Giappone: poca criminalità comune, la mafia garantisce l’ordine
Il Giappone è certamente conosciuto come potenza economica di primo piano e anche come società organizzata, efficiente, tecnologizzata.
Nel settore del controllo sociale, di polizia e dell’amministrazione della giustizia si registrano alcuni record positivi: un tasso di criminalità comune basso (poco più di 600mila delitti denunciati nel 2022, ultimo dato disponibile, su una popolazione di circa 122milioni di abitanti); un rapporto di omicidi ogni centomila abitanti pari a 0,3, la percentuale più bassa rilevata nell’area Ocse la cui media è 3,6; una percentuale di risoluzione dei casi giudiziari di circa il 60%; una rete fittissima di stazioni di polizia, capaci di interventi sul luogo della chiamata in un tempo medio di pochi minuti; un sistema scolastico di buon livello con una istruzione media superiore cui accede oltre il 90% dei giovani; un reddito medio pro capite tra i più alti del mondo anche se, alla fine del 2023, il Pil si è ridotto per la seconda volta consecutiva ed il Giappone ha ceduto il posto di terza economia mondiale alla Germania.
Questo quadro rassicurante aveva ricevuto, nel 1995, alcune scosse devastanti in conseguenza del terribile terremoto di Kobe (oltre cinquemila morti) che aveva messo a nudo le conseguenze tragiche di una corruzione diffusa nel settore delle costruzioni, crollate come castelli di sabbia mentre avrebbero dovuto resistere alla violenza del sisma.
Emerse, così, lo scandalo delle costruzioni in cui rimase implicata la rete di organizzazioni criminali conosciute genericamente con il nome di Yakuza (la parola deriva dalla sequenza di tre numeri 8-9-3 che si pronunciano Ya-Ku-Za e che costituiscono il punteggio più basso, perdente, in un gioco di carte chiamato Hanafuda).
Una presenza radicata e ingombrante implicata, in qualche modo ancora misterioso, nella terribile vicenda dell’attentato (14 morti e più di 5mila feriti, con il gas nervino Sarin) alla metropolitana di Tokyo del marzo 1995 attribuito alla setta religiosa Aum Shinrikyo (Verità Suprema dell’Aum), trasformatasi pochi anni dopo nel gruppo denominato Aleph con molti seguaci russi.
La Yakuza ha uno stretto carattere etnico in quanto è riservata soltanto ai giapponesi. Del resto, fino a pochi anni fa, l’appartenenza a tali organizzazioni non era affatto clandestina; era anzi un segno di orgoglio personale appuntare il loro distintivo sulla giacca e le singole organizzazioni avevano uffici con l’emblema della banda sulla porta, come le normali associazioni di altro genere. Addirittura pubblicavano loro giornali per gli affiliati, con consigli legali e notizie sui membri in carcere o scarcerati. Si è arrivati, in un caso, ad una conferenza stampa che annunciava la fine di una guerra tra bande, con tanto di scuse per il disturbo arrecato ai cittadini.
Questo fatto fornisce la prova della acquiescenza, se non del rispetto, di cui godevano le bande Yakuza nella società giapponese almeno fino alla primavera del 1992 quando una legge anticrimine contribuì a fugare l’equivoco che le faceva somigliare ad associazioni di tipo solidaristico costringendo le organizzazioni criminali a ricorrere ad uffici di copertura. Tuttavia, ancora oggi, la mafia giapponese non è affatto una misteriosa piovra che trama negli abissi ed è un’associazione “rispettata” in un paese in cui non esiste ancora il reato di associazione per delinquere.
Da diversi anni ormai, accanto al modello verticistico-familiare, si è venuto affermando quello federativo, cioè dell’alleanza tra più gruppi o famiglie, più adatto alle esigenze di una società avanzata in cui devono operare entità di dimensioni più ampie con capacità d’intervento variegate e sofisticate.
Un esempio significativo di tale evoluzione è costituito dalla Inagawakai (Inagawa vuol dire associazione), una delle più potenti famiglie della Yakuza, di cui, anni fa, sono emerse le infiltrazioni nel campo della politica e dell’economia attraverso una indagine della polizia che scoprì affari con banche e società assicuratrici per complicati investimenti immobiliari e azionari.
Due modelli si rilevano ancora nel panorama della criminalità giapponese: da una parte lo Yamaguchigumi (“gumi” indica “famiglia”), dalla tradizionale struttura piramidale, con l’oyabun che detiene il potere al vertice; dall’altra, la federazione tra famiglie, il Sumiyshirengo, con un obayun che è solo un primus inter pares.
Notevole, infine, il traffico di metamfetamine (la base di produzione in Corea) con un consumo diventato un serio problema considerato che ne fanno uso quasi tutti gli strati sociali.
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