ENI minaccia una nuova causa per diffamazione nei confronti di Greenpeace Italia
«Le continue intimidazioni dell’azienda contro chi gli chiede conto del proprio impatto sul clima sono scioccanti»
Alla vigilia del Capital Market Day di ENI, evento internazionale durante il quale l’azienda presenterà i risultati economico-finanziari relativi al 2023 e le proprie strategie future, Greenpeace Italia denuncia l’ennesimo atto di intimidazione da parte del colosso italiano dell’oil&gas che, pochi giorni fa, ha comunicato all’organizzazione ambientalista di aver richiesto un nuovo iter di mediazione che potrebbe precedere una seconda causa per diffamazione.
ENI ritiene lesivi per la sua reputazione i contenuti del rapporto “Emissioni di oggi, morti di domani. Come le principali compagnie petrolifere e del gas europee mettono a rischio le nostre vite” e la raccolta di pareri di esperti in legge “Omicidio climatico: le aziende fossili scamperanno all’accusa?”, entrambi pubblicati da Greenpeace Paesi Bassi, le cui sintesi sono state a loro volta pubblicate sul sito Greenpeace Italia e diffuse sui canali social dell’organizzazione ambientalista.
Utilizzando la metodologia Mortality Cost of Carbon, sviluppata dal ricercatore statunitense R. Daniel Bressler e pubblicata sulla rivista scientifica peer-reviewed Nature Communications nel 2021, lo studio “Emissioni di oggi, morti di domani” stima che le emissioni di gas serra autodichiarate nel 2022 delle nove principali compagnie petrolifere e del gas europee Shell, TotalEnergies, BP, Equinor, ENI, Repsol, OMV, Orlen e Wintershall Dea potrebbero causare collettivamente un totale stimato di 360 mila morti premature correlate alle variazioni di temperatura, ovvero causate da calore estremo o freddo intenso, entro la fine del secolo. Secondo il rapporto di Greenpeace Paesi Bassi, le emissioni di gas serra di ENI nel 2022 potrebbero causare un totale stimato di 27 mila morti premature entro il 2100.
Prima della pubblicazione del report, Greenpeace Paesi Bassi aveva dato la possibilità di diritto di replica a ENI sul lavoro realizzato dall’organizzazione ambientalista. L’azienda ha valutato di non rispondere, limitandosi a minacciare Greenpeace di nuove iniziative legali. Nonostante il rapporto riguardasse diverse compagnie dell’oil&gas europee, al momento solo ENI ha ritenuto di avviare nei confronti di Greenpeace Italia l’iter di mediazione che potrebbe portare a una causa per diffamazione.
«Siamo all’ennesimo atto intimidatorio da parte di ENI nei nostri confronti; sembra che minacciare cause per diffamazione sia la nuova disciplina sportiva in cui l’azienda ha deciso di eccellere. Ma non ci facciamo intimidire», dichiara Chiara Campione di Greenpeace Italia. «Questa nuova possibile denuncia per diffamazione, infatti, fa seguito a un analogo procedimento avviato da ENI verso Greenpeace Italia solo pochi mesi fa. Non solo: di recente, ENI ha addirittura attuato una grave forma di intimidazione nei confronti di una trasmissione RAI che avrebbe voluto parlare della causa climatica che Greenpeace Italia e ReCommon hanno promosso nei suoi confronti a maggio 2023. Insomma, il segnale è chiaro: ENI non vuole ostacoli sul suo cammino e cerca di zittire con il suo enorme potere chiunque osi denunciare le responsabilità dell’azienda per la crisi climatica».
Lo scorso 9 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini, Greenpeace Italia e ReCommon hanno notificato a ENI un atto di citazione davanti al Tribunale di Roma per l’apertura di una causa civile per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI ha contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili. Il lancio della prima climate litigation italiana contro una società privata – la cui prima udienza si è tenuta lo scorso 16 febbraio – sebbene ignorata dai principali media italiani che dipendono finanziariamente dalle inserzioni pubblicitarie di ENI, ha avuto una vasta eco sui media internazionali, spingendo ENI a reagire nei confronti delle due associazioni ambientaliste con un evidente intento intimidatorio.
Oltre a ENI, a livello globale anche altre compagnie petrolifere e del gas stanno cercando, attraverso intimidazioni legali – e in alcuni casi ingenti richieste finanziarie – di fermare il lavoro di denuncia di Greenpeace e altre organizzazioni ambientaliste sull’impronta che queste compagnie hanno sul clima del pianeta. È il caso ad esempio di TotalEnergies contro Greenpeace France o di Shell contro Greenpeace Uk e Greenpeace International.
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