In migliaia a Palermo per l’ultimo saluto a Vincenzo Agostino
Dolore per la perdita di un padre, un nonno, un amico e compagno di viaggio. Rabbia per una verità che tutt’oggi, con i processi che sono ancora in corso, è parziale. Tristezza da parte di tutti coloro che avrebbero voluto vedere il volto pulito, senza barba, di Vincenzo Agostino.
Speranza nel vedere la determinazione di quei giovani che all’uscita della Cattedrale di Palermo hanno steso gli striscioni confermando la volontà di proseguire la lotta della famiglia Agostino, per avere giustizia e “cercare i pupari” che hanno voluto la morte del figlio Nino, ucciso il 5 agosto del 1989 insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio.
C’erano migliaia di persone oggi a Palermo. Accanto a Flora e Nunzia, tra i parenti, spiccano i nipoti. “Oggi è una sconfitta doverti seppellire con la barba e i capelli lunghi ed è un’agonia sapere che non ho mai visto il tuo volto in seguito al giuramento che facesti 35 anni fa”, ha detto nel suo intervento il 22enne nipote Nino Morana.
“Oggi è una sconfitta per lo Stato italiano perché dovrà seppellire l’ultimo monumento vivente dell’antimafia senza nemmeno avergli permesso di ottenere la tanta agognata verità e giustizia che ti ha fatto soffrire fino alla fine dei tuoi giorni. Ti giuro Vicè la nostra lotta non si fermerà oggi continueremo a lottare per te continuerò a chiedere verità e giustizia che hai sempre urlato e che ti è stata negata fino all’ultimo. La mia è una promessa che continuerò a mantenere viva la tua battaglia e la tua memoria”.
Parole che pesano come macigni che arrivano dritte nel petto di chi ascolta. E l’applauso spontaneo di tutti i presenti racchiude il sentimento di tutti coloro che non ci stanno più e che ancora oggi vedono uccidere la giustizia da uno Stato-mafia che gioca al ribasso e preferisce l’oblio della memoria.
No, c’è chi non si arrende.
Accanto ai familiari è presente l’avvocato Fabio Repici, che da anni difende la famiglia Agostino e che assieme a loro cerca instancabilmente la verità.
Nelle prime file si scorgono il Prefetto di Palermo Massimo Mariani, il Questore Maurizio Calvino, l’ex Questore Renato Cortese, la Procuratrice generale Lia Sava, il sostituto pg Umberto De Giglio.
Poco più in là l’ex Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, che con grande sforzo è riuscito a far aprire un processo contro i killer. E poi ancora tanti altri magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine e familiari di vittime della mafia che in questi anni, assieme a Vincenzo, hanno chiesto a gran voce proprio verità e giustizia.
Il vescovo Lorefice: “La sua barba segno resistenza, ora tocca a noi”
Ad officiare la funzione religiosa l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, che nella sua omelia ha reso vero onore alla vita di un simbolo di questo tempo.
“Vincenzo Agostino è stato da trentacinque anni – insieme alla sua amatissima moglie Augusta Schiera -, da quel tormentoso 5 agosto 1989, una vedetta, una sentinella, un vegliardo. Nonostante il buio della notte, allorché nel suo spirito poteva scendere una schiacciante angoscia, è diventato una fonte di incrollabile speranza per noi tutti, per questa nostra terra martoriata e per l’intero Paese; e particolarmente per i suoi cari e per noi che oggi lo salutiamo con il cuore spezzato ma con immensa ammirazione e con uno speciale debito di riconoscenza”.
“La lunga barba bianca di Vincenzo Agostino – ha aggiunto l’Arcivescovo di Palermo – ha rappresentato per noi il segno della resistenza attiva e proficua alla mafia e alle tante forme del ‘male strutturato’ che ardiscono eliminare finanche – come lui stesso ebbe a dire – il “bene di un figlio, di una nuora, di un bambino […] mai conosciuto”; che sterminano Nino, un onesto e accorto servitore dello Stato, la sua giovane moglie Ida e il bambino che avevano concepito da pochi mesi; insanguina le strade della città, sparge afflizione nelle case e nelle famiglie, pianifica depistaggi, compra silenzi e connivenze anche tra esponenti del potere politico e delle istituzioni dello Stato.
Questa è la notte! La notte delle persone, la notte delle comunità, del raffreddamento dei cuori, dell’idolatria del potere e delle cose materiali. L’eclissi del patto di fedeltà. Degli alti valori umani. Del rigore etico privato e pubblico. Della formazione delle coscienze. Ma quella barba è stata anche narrazione del suo vegliare nella notte, dell’uomo che con gli occhi penetra l’oscurità e attende con certezza l’irrompere della luce della verità che l’orgoglio e la tracotanza di uomini corrotti e alla ricerca di potere credono di sopraffare.
Ha infuso speranza. Ha chiesto di non assopirci. Ci ha provocati a non cadere nell’indifferenza deresponsabilizzante e a non abituarci al male. Quella barba è quei capelli bianchi che esaltavano i suoi occhi pieni di luce nonostante le tenebre, sono stati per noi monito a rinnovarci, a rimanere desti, a porre domande”.
Ed infine ha concluso: “È finita la fatica di Vincenzo. Ora ci è chiesto di assumerla di portarla avanti noi. Il testimone passa a noi. Siamo qui per questo, per continuare a vegliare nella notte. È il modo migliore per dimostrare a tutti voi cari congiunti, e in particolare a voi carissime Flora e Nunzia e a voi nipoti, a te carissimo Nino, la nostra vicinanza e la nostra gratitudine a papà e a nonno Vincenzo.
In una città che ha assistito al sacrificio di tanti uomini e donne delle istituzioni, della società civile e della Chiesa palermitana, possa la sua credibile e costante testimonianza continuare ad essere uno sprone nella costruzione di una città degli uomini giusta e solidale, libera dalle ‘strutture di peccato’ mafiose e dalla corruzione e dalla falsità imperante”.
Si riparte da qui. Raccogliendo il testimone ed andare avanti nel viaggio verso la ricerca della verità che Vincenzo ha sempre portato avanti.
Foto © Paolo Bassani
Video by Giorgio Di Stefano
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