Il governo Meloni afferma una idea di legalità particolare, una ventata securitaria nei confronti dei fragili, una sorta di impunità nei confronti dei potenti, esattamente il contrario rispetto al pensiero di Pio La Torre.
Questa è una delle ragioni che ci hanno spinto a dare vita alla iniziativa di oggi. Ovviamente partiremo dal ricordo di Pio La Torre e da inaugurazione di un murales realizzato da un artista palermitano, Igor Scalisi Palminteri in ricordo del suo sacrificio proprio perché esiste una grandissima attualità del suo pensiero. Fu un grande e amato dirigente della Cgil proprio perché si occupava di quelle masse popolare di cui per altro faceva parte. E riteneva che proprio le masse popolari fossero una grande forza di progresso per la giustizia sociale e, soprattutto, per la democrazia e per la libertà. In quel pensiero c’è una grandissima attualità e mi riferisco, ad esempio, alle politiche del governo che esprimono una vera e propria cattiveria verso le fasce sociali più deboli e verso gli emarginati che si traducono in una giustizia penale che diventa sempre più cattiva verso quelle fasce sociali, e diventa di impunità verso le classi dirigenti e i potenti.
Questo è uno dei tratti distintivi del governo?
Insistiamo molto su questo punto perché esiste un pericolo enorme che si rinsaldi quel legame fra mafie, affari, imprenditoria e politica che tanti danni ha fatto al nostro Paese e ha caratterizzato una lunga fase inquinando la società siciliana e dell’intero Paese. Ed è proprio contro quel patto, contro quell’idea di società che sottraeva libertà e voleva tenere le masse popolari in una condizione di povertà e di emarginazione si batteva La Torre e noi vogliamo continuare a farlo.
Un’altra delle intuizioni di Pio La Torre, poi alla base anche dell’azione di Giovanni Falcone, era quella di seguire “l’odore dei piccioli”, cioè di seguire i flussi di denaro. Siamo in un periodo in cui arrivano ingentissime risorse dall’Europa per finanziare il Pnrr. Eppure tutte le procedure di controllo di legalità sono stati allentati.
Questo è uno dei punti cruciali del pensiero di La Torre. Probabilmente una delle ragioni per le quali fu ucciso era proprio la conoscenza di quella società che gli aveva permesso di immaginare gli strumenti fondamentali di contrasto alle mafie: i sequestri preventivi dei beni, il reato di associazione mafiosa e quello di concorso esterno, i fulcri fondamentali della Legge Rognoni La Torre che venne promulgata qualche mese dopo il suo assassinio. Fu quella legge a consentire di operare con successo contro Cosa Nostra. E sono quei principi, a nostro avviso, a essere sotto tiro, rischiamo un uno stravolgimento della legislazione che ha consentito allo Stato di contrastare efficacemente le mafie. E questo pericolo è tanto più forte oggi in ragione delle enormi quantità di denaro del Pnrr.
Non è un caso che quasi la metà delle indagini sui fondi europei aperte nel 2023 dalla Procura europea riguardi l’Italia?
Bisogna avere la consapevolezza che le mafie hanno già messo le mani su i quattrini del Pnrr. Ed è ancor più grave che, invece di rafforzare le misure in grado di prevenire infiltrazioni come chiede la Cgil, i provvedimenti del governo favoriscano quel patto. Con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ad esempio, si stabiliscono due questioni gravi, il subappalto a cascata e il fatto che più del 90% gli affidamenti vengono assegnati senza gara. Così si fa un’operazione molto semplice, si favorisce l’infiltrazione criminale. Se poi aggiungiamo l’eliminazione dell’abuso d’ufficio, la limitazione delle intercettazioni, l’attacco alla libertà di stampa e alla magistratura il gioco è fatto e chiaro. Per di più sono proprio queste norme che rendono ancora più fragili e precarie le condizioni di lavoratrice e lavoratori perché, come purtroppo dimostrano gli episodi di l’Esselunga a Firenze e della centrale idroelettrica di Suviana in provincia di Bologna, lungo la catena di appalti e subappalti si allentano i controlli di sicurezza e muoiono centinaia di lavoratrici e lavoratori che tutti i giorni raggiungono i propri posti di lavoro e non fanno più rientro a casa.
E poi c’è il lavoro nero e grigio che dilaga nei cantieri. Esiste un problema di legalità anche nel rispetto dei contratti delle norme del lavoro?
Questo è uno dei punti sostanziali dell’iniziativa sindacale. Per contrastare la mafia serve anche il buon lavoro. Con i meccanismi di precarietà che rendono il lavoratore non libero di denunciare e meno libero in generale sul proprio il posto di lavoro, si favoriscono le infiltrazioni della criminalità organizzata. Per noi il buon lavoro, una buona occupazione con i diritti e a tempo indeterminato, è anche strumento fondamentale di contrasto all’infiltrazione criminale. È per questa ragione il 25 aprile abbiamo lanciato la campagna referendaria, quattro quesiti per abrogare le leggi che hanno prodotto la precarizzazione del mercato del lavoro, che lo hanno reso sempre più insalubre e insicuro. È partita la raccolta di firme, è possibile sottoscrivere i quesiti sia recandosi negli uffici preposti del proprio comune, che ai banchetti organizzati dalla Confederazione (che è anche on line cliccando qui, ndr). Sottoscrivere i quesiti e poi andare alle urne quando si voterà è un modo per anche per riaffermare il valore del lavoro che è scolpito nell’articolo 1 della Costituzione e costruire ulteriori capisaldi di legalità.