“C’è ancora un’Italia pulita che non si arrende”
Il 20 maggio del 2011 ci lasciava Roberto Morrione, già fondatore di Rainews 24, il canale allnews della Rai e direttore e presidente di Libera Informazione al momento della sua scomparsa.
Da quel momento, prima sotto la direzione di Santo Della Volpe e con una redazione giovane e talentuosa e poi, con il passare del tempo, a ranghi sempre più ridotti, abbiamo cercato di conservare la sua lezione di giornalismo – e di passione civile – più importante, cioè quella di andare in profondità dei fatti, senza accontentarsi delle veline e delle fake news, una profondità indispensabile per arrivare a trovare la verità che viene occultata spesso dalle bugie del potere e dalla violenza delle parole.
Chissà cosa avrebbe detto il nostro direttore di questi giorni complicati, con il ritorno delle destre e dei sovranismi e la scomparsa delle mafie dall’agenda politica e la mortificazione della Rai che sembrano riportarci ad anni lontani e purtroppo già vissuti. E chissà cosa avrebbe scritto dell’eterno ritorno della corruzione che – se mai se ne fosse andata – è oggi ritornata con prepotenza e sfacciataggine.
A proposito di corruzione, per rendere omaggio a questo grande giornalista del servizio pubblico, abbiamo ripescato dall’archivio un suo editoriale scritto per il quotidiano ecologista Terra, con il quale Libera Informazione collaborò negli anni 2010 e 2011, con un apposito inserto che veniva pubblicato con cadenza quindicinale.
Erano i giorni della campagna lanciata da Libera contro la corruzione e la raccolta di firme si teneva città per città, regione per regione. “Corrotti” era lo slogan lanciato da Libera in quelle settimane di mobilitazione e nello scritto di Roberto Morrione ritroviamo il senso di una battaglia necessaria per la democrazia, allora ineludibile ma oggi, più che mai, di stringente attualità per la stessa sopravvivenza della nostra Repubblica.
Grazie caro Direttore!
Lorenzo Frigerio
Una firma di libertà
di Roberto Morrione, sabato 11 dicembre 2010
In 150 piazze sui tavoli di Libera e di Avviso Pubblico si raccolgono in questi giorni migliaia di firme contro la corruzione.
“Che i corrotti restituiscano ciò che hanno rubato”, dice l’appello al Presidente Napolitano. Un richiamo alla mancata osservanza dei trattati e delle direttive europee, ma anche agli impegni del Parlamento per una legge mai arrivata al percorso conclusivo e in particolare per una normativa che attui la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti.
È l’Italia che si ribella, per fermare una deriva morale che sta dilagando, che mina la fiducia dei cittadini verso le istituzioni, che ferisce la credibilità internazionale del nostro Paese, ma soprattutto che si fa per molti consuetudine di impunità nei propri affari al di fuori e contro il vivere civile, regole condivise, lo sviluppo nazionale.
“Se tutti fanno così, devo adeguarmi”, è il cinico pensiero che si fa strada ogni giorno di più fra tanti imprenditori che hanno a che fare con appalti pubblici o fra professionisti in cerca di un posto a qualsiasi costo, a ogni livello, dal Sud al Nord.
È qualcosa di guasto che ormai invade tutti i campi, dall’università allo sport, amalgamando corrotti e corruttori in un unico legame di illegalità. In questa marea montante non sono estranei i negativi esempi del premier e di vari personaggi della sua “corte” con le vie di fuga da qualsiasi resa dei conti giudiziaria, costruite con leggi “ad personam”, ma anche una trasversale e irrisolta questione morale che ha travolto negli anni tanti amministratori pubblici.
In questa disastrosa situazione, suonano sempre più vani gli allarmi della Corte dei Conti e tanto meno le classifiche di International Trasparency, che ci collocano in questo campo all’ultimo posto in Europa.
E c’è un filo diretto che collega la crescita della corruzione all’estendersi degli interessi mafiosi in tutt’Italia. Infatti questo è l’humus della zona grigia che è la vera spina dorsale delle mafie a fianco del voto di scambio, chiave d’ingresso nell’economia legale, attraverso imprenditori disattenti o strozzati dalla crisi, mediatori finanziari e banchieri spregiudicati, politici che tradiscono il mandato popolare.
Firmare l’appello di Libera ridà ai cittadini onesti l’iniziativa, affrontando in prima persona una questione che pesa sul futuro di tutti.
È dimostrare che c’è ancora un’Italia pulita che non si arrende.
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