“Salute per tutti” era un obiettivo sostenuto fin dalla sua nascita dall’Oms; oggi l’Oms è cambiata, riceve finanziamenti (e condizionamenti) anche da strutture private e la sua azione è stretta tra le politiche sui farmaci del Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, le pressioni di Fondazioni private, di Big Pharma e non ultime quelle degli Stati più potenti. Associazioni e movimenti, indipendentemente dalle politiche dell’Oms, continuano a perseguire tale l’obiettivo, traguardo oggi ancora molto lontano. In tutto il mondo verranno organizzate iniziative nelle giornate di sabato 6 e domenica 7 aprile.

Insieme alla Rete europea “La Salute non è in vendita” e alla “Rete contro la Commercializzazione della Salute” – alle quali aderiscono anche varie realtà italiane, tra le quali Medicina Democratica – e a Epsu, European Public Service Union, che raccoglie varie sigle sindacali e alla sezione europea del People’s Health Movement, abbiamo organizzato per il 7 aprile una manifestazione a Bruxelles e per l’8 mattina un incontro pubblico nel Parlamento Europeo. Vi sono due siti, uno nazionale ed uno europeo, nei quali è possibile trovare video, manifesti, documenti, dati e molte informazioni.

Obiettivi precisi in Europa

Sette sono i punti al centro della nostra iniziativa in Europa:

1. Un finanziamento pubblico adeguato per sostenere Servizi Sanitari efficienti;

2. Stop alle privatizzazione della sanità e all’esternalizzazione dei servizi;

3. Accessibilità alle cure: per tutti indipendentemente dalle disponibilità economiche;

4. Democrazia sanitaria attraverso il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali;

5. Inserimento delle clausole sociali, ambientali e sanitarie in tutte le decisioni dell’Ue che coinvolgono la salute;

6. Nuove politiche sui farmaci: priorità ai farmaci generici, modifica dei regolamenti TRIPs sui brevetti e costruzione di un’industria farmaceutica pubblica europea finanziata con una cifra pari a quella destinata ogni anno dall’Ue all’agenzia spaziale europea;

7. Aumento degli stipendi di coloro che lavorano in sanità per fronteggiare la carenza di personale; stop al reclutamento di operatori sanitari nel sud del mondo, pratica che priva ulteriormente quei Paesi delle competenze umane necessarie per costruire un proprio futuro.

Fermare la privatizzazione in Italia

In Italia l’assenza di una qualunque programmazione ha prodotto la mancanza, secondo le ricerche meno pessimistiche, di 30.000 medici e di un numero almeno doppio di infermieri.

Una ricerca realizzata dall’Anac, l’Autorità Nazionale AntiCorruzione, ha evidenziato, nel periodo 2019-2023, contratti e accordi quadro, sottoscritti tra cooperative o società di professionisti da un lato e ospedali o policlinici nella veste di soggetti appaltanti dall’altro, per un valore di 1,7 miliardi. Una cifra impressionante che avrebbe potuto essere utilizzata sia per aumentare gli stipendi al personale sanitario, sia per assumere a tempo indeterminato altro personale.
Contro queste scelte si organizzano per le giornate del 6 e 7 aprile iniziative in tutta Italia e in Lombardia.

In Lombardia, sarà l’occasione per rilanciare la petizione “La Lombardia SiCura”, che è possibile sottoscrivere sia su Change.org sia sui moduli cartacei (a Milano l’appuntamento sarà sabato 6 aprile alle 11 in largo Cairoli). Questa petizione e la mobilitazione che l’accompagna sono la prosecuzione dell’impegno per celebrare un referendum regionale con l’obiettivo di abrogare alcuni articoli della legge sanitaria, individuati tra quelli che puntavano ad estremizzare ulteriormente la privatizzazione della sanità. La maggioranza che governa la Lombardia, lo scorso settembre, ha dichiarato inammissibili quei quesiti. Il Comitato promotore del Referendum per la Sanità Pubblica, che raccoglie tantissime realtà sociali, sindacali e politiche, tra le quali Acli, Arci, Cgil e Medicina Democratica, non si è arreso e, in attesa che i giudici del tribunale civile di Milano si pronuncino sul ricorso, ha lanciato la raccolta firme.

Cinque i punti principali:

1. Istituzione di un Centro Unico di Prenotazione che disponga delle agende di tutte le strutture, pubbliche e private contrattualizzate e sospensione dei contratti con quelle aziende private convenzionate che si rifiuteranno di consegnare le loro disponibilità.

2. Abbattimento delle liste d’attesa attraverso un periodico controllo, da parte di Regione e Ats (Asl), e verifica che le agende non siano chiuse come già vietato dalla legge. Interruzione temporanea dell’intramoenia nelle strutture sanitarie che non rispettano i tempi di attesa relative alle classi di priorità indicate dai Medici di Medicina Generale.

3. Soppressione della pratica del medico a gettone e contemporanea stabilizzazione a tempo indeterminato di tutto il personale sanitario.

4. Potenziamento dell’assistenza domiciliare e copertura dei costi sanitari da parte della Regione, come previsto dalla normativa nazionale, per le persone ospitate nelle Rsa.

5. Potenziamento dei servizi territoriali, in particolare dei consultori pubblici, dei servizi di salute mentale, di medicina del lavoro e della prevenzione, e di quelli per la sicurezza alimentare e la tutela dell’ambiente.

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Il Fatto Quotidiano, il blog di Vittorio Agnoletto

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