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La mafia al Nord è il prodotto di anni di falso garantismo

Lucrezia Ricchiuti il . Diritti, Istituzioni, Lombardia, Mafie, Politica

La celebrata ministra dell’interno degli scorsi governi, Luciana Lamorgese non mi ha mai convinto.

Tra i vari errori che commise vi fu quello di non sciogliere il comune veneto di Eraclea, che viceversa il prefetto di Venezia nel 2020 le suggeriva di commissariare per infiltrazioni mafiose.

Oggi il sindaco di Verona, Damiano Tommasi si è messo a capo di un manipolo di coraggiosi sindaci per denunziare come le amministrazioni locali sono sole innanzi all’incedere inarrestabile della colonizzazione mafiosa nelle regioni del nord.

I tentacoli di mafia e camorra – ma ancor più delle locali di ‘ndrangheta che s’impiantano al Nord senza recidere il cordone ombelicale con le case madri in Calabria – approfittano della guardia bassa della politica. Nel migliore dei casi, i partiti negli enti locali e nelle regioni sono ignari (per insipienza o per inesperienza) di riciclaggio, appalti truccati, traffico illecito di rifiuti, piccole estorsioni, usura e traffico d’influenze, che sono i mezzi con cui le mafie – senza spargere sangue – mettono le radici sui territori e negli apparati amministrativi. Nelle ipotesi peggiori, invece, gli amministratori locali sono, non solo consapevoli di questi meccanismi, ma ne sono i diretti responsabili.

Tutto questo accade perché i partiti politici italiani hanno abbandonato da troppo tempo la questione morale (e non basta davvero che Elly Schlein abbia voluto l’immagine di Berlinguer sulla tessera del PD).

Il richiamo ricorrente di Giorgia Meloni alla figura di Borsellino è pura ipocrisia se la sua maggioranza porta avanti disegni parlamentari che oggettivamente aiutano le mafie, come gli ostacoli alle intercettazioni, l’abolizione di un “reato sentinella” come l’abuso d’ufficio e l’uso partigiano, contro avversari politici e giornalisti d’inchiesta, della Commissione antimafia.

Ma se la destra italiana non può dare lezioni a nessuno sulla legalità, certo è che, anche a sinistra, l’oblio del tema è foriero di disastri civici e politici, come il caso pugliese rivela senza più dubbi. La disinvoltura e la superficialità con il cui il PD del tacco dello Stivale ha gestito i rapporti di coalizione negli anni è sintomo di un relativismo morale spaventoso.

Per troppi anni i partiti che si definiscono di centro-sinistra hanno subito il ricatto intellettuale del c.d. garantismo, quello per cui un politico in quanto tale è palatabile fino a giudizio penale concluso. Ovviamente non è così, per due evidenti motivi. Il primo è che questa impostazione nasce con le difese di Berlusconi negli anni 90 e, quindi, è intrinsecamente sospetta e connotata da doppiopesismo (tanto ciò è vero che su Ilaria Salis gli avvocati di Forza Italia non hanno battuto ciglio e che, anzi, si sono seduti al tavolo con il governo per pianificare lo scioglimento del comune di Bari per mafia. In secondo luogo, avere le “mani pulite” è un prerequisito dell’agire politico. Un esponente amministrativo o di partito ha il dovere civico di allontanarsi dall’agone politico quando sorgono elementi concreti a suo carico. E’ un fatto di igiene pubblica ma è anche la premessa per fondare nei decisori politici una consapevolezza storica ed etica.

La vicenda di Foggia, che ha avuto un lieto fine (almeno per ora) sembra non avere insegnato nulla. Sul tavolo ci sono gigantesche questioni come il futuro delle confische di prevenzione e la gestione dei beni sottratti alle mafie; i sistemi di rilevazione delle operazioni di riciclaggio e la tracciabilità dei danari mafiosi che in un lampo arrivano – come giustamente si allarma Tommasi – dalla Colombia al Veneto, passando per Milano o per la Calabria; la permeabilità delle carceri alle comunicazioni dei boss; le intimidazioni agli amministratori locali onesti.

La sinistra può vantare nel suo Pantheon persone come Placido Rizzotto, Mommo Li Causi, Pio La Torre ed Enrico Berlinguer, che si stanno voltando nella tomba di fronte alla pochezza della riflessione e dell’azione della classe dirigente del centrosinistra.

Spero che l’allarme lanciato dai sindaci veneti sia raccolto ma i primi a doverlo ascoltare sono i partiti politici e i loro dirigenti in sede nazionale e locale.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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Lotta alle mafie: a Verona richiesta unanime da tutti i sindaci per portare sul territorio D.I.A e D.D.A

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