L’obiettivo inconfessabile di una riforma senza coerenza
Il progetto di separazione delle carriere fra Pm e giudici che fu di Licio Gelli e Silvio Berlusconi sembra giunto all’ultimo miglio.
L’obiettivo non confessabile è mortificare o inceppare il libero esercizio della giurisdizione in favore di chi può e conta. Il pretesto è un presunto assetto non equilibrato del processo.
Ma scaricare sulla comunanza di carriera fra Pm e giudici i risentimenti originati da tale presunzione significa eludere i nodi reali. Sono i meccanismi di concreto funzionamento del processo che incidono sulla parità tra accusa e difesa.
Ruoli e figure professionali restano diversi, al di là dei collegamenti derivanti da una carriera comune e degli stessi rapporti individuali. Un controllore resta controllore e un giudice resta giudice, anche se prende un caffè col Pm.
Ragionando diversamente si dovrebbe imboccare, per coerenza, una strada senza uscita, nel senso di rescindere anche i rapporti fra giudici di primo grado e giudici d’appello e di cassazione. Perché non si vede come i sospetti derivanti dalla “colleganza” fra Pm e giudici non debbano estendersi anche ai giudici dei diversi gradi del processo. E per coerenza si dovrebbero prevedere non solo due ma tre o più concorsi, non solo due ma tre o più CSM, non solo due ma tre o più carriere separate.
Ecco gli improponibili risultati cui per coerenza si dovrebbe puntare nel rispetto della realtà.
E vien voglia di adattare all’ignaro Nordio una frase di Proust: “Signore, non posso assolutamente dirvi se ha piovuto. Sono così risolutamente al di fuori delle contingenze fisiche che i miei sensi non si prendono la briga di notificarmele”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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