Caro Franco, quante risate! E quanta amicizia!
Caro Franco,
nel ricchissimo bagaglio umano che ti accompagna nel tuo viaggio verso le stelle non dimenticarti di aggiungere il ricordo di una delle tante incredibili avventure professionali che vivemmo insieme a Fabio Chiucconi, all’epoca telecineoperatore del Tg2, e Carlo Ruggiero, indomabile cameraman del Tg3.
Valona, Albania, luglio 1997. Il paese delle aquile era da mesi preda di bande criminali che capeggiavano la rivolta popolare causata dal fallimento delle cosiddette società piramidali che con una collaudata ed antica truffa avevano messo la gente in ginocchio privandola del necessario per vivere.
Valona era l’epicentro della ribellione con almeno 3 gruppi armati che si scontravano per il controllo del territorio. Insieme decidemmo che dovevamo intervistare Zani Caushi, un marcantonio di due metri, evaso dalle prigioni greche, un curriculum criminale lungo quanto un lenzuolo trapuntato da contrabbando, sfruttamento della prostituzione, omicidi, traffico di droga e mi fermo qui per non sprecare spazio. Zani era il capo indiscusso di un esercito di 300-400 giovanissimi adolescenti o poco più che controllavano il porto e il quartiere di Kole, dove erano asserragliati.
Il problema era contattarlo per avere la sua disponibilità. Individuammo un piccolo delinquente (che per ironia della sorte avrebbe fatto successivamente carriera nella polizia) del suo giro e gli consegnammo un biglietto chiedendogli di incontrarlo. Questo biglietto lo conservo ancora: una volta l’ho mostrato anche in trasmissione durante una intervista che mi facesti per Uno Mattina. Su un foglio a quadretti di un bloc-notes, scritta in giganteschi caratteri maiuscoli, vergammo la nostra richiesta ispirata allo stile della famosa lettera del film “Totò, Peppino e la malafemmina”.
“Caro Zani, noi volere intervistare tu per televisione italiana Rai. Parlare di situazione politica. Se va bene, noi venire a Kole con due cameramen, più autista. Totale 5 persone. Auto….Targa auto…. Firmato Franco Di Mare ed Enzo Nucci”.
Zani masticava un po’ di italiano poiché sua sorella viveva a Padova e nelle sue fughe in Europa aveva toccato anche i nostri lidi: scegliemmo uno stile di scrittura asciuttissimo e basico per farci capire. Dopo qualche ora arrivò l’assenso. “Venite subito” ci fece sapere dal suo amico.
Saltammo in auto e ci dirigemmo a Kole, un quartiere fantasma (all’apparenza), almeno 45 gradi all’ombra nel pieno pomeriggio, containers messi di traverso per costringere le auto a rallentare durante lo slalom degli ostacoli, scheletri di edifici bruciati, camion cannibalizzati, immondizia ovunque. All’improvviso una quarantina di giovanissimi con i volti coperti ed armati di tutto punto, ci bloccarono tirandoci fuori dall’automobile con violenza. Tenendoci sotto il tiro di lanciagranate, Kalashnikov ed armi da guerra sottratte dai depositi dell’esercito, i ragazzi erano nervosissimi: sicuramente avevano fumato molta marijuana (che nei dintorni di Valona si coltiva), si capiva dagli occhi rossi ridotti a punte di spillo che facevano capolino dai passamontagna. Avevano le dita tremanti: temevamo che la mancanza di dimestichezza con le armi, l’alterazione causata dalla droga, il senso del dovere verso il capo e la paura, fossero motivi più che sufficienti per far scattare i grilletti. Già ci sentivamo polvere nella polvere.
Mentre ci perquisivano (con il nostro autista già mezzo ubriaco che cercava di socializzare con questi aspiranti killers), Franco si girò verso di me: eravamo affiancati, a gambe spalancate, braccia sul tetto dell’auto, protesi in avanti per facilitare la perquisizione. Con stile eduardiano, un filo di voce per non destare sospetti nei nostri sequestratori, mi disse: “Viciè, ma stavota avesseme fatta na’ strunzata?” (per chi non ha familiarità con la lingua traduco: Vincenzo, ma questa volta non abbiamo commesso un irreparabile errore?”). Un modo per esorcizzare la paura, così come la mia risposta: “N’avimmo fatte tante, chesta è n’ata” (ne abbiamo fatte tante, questa si aggiunge”).
L’intervista a Zani fu clamorosa, tutti contenti, ci mostrò con orgoglio la sua santabarbara ed il suo esercito schierato. Risultammo tanto simpatici che Zani ci voleva trattenere a cena: ecco quella sarebbe stata na’ grande s…….a”, meglio evitare e così tornammo trionfanti al montaggio per le edizioni serali dei nostri tg.
Ciao Franco, che risate quando ti penso.
Fonte: Articolo 21
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