Le urne, i due pilastri della democrazia e 300 miliardi ‘neri’
La nostra Costituzione (quella ancora vigente; e si spera che lo sia ancora per moltissimo tempo, vincendo le seduzioni propagandistiche di chi vorrebbe modificarla a colpi di premierato, autonomia differenziata e separazione delle carriere) stabilisce che la sovranità va esercitata entro binari prestabiliti e con l’obiettivo di realizzare una “democrazia emancipante”, cioè una democrazia nella quale il compiuto riconoscimento dei diritti di libertà è integrato dalla solenne affermazione del principio di uguaglianza in senso sostanziale, assunto non come semplice aspirazione o obiettivo ma come dato normativo fondamentale.
In questa democrazia la cittadinanza è diventata uno status, fondato su due pilastri: il diritto-dovere di andare a votare quando è ora; e insieme un reddito decoroso che consenta di condurre una vita civile, a tutti: anche quando si è ammalati o vecchi o disoccupati o stranieri che rispettino le nostre leggi.
In questo modo i principi di giustizia distributiva sono diventati “diritti” e le politiche per realizzarli “atti dovuti”, sottratti alla negoziazione politica.
La situazione reale del nostro Paese, però, è diversa.
Il secondo pilastro traballa, soprattutto per effetto dell’impoverimento colossale causato alla nostra comunità e quindi a ciascuno di noi dal “fatturato” di evasione fiscale, corruzione e mafie, che ammonta (calcolato sicuramente in difetto) ad almeno 300 miliardi di euro l’anno. Una montagna di risorse che ci vengono rapinate, senza le quali la qualità della nostra vita e del nostro futuro sono inesorabilmente destinate a peggiorare.
E conseguentemente diminuiscono la fiducia e la voglia di partecipare di chi chiede una più incisiva lotta all’illegalità economica nelle sue tre principali declinazioni.
Quanto al primo pilastro, se i corpi degli uccisi e dei feriti nelle guerre che sono in corso diventano macabri gettoni giocati nella competizione elettorale, di nuovo diminuiscono nei cittadini (che vorrebbero invece seri negoziati di pace) fiducia e voglia di partecipazione.
In sostanza, per la democrazia italiana non è un buon momento e il recupero di credibilità presso i cittadini deve essere la prima preoccupazione della Politica che abbia davvero a cuore il buon governo. Tutta la Politica che sia davvero al servizio degli interessi generali e non solo di cordata.
Utopia? Forse. Ma comunque premonizione di quanto potrebbe accadere se non ci tirassimo su le maniche.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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