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Russia, un anno fa l’arresto di Evan Gershkovich

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Il titolo del suo giornale, il Wall Street Journal: «Un anno rubato. Un anno di storie rubate, di gioie rubate, di memorie rubate. Il suo crimine: il giornalismo».

Evan Gershkovich compie oggi un anno in carcere a Mosca, primo giornalista occidentale accusato in Russia di spionaggio dai tempi della guerra fredda, in una vicenda tutta  politica che lo ha trasformato in una possibile pedina di scambio.

«Evan Gershkovich, un anno rubato. Un anno di storie rubate, di gioie  rubate, di memorie rubate. Il suo crimine: il giornalismo», titola oggi il sito del suo giornale, il Wall Street Journal, che nell’edizione cartacea esibisce un grande spazio bianco in prima pagina a sottolineare che lì doveva esserci un suo articolo.

Gershkovich, 32 anni, è cresciuto in New Jersey, figlio di genitori  emigrati dall’Unione Sovietica. La sua storia personale e la perfetta conoscenza del russo lo hanno portato a lavorare in Russia per il Moscow Times fra il 2017 e il 2020. Poi è passato all’Afp e infine al  Wall Street Journal nel 2022. Mentre molti colleghi hanno lasciato la Russia con l’invasione dell’Ucraina, Gershkovich ci è rimasto, continuando a fare il suo lavoro fino al 29 marzo 2023, quando è stato arrestato a Yekaterinburg per accuse di spionaggio, mai provate o  sostanziate.

Gli Stati Uniti hanno respinto ogni accusa di spionaggio e sono impegnati per la sua liberazione. Ci sono state notizie di  un’ampia trattativa per la sua scarcerazione e quella del dissidente  russo Alexei Navalny, prima della morte di quest’ultimo il 16  febbraio. Ieri il Cremlino ha detto che colloqui sono in corso e anche il presidente russo Vladimir Putin ha espresso disponibilità per uno scambio.

Ma intanto Gershkovich rimane sempre nel carcere di Lefortovo a Mosca, sostenuto dall’affetto di famigliari e amici, che gli scrivono lettere e gli mandano cibo e vestiti. Un team di volontari traduce in russo le missive, perché possano passare la censura. “Sono così fiero di come  Evan stia resistendo, il carcere non lo ha spezzato”, racconta al  Moscow Times l’amico e collega Pjotr Sauer. Oggi amici, parenti e colleghi hanno organizzato vari eventi per mantenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica, fra cui una maratona di 24 ore di lettura dei suoi articoli. (Adnkronos, 29 marzo 2024)

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