Renata Fonte, 40 anni dopo
31 marzo 1984-2024. L’hanno ammazzata sotto casa 40 anni fa. Un delitto vigliacco, alle spalle, al buio e nel silenzio.
C’è voluto tanto tempo, troppo, perché le riconoscessero il “gallone” di vittima di mafia. E poi era femmina, scassambrell, pasionaria, troppo movimentata, troppo pensante.
Non era lei sbagliata, come volevano far credere. Era il mondo, che molto spesso, allora come oggi, andava nel verso sbagliato per persone come lei.
Renata.
Roboante chiassosa imperitura presenza. Che condanna, più da morta che da viva, alla vergogna.
Renata Fonte, era dura, granitica, ferma. Ed era fiera. Una caratteristica che si paga cara, cara assai.
Ha difeso la sua terra e le sue idee, il suo pensiero e la sua autodeterminazione, Renata. Le è costata la vita.
Quanto è cambiato, e soprattutto è cambiato qualcosa, da allora ad oggi?
Di quanti a favore di camera ricordano il suo nome, quanti davvero l’avrebbero difesa allora?
È più facile piangere i morti che tutelare i vivi, le loro battaglie, sposandone i principi.
È più facile parlare, di antimafia, che mettere le mani nel fango e nella dinamite e provare a pulire, disinnescare gli ordigni che minano la tenuta stabile della società civile.
C’è chi la ammazza ogni giorno Renata.
Con la mistificazione, l’endovena venefica del dubbio su genesi e cause del delitto.
E poco importa se due bambine oggi madri, trovarono la mamma ammazzata davanti all’uscio di casa.
Facciamo memoria, ma di memoria pecchiamo. Molto spesso.
Renata Fonte, fuccisa sotto casa a colpi di pistola a Nardò, in provincia di Lecce, il 31 marzo del 1984. Assessore comunale, prima donna a ricoprire quella carica nel suo comune, si oppose con tutte le forze alla lottizzazione abusiva sulla costa delle marine di pertinenza, dove oggi sorge un parco di grandissimo pregio. E fu nell’ambito del suo impegno politico e dei suoi no fermi al malaffare che fu assassinata.
Dopo lunghe e complesse indagini, furono ritenuti colpevoli e condannati gli esecutori materiali, Giuseppe Durante e Marcello My, Pantaleo Sequestro e Mario Cesari, ritenuti mandanti di secondo livello e intermediari tra i sicari e chi ordinò il delitto, Antonio Spagnolo, rivale di partito della vittima, ritenuto mandante di primo livello, deceduto a marzo di due anni fa. Solo nel 2002 la commissione del dipartimento affari civili del ministero dell’Interno riconobbe Renata Fonte vittima di mafia. Su quel delitto ancora aleggiano misteri, primo fra tutti quello che porterebbe a un ulteriore mai scoperto livello primario, fuori dai confini regionali, da dove partì l’ordine di morte.
* Portavoce Articolo 21 Puglia
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