Nomine CdA Rai: illegittimità costituzionale ed europea
Si è tenuta questa mattina nella Sala stampa della Camera dei Deputati la conferenza stampa per illustrare il ricorso al Consiglio di Stato presentato da tre candidati al CdA Rai.
Il ricorso, promosso da Articolo 21 e sostenuto da Infocivica, Slc-Cgil, TvMediaWeb, fa seguito alla ordinanza del TAR che, riconoscendo la rilevanza del primo ricorso, relativo alle procedure di nomina parlamentare del Consiglio di Amministrazione della RAI, ha fissato l’udienza di merito al prossimo 23 ottobre, una data che potrebbe arrivare a nomine già fatte e che quindi si tende anticipare con l’odierno ricorso al Consiglio di Stato. Il Prof Roberto Zaccaria, che coordina l’iniziativa, ha introdotto i partecipanti insieme agli avvocati Giovanni Pravisani e Giulio Vigevani.
Sono stati illustrati i profili di illegittimità costituzionale del Testo Unico sulla radiotelevisione (TUSMA) ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.225 del 1974 e, soprattutto, in relazione al Regolamento europeo European Media Freedom Act (EMFA), che garantisce ai servizi pubblici radiotelevisivi europei indipendenza e trasparenza nelle nomine e nel finanziamento, secondo criteri predeterminati e non discriminatori. Tra meno di 15 mesi i paesi europei che non si adegueranno a questo regolamento si troveranno automaticamente in procedura d’infrazione. Contestualmente è stata espressa preoccupazione per la notizia del rinvio dell’approvazione di un documento della Commissione europea che conterrebbe osservazioni critiche sulla libertà di stampa in Italia. Anche l’atteggiamento delle autorità italiane in merito al nostro adeguamento al Freedom Act tende vistosamente a mettere in ombra il problema.
Nel corso della conferenza stampa sono intervenuti i ricorrenti, Stefano Rolando e Patrizio Rossano; Vincenzo Vita e Renato Parascandolo per Articolo 21, Andrea Melodia di Infocivica, Tino Giano della segreteria SLC-CGIL e Marco Mele di TvMediaWeb.
Nel corso della conferenza stampa sono state lette due testimonianze autorevoli: quelle del Vicepresidente emerito della Corte costituzionale, Prof. Enzo Cheli e del Prof. Fabio Ferraro, Ordinario di Diritto Unione europea dell’Università di Napoli.
Prof. Enzo Cheli “L’azione giudiziaria avviata per riportare nella legalità costituzionale il processo di formazione dell’organo di governo della RAI è, a mio avviso, ben fondata e merita di essere accolta”.
Il principio enunciato dalla Corte costituzionale nel 1974 (indipendenza della Rai dal potere esecutivo) conserva tuttora piena validità e da ultimo è stato confermato anche a livello europeo nel regolamento 2024/1083 sulla libertà dei media dove all’art. 5 si impone agli Stati membri di garantire l’indipendenza editoriale e funzionale dei media di servizio pubblico.
Principi evidentemente violati dalla disciplina che attualmente regola la composizione del Consiglio di amministrazione della RAI (art. 63, comma 15, del Dlgs. n. 208 del 2021) che affida alla maggioranza ed al Governo la possibilità di scegliere e nominare quattro di sette componenti l’organo.
Tale disciplina, palesemente lesiva del dettato costituzionale, va, pertanto, sottoposta ancor prima della sua applicazione al vaglio della Corte costituzionale utilizzando tutte le possibilità di accesso al giudizio di costituzionalità.
È appena il caso di rilevare che proporre oggi questa azione assume un valore particolare in una fase in cui la conflittualità politica si sta accentuando e l’imparzialità e la correttezza dell’informazione assumono di conseguenza un peso crescente ai fini del funzionamento e della stabilità del nostro impianto democratico”.
Prof. Fabio Ferraro – “Le regole sulla nomina del Consiglio di amministrazione (Cda) della RAI appaiono distoniche rispetto ad alcuni principi e norme del diritto dell’Unione”.
Il sistema di nomina di sei dei sette membri del Cda da parte di attori politici (due dalla Camera dei Deputati, due dal Senato della Repubblica e due dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia) appare infatti difficilmente conciliabile con il principio della libertà e del pluralismo dei media sancito dall’art. 11, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, oltre che dal protocollo n. 29 allegato ai Trattati europei.
I principi di libertà e, quindi, di indipendenza contenuti nel diritto dell’Unione sono applicabili al servizio pubblico e conoscono diverse declinazioni, tra cui l’indipendenza “strutturale”, ossia nella governance, che comporta la tutela dell’emittente pubblica dalle ingerenze dei partiti. In particolare, sorge spontaneo domandarsi come possa ritenersi che l’emittente pubblica italiana sia indipendente dalle ingerenze politiche se il suo Cda è nelle mani del Governo, il quale sceglie quattro membri (di cui due espressi direttamente e due attraverso la maggioranza parlamentare) sulla base di un mero avviso anziché di una procedura che consenta una selezione effettiva e trasparente dei candidati.
Al riguardo occorre anche considerare che sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia tutte le procedure pubbliche di selezione devono fondarsi su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali entro limiti idonei ad evitare un utilizzo arbitrario. Queste frizioni con il diritto dell’Unione risulteranno ancora più evidenti con l’entrata in vigore del nuovo regolamento UE “European Media Freedom Act”, il quale recepisce i principi generali ricavabili dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
Per la precisione, a partire dall’8 agosto 2025 sarà direttamente applicabile nello Stato italiano l’art. 5 del regolamento, il quale impone claris et apertis verbis di scegliere i membri del Consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico con “procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e basate su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale”.
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