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Blitz contro mafia turca, 19 arresti in Italia: in manette il presunto boss Baris Boyun

Redazione il . Criminalità, Forze dell'Ordine, Giustizia, Internazionale, Lazio, Lombardia, Mafie

Si è conclusa un’operazione contro un’organizzazione criminale turca attiva in Italia e in Europa, condotta dalla Squadra mobile di Como e dalla Sezione investigativa del Servizio centrale operativo (Sisco) di Milano coordinate dal Servizio centrale operativo (Sco) della Direzione centrale anticrimine della Polizia di stato in collaborazione con la Guardia di finanza e con Europol.

Delle diciannove misure emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, quattordici cittadini turchi dimoranti nel nostro Paese e altri tre attivi all’estero sono finiti in carcere per associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi micidiali e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’indagine è stata avviata a Como all’inizio di ottobre dello scorso anno quando i poliziotti hanno arrestato tre appartenenti dell’organizzazione criminale mentre cercavano di raggiungere la Svizzera ed erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, numerose munizioni e materiale di propaganda.

L’attività investigativa consentiva di constatare che il capo dell’organizzazione, finito successivamente agli arresti domiciliari per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuava a dirigere e coordinare dall’Italia le attività criminali: trasporto di migranti, traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette e di farmaci ma anche la commissione di reati terroristici come l’omicidio di un cittadino turco a Berlino o ancora l’attentato alla fabbrica di alluminio in Turchia avvenuti a marzo scorso.

Quest’ultimo attentato falliva grazie allo scambio informativo tra la Polizia di Stato, l’Interpol e la polizia turca.

Alla Sezione investigativa finanziamento terrorismo della Guardia di finanza di Milano, è stata delegata l’attività d’indagine sui flussi finanziari provenienti dall’estero che permettevano al capo di disporre di somme di denaro contante consistenti.

Nell’operazione che ha coinvolto centinaia di poliziotti, è stato impegnato il personale della Squadra mobile di Como, del Servizio centrale operativo di Roma, delle Sisco di Milano e di Brescia, delle Squadre mobili di Catania, Crotone, Verona, Viterbo, delle Unità operative di primo intervento, del Reparto prevenzione crimine Lazio e Lombardia, delle Unità cinofile di Roma, del Reparto volo di Roma, della Polizia scientifica delle città interessate e della Guardia di finanza di Milano e Roma.

Fonte: Polizia di Stato


Colpita la rete del boss della mafia turca Boyun, 18 arresti

Preso a Viterbo, blitz della Procura di Milano anche in Sicilia.

Con un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone di origine turca ma che vivono in Italia, Svizzera, Germania e Turchia, la Procura di Milano ha smantellato una rete criminale guidata dal presunto boss della mafia turca Baris Boyun, uno degli uomini più ricercati da Ankara.

Tra le accuse anche banda armata con finalità di terrorismo, attentato terroristico e omicidio.

Il provvedimento del gip milanese Roberto Crepaldi è stato eseguito all’alba, assieme a un paio di fermi, da centinaia di poliziotti coordinati dall’antiterrorismo milanese, in particolare dal pm Bruna Albertini e dal procuratore Marcello Viola.

Un task force congiunta di forze dell’ordine italiane e interpol alle 4 di questa mattina ha fatto irruzione in un appartamento in via Cardinal G. Francesco di Gambara nella frazione viterbese di Bagnaia, dove sembra stesse da tempo agli arresti domiciliari e piantonato Boyun, che intorno alle 5:30 è stato portato via dagli agenti per essere condotto presumibilmente a Milano.

Boyun, era stato arrestato nell’agosto del 2022 a Rimini, a seguito di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti dal governo turco per le accuse di omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi.

Al momento del suo arresto, Boyun aveva fortemente rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde, e di aver già chiesto la protezione internazionale all’Italia. In seguito, il presunto boss era stato al centro di querelle tra lo Stato italiano e quello turco che, ne aveva chiesto l’estradizione. Richiesta che era stata rigettata prima, dal tribunale di Bologna e in seguito dalla Corte di Cassazione. Il blitz a Bagnaia si inserisce in una grossa operazione condotta questa notte dalla Polizia, che ha portato all’arresto di circa 18 perone tra la Sicilia e la provincia di Viterbo.

Fonte: Ansa


Baris Boyun, arrestato in Italia presunto boss della mafia turca

Voleva fare la ‘rivoluzione’ nel suo Paese d’origine.

Un’associazione criminale e terroristica che dotata di un potente arsenale, un giovane esercito e tanti soldi era pronta a una “rivoluzione” in Turchia. E’ questo il quadro che emerge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Roberto Crepaldi, su richiesta del pm Bruna Albertini, che ha portato in carcere Baris Boyun, 40 anni, la moglie, i suoi guardaspalle e fedelissimi per accuse che, a vario titolo, vanno dalla banda armata con finalità terroristiche alla detenzione di armi e di esplosivi, dal traffico internazionale di droga fino all’omicidio e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

E’ un gruppo “estremamente pericoloso perché dotato di armi cruente” spiega la titolare dell’inchiesta. “Armi pesanti, clandestine, da guerra”, come kalashnikov o bombe a mano, con cui i ‘soldati’ attraversano la Lombardia, si muovono tra Svizzera, Olanda e Germania, con “obiettivi politici: la lotta è contro quelli che hanno ‘infestato lo stato turco’”. Per la Direzione distrettuale antimafia, così come per il gip, “non vi è dubbio che il capo indiscusso dell’associazione” sia Boyun: è lui a coordinare la vendita di armi (sfruttando canali all’estero e conoscenze in Turchia), a decidere su tratte balcaniche e tariffe dei migranti, a orientare la strategia sul contrabbando di sigarette e sul mercato più lucroso di droga e farmaci, a riciclare il denaro (tramite circuiti hawala o più tradizionali) e ordinare vendette.

Le intercettazioni, captate anche da una microspia nel braccialetto elettronico dell’uomo tra i più ricercati ad Ankara, restituiscono i dettagli del fallito attentato in fabbrica vicino a Istanbul e del gruppo di fuoco che ha commesso un omicidio a Berlino. Un delitto che la procura ha ricostruito e sta ricostruendo con le autorità tedesche. Ma l’indagine restituisce anche l’interesse a garantire sostegno ai compagni arrestati: “Ho 300 uomini in carcere di cui almeno un centinaio ha anche la famiglia cui devo badare” ammette in un’intercettazione lo scorso febbraio.

A Boyun, già ai domiciliari e arrestato all’alba a Viterbo, “giurano fedeltà fino alla morte; è il suo nome a fare paura agli estranei”. Nel provvedimento, di oltre cento pagine, si ricostruisce ogni singolo ruolo degli altri 17 persone (un solo italiano) di origine turca che vivono in Italia, Svizzera, Germania e Turchia, arrestate dalla Guardia di finanza e dalla Polizia. Nessun provvedimento è stato disposto per i due legali del presunto boss che risultano indagati per ricettazione per alcune transazioni di denaro. Arresti possibili, sottolinea il procuratore capo di Milano Marcello Viola “grazie alla cooperazione con la polizia turca per un’operazione di oggettiva e assoluta importanza che vede al centro un gruppo con finalità di tipo strettamente terroristico”.

Un’indagine “complessa” nata, nell’ottobre del 2023, con tre arresti alla frontiera di Chiasso: su un’auto viaggia la ‘scorta’ armata di Buyon. La polizia sequestra due pistole, un giubbotto antiproiettile, ma anche documentazione riconducibile al 40enne e alla sua compagna. I tre arrestati risultano ricercati in Turchia: uno per omicidio e due in quanto sospettati di far parte di un gruppo criminale. E un’arma costa anche l’arresto di Buyon il 19 gennaio del 2024 a Milano. Era in auto, in compagnia della moglie.

Il braccialetto elettronico consente i domiciliari al presunto boss, ma la microspia all’interno ora rischia di costargli molto caro. Sono “numerosissime” le conversazioni in cui tratta il commercio di armi: “Ho il mio produttore d’armi personale” dice o si vanta di gestire, attraverso i suoi uomini, “tutto il mercato tedesco” e di poter “vendere anche in Svizzera”. Una capacità di infiltrazioni in Europa che ha come obiettivo la conquista criminale della Turchia. “Dammi una settimana di tempo, sto facendo grandi preparativi, tutta la Turchia ne parlerà”. E’ con queste parole che Boyun – che si sente al sicuro in Italia – annuncia l’attacco (fallito) a una fabbrica vicino a Istanbul per colpire il rivale Burhanettin Saral. L’intenzione, come dimostrano anche gli attacchi ai ristoranti di lusso una nota catena turca, “è di scalzare il gruppo attualmente al potere, che corrompe lo Stato (a suo dire, ndr) e lo considera come un criminale di ‘quarta categoria’” scrive il gip Crepaldi.

L’attentato alla fabbrica, anche se scongiurato dall’intervento della polizia, è una “dimostrazione di forza” che avrebbe pesato “sul piano criminale e sul senso di insicurezza” in Turchia. E che l’obiettivo sia “politico” emerge chiaramente. “Ho mandato notizie alla gerarchia superiore del Pkk, ho detto che non accettiamo un’organizzazione così e che fonderemo una nuova organizzazione iniziando una nuova rivoluzione” è una delle intercettazioni riportate nell’ordinanza di custodia cautelare.

Per il gip, “appare evidente come Boyun stia continuando dall’Italia (ove ritiene di aver trovato protezione), insieme ai suoi uomini, una guerra per conquistare la supremazia su altri gruppi criminali che hanno infestato, a suo giudizio, lo stato turco”. Gli attentati, gli omicidi, le gambizzazioni sono “certamente funzionali a imporsi rispetto agli altri gruppi criminali ma anche a spezzare il legame esistente, sempre nell’ottica di Boyun, tra queste e lo Stato, orientando i comportamenti delle istituzioni e sostituendosi, evidentemente, a quei legami” si legge nel provvedimento che autorizza gli arresti.

Destabilizzazione che passa anche “dall’imporre il terrore nella popolazione, del resto già ampiamente terrorizzata alla sola idea di pronunciare il nome di Boyun, noto come criminale violento e senza scrupoli, autore di estorsioni, pestaggi, gambizzazioni, omicidi e gravissimi attentati, come alcune intercettazioni dimostrano. Del resto, proprio l’uso della violenza è il mezzo, oltre all’accumulo di ricchezze illecite, con il quale intende perseguire – conclude il gip Crepaldi – i propri obiettivi criminali e politici”.

Fonte: Adnkronos


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