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European Media Freedom Act: il diavolo nei particolari

Vincenzo Vita il . Costituzione, Diritti, Informazione, Internazionale, Istituzioni, Politica

Il testo del recente Regolamento europeo sulla libertà dei media è un buon passo avanti. Sia per il contenuto dell’articolato, che tocca diversi problemi inerenti all’autonomia e all’indipendenza dell’informazione; sia per l’argine posto con un bel contropiede all’avanzata dei sovranismi autoritari. Com’è noto, infatti, uno dei nemici delle cosiddette democrature è proprio il giornalismo democratico e il tema tocca l’intero universo della comunicazione attraverso le sue svariate piattaforme diffusive.

L’European Media Freedom Act assurge, dunque, a riferimento del sistema, anche perché la forma regolamentare è più agile nelle fasi applicative delle stesse Direttive, da recepire con leggi nazionali.

Non tutto è oro ciò che luccica, ovviamente. Lascia perplessi, ad esempio, una certa ampiezza dello spettro di eccezioni al divieto di sorveglianza (pure con spyware) di croniste e cronisti secondo la scrittura dell’articolo 4.

C’è, però, un articolo assai importante che rischia di essere vanificato o comunque assai indebolito dall’articolo 29, dedicato alle date dell’entrata in vigore e dell’applicazione.

Stiamo parlando dell’articolo 5 volto alle «Garanzie per il funzionamento indipendente dei fornitori di media di servizio pubblico». Si riassumono i tratti essenziali richiesti alle aziende come la Rai italiana: indipendenza editoriale e funzionale; le procedure di nomina (e di licenziamento) devono garantire a loro volta la citata indipendenza, prevedendosi che il direttore e il consiglio di amministrazione siano nominati in base a procedure trasparenti e non discriminatorie con una durata del mandato adeguata; le fonti di finanziamento vanno ancorate a criteri trasparenti e oggettivi stabiliti in anticipo.

Siamo al cospetto di una sterzata clamorosa rispetto ad un andazzo corrivo verso i governi e i loro input. In particolare, la legge 220 del 28 dicembre 2015 voluta dall’allora presidente del consiglio Matteo Renzi è implicitamente abrogata. Anzi. Si può disapplicare, essendo in plateale contrasto con il dettato di Bruxelles.

Tutto bene, allora? In verità, il diavolo ha messo il naso nella vicenda.

L’articolo 29, che chiude il testo e chissà in quante mani è passato negli ultimi momenti dell’iter parlamentare, sancisce che l’entrata in vigore del Regolamento avvenga in diversi stadi: venti giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione, vale a dire tra almeno un mese e mezzo visto che dopo il bollino del Consiglio d’Europa è necessario attendere la traduzione nelle differenti lingue; dopo 15 mesi dalla medesima entrata in vigore per numerosi articoli, tra cui proprio l’articolo 5.

Ecco, allora, l’inganno. È noto che sulle tempistiche intervengono molte manine interessate a tutelare certi poteri. E, chissà nelle stanze decisionali che è davvero accaduto.

Comunque, il fatto politico rimane intatto: la normativa in essere è ormai contraria alla nuova legislazione. Le istituzioni ne tengano conto, evitando di comportarsi come una piccola società che sfrutta le opportunità dei rinvii per avvantaggiarsi in commerci che a breve saranno vietati.

Si recuperi l’autorevolezza dello Stato e delle aule parlamentari, mettendosi immediatamente al lavoro per istruire un progetto di riforma che segua le indicazioni della Ue.

Esistono, peraltro, varie proposte già depositate e si prevedono incontri promossi da Articolo21, ReteNoBavaglio e Moveon con le forze politiche interessate.

Insomma, che il periodo di transizione venga utilizzato con sapienza, evitando di nominare con i vecchi riti i vertici in scadenza. Meglio, allora, una proroga «di scopo» limitata al periodo di entrata in vigore dell’European Media Freedom Act.

Il Partito democratico, il Mov5Stelle e l’Allenza Verdi Sinistra si sono espressi.

La destra che fa? Ci pensi, a sua volta, evitando la logica dell’acchiappatutto finché è possibile.. E, magari, rilegga il vecchio Testo Unico firmato dall’ex ministro Gasparri e depenni i punti che il recente Atto mette in soffitta.A dispetto del diavolo, il destino talvolta viene in soccorso. Seize the time.

Fonte: il manifesto/Articolo 21

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