Con gli occhi di Letizia Battaglia
Nel giorno del compleanno della fotografa palermitana che ci ha lasciato due anni fa.
Oggi è il tuo compleanno, Letizia. E se qualcuno ti avesse fatto notare che tra 12 mesi saresti arrivata a spegnere 90 candeline avresti alzato il dito medio e lo avresti mandato a quel paese.
Ma il 13 aprile di due anni fa te ne sei andata nel bel mezzo di una tempesta. Che continua ancora a imperversare su questo disgraziato paese.
Spesso mi sono chiesto come avresti vissuto questo periodo in cui è successo di tutto. Cosa avresti detto guardando le immagini strazianti del genocidio che si sta consumando a Gaza. Un genocidio ad opera di un governo assassino – con la complicità dei leader mondiali che tacciono o mentono – il cui premier, Benjamin Netanyahu, intende eliminare una volta per tutte il popolo palestinese.
Probabilmente il tuo dolore lacerante per tutte le vittime, e la tua rabbia rauca nei confronti di chi si fa strumento e garante di questo sterminio, sarebbero aumentatati ascoltando le dichiarazioni della Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. Che, strumentalizzando la carneficina in atto da due anni in Ucraina, ci vuole trascinare assieme ai suoi sodali in una terza guerra mondiale.
Del resto la von der Leyen non sembra sia stata mai così “turbata” dai morti di Gaza (così come si era definita) al punto di chiedere un immediato cessate il fuoco; e ha auspicato invece la fabbricazione di armi sempre più distruttive, su palese diktat della politica americana. Che, dietro il paravento del “sostegno” all’Ucraina, ha contribuito ad alimentare un conflitto, iniziato con l’invasione russa, per mere logiche di potere, attraverso una sorta di joint venture tra grandi banche e lobby delle armi.
Dal canto suo l’Italia continua a ricoprire il ruolo di serva-complice degli Stati Uniti, con la premier Meloni che si appresta a predisporre milioni di euro per un eventuale ulteriore invio di armi a Zelensky, mentre nel Belpaese il tasso di povertà aumenta sempre più. Nel frattempo studia bene le metodologie da porre in essere per schiacciare il dissenso attorno a lei. Una metodologia che si manifesta platealmente anche attraverso le manganellate da parte delle forze di polizia a giovanissimi manifestanti per la pace.
Cosa avresti detto, Letizia, di fronte alle immagini delle manganellate ai ragazzi di Pisa colpiti con una furia cieca per aver manifestato contro il genocidio di Gaza? Una di loro, Costanza Modica, qualche giorno addietro è intervenuta al Consiglio comunale di Pisa con quel coraggio e quella dignità che avresti tanto apprezzato.
“Non sono cose da vedere – ha detto visibilmente commosso Roberto Vecchioni parlando delle manganellate a Pisa -, sono cose che non possono succedere. Noi non siamo così”. Nel 2011 Vecchioni ha vinto il festival di Sanremo con la canzone “Chiamami ancora amore”, e in quella strofa cantata con una forza sublime c’era tutta la sua disperata consapevolezza. La ricordi, Letizia? “E per tutti i ragazzi e le ragazze, che difendono un libro, un libro vero così belli a gridare nelle piazze, perché stanno uccidendoci il pensiero…”. Aveva ragione da vendere, Vecchioni.
In questo paese al contrario stanno uccidendo il libero pensiero ogni giorno di più. E questo perché in Italia, mentre quasi la metà degli elettori si è astenuta per lo schifo, ci sono stati milioni di persone che hanno votato i partiti responsabili di questo obbrobrio, mentre i partiti “alternativi” non facevano altro che dividersi tra di loro.
Sai, Letizia, saresti stata immensamente felice di vedere qualche giorno fa le piazze di tutta Italia piene di giovani (e non solo), tutti uniti per continuare a manifestare contro il genocidio a Gaza, in risposta alle manganellate delle settimane scorse. Piazze che si sono riempite in tanti paesi nel mondo, tra questi l’Uruguay, dove 10.000 persone si sono radunate al grido di “Palestina libera!”.
Così come nella tua Palermo, dove migliaia di persone sono scese in piazza per solidarizzare con gli studenti di Pisa.
Sono tutti figli tuoi, quei giovani: figli e figlie del tuo amore incondizionato per il genere umano, e della tua sete di giustizia.
Quella sete di giustizia e verità che ti avrebbe portato a gridare ancora per la liberazione di Julian Assange, il cui destino è ora appeso a un filo, mentre i mandanti dei crimini di guerra da lui denunciati continuano a dettare legge a livello mondiale.
Quasi quarantanni fa avevi messo anima e corpo nel tuo impegno politico nella primavera di Palermo. Molti anni dopo eri giunta ad un’amara conclusione. “Trovo che la politica nelle istituzioni sia molto crudele – spiegavi con grande lucidità – bieca, egoista. Politica per me è cambiare il mondo. Ma all’interno delle istituzioni è difficile cambiare il mondo se non cambia la cultura”.
E come fare allora per spiegare ai ragazzi e alle ragazze di non arrendersi, che non tutto è perduto? Ripenso alle tue parole sulla bellezza, quella che avevi cercato per tutta la tua vita. “Sogno che le battaglie intraprese non siano del tutto perdute – dicevi con forza – che qualcosa verrà… che nasceranno fiori da questi semi che abbiamo buttato nella terra. Sogno di poter vedere un po’ di questa bellezza. È importantissimo che i ragazzi recepiscano l’importanza di vedere fiorire la bellezza, io vorrei parlare sempre con i ragazzi per dire loro che si può, si può, si può… la vita è meravigliosa, questo mondo è un posto bello dove stare se non ci fossero le guerre, l’ingiustizia, se non ci fosse il sopruso, tutto sarebbe bellissimo. Sarebbe anche facile amministrare con giustizia una terra, senza confini, senza diversità di colori di pelle, senza divisioni tra belli e brutti, nani, storpi… siamo tutte creature di questa terra…”.
E proprio perché siamo tutte creature di questa terra avresti gridato forte per quei poveri cristi dei migranti, trattati come merce di scambio non solo dagli scafisti, ma anche da un governo come il nostro. Che ha portato avanti una politica criminale, perché come dice Don Ciotti: “Mentre le Ong sono accusate di agevolare il traffico di migranti, si scende a patti con Paesi dittatoriali che in quel traffico sono direttamente coinvolti, traendone profitto su due fronti: quello legale degli accordi con l’Occidente, quello illegale degli affari con le mafie”.
Oggi la tua consapevolezza del ruolo decisivo delle donne – in quella rivoluzione culturale che tanto auspicavi – la ritrovo in una tua affermazione carica di speranza e determinazione. “Da solo l’uomo non ce la fa più, non possiamo più delegare gli uomini ad amministrare la Terra. La Terra brucia, noi donne abbiamo il dovere, non il diritto, di andare ad amministrare metà del mondo. Dobbiamo sporcarci le mani e lavorare sodo, ognuna nel suo campo”.
Alle tante donne straordinarie che cercano ogni giorno di cambiare il mondo, si sovrappongono quelle che amministrano il potere nel peggiore dei modi. Gli esempi della Meloni o della von der Leyen sono quanto meno emblematici.
L’oscenità della “riforma” della giustizia – con tanto di definitivo bavaglio all’informazione – che si sta realizzando per mano del ministro Nordio, va ben oltre la P2 di Gelli e quei legami mafiosi di Giulio Andreotti di cui sei stata testimone. La voce di un uomo integerrimo come Roberto Scarpinato, che tu hai conosciuto fin dai tempi del processo Andreotti, risuona oggi al Senato in mezzo a tanti sepolcri imbiancati. Che si adoperano con cura per stuprare sistematicamente la nostra Costituzione.
Probabilmente saresti rimasta basita nel vedere le reazioni scomposte del mondo politico e di parte del mainstream – ma anche il silenzio complice di esponenti istituzionali e dei grandi media – nei confronti delle dichiarazioni di Nino Di Matteo a seguito della ignobile sentenza di Cassazione sulla trattativa. Quel magistrato impavido che hai sempre difeso a spada tratta ha avuto la “colpa” di evidenziare in un libro, assieme al tuo amico giornalista Saverio Lodato, le gravissime azioni e omissioni di uomini di Stato. Che – al di là delle loro assoluzioni in quel processo (in secondo e terzo grado) – confermano le loro responsabilità, oggettivamente deplorevoli, per aver trattato con Cosa Nostra.
“Se non si porta alla luce questa verità – dicevi con convinzione parlando di quella trattativa tra Stato e mafia – non possiamo ricominciare a credere o a sperare, perché è alla base di tutto il nostro dolore che pesa da anni sulle nostre spalle. È irrinunciabile la giustizia: bisogna conoscere la verità, magari poi i colpevoli moriranno, ma per lo meno pacifichiamo questa città”, dove tra l’altro da poco si è ripreso a sparare. E dove lo scorso 23 maggio numerosi attivisti antimafia sono stati manganellati sotto l’albero Falcone dalle forze di polizia che hanno bloccato il corteo promosso da un cartello di associazioni.
“Per poter sperare – spiegavi ancora – bisogna assolutamente sciogliere questi nodi, altrimenti con questo fardello pesante non sarà facile andare avanti”. Già, la difficoltà ad andare avanti controcorrente in un momento storico come questo la respiriamo ogni giorno. E i primi a pagarne le conseguenze sono sempre i giovani che tanto amavi – spesso così disincantati al punto di perdere la voglia di vivere – a cui questo sistema di potere sta ipotecando il futuro.
Ma è proprio quando ci prende lo sconforto che tornano in mente le tue parole mentre fumavi l’ennesima sigaretta.
E se oggi questa tua visione può sembrare forse un’utopia, lotteremo ancora più forte per cacciare via quella disillusione che cerca di insidiarsi nelle nostre vite. Solamente così potremo onorare quel sogno di pace, giustizia e di amore che hai lasciato a tutti coloro che ti hanno amata e a cui manchi tanto.
*****
Letizia Battaglia: “Con il Sessantotto ho ritrovato me stessa”
Trackback dal tuo sito.