bracciante-singh-ucciso-dal-cinismo-e-dallo-sfruttamento/
Trackback dal tuo sito.