Giornalisti, difensori dei diritti umani, artisti: in Russia il dissenso è represso in ogni modo
Ci sono tanti Navalny nelle colonie penali russe. Persone con storie diverse, ma che sono finite in carcere per aver criticato il governo o per aver espresso la loro contrarietà a una guerra che dura ormai da due anni.
Sono intellettuali, come Vladimir Kara-Murza, attivista e giornalista russo, condannato a 25 anni di carcere solo per aver contestato l’invasione dell’Ucraina. Artisti, come Aleksandra “Sasha” Skochilenko , condannata a sette anni di carcere per un’azione di protesta pacifica. Persone comuni, come la giovanissima Masha Moskalyova e suo padre Aleksei. Lui è stato accusato di discredito delle forze armate e condannato a due anni di carcere dopo che la figlia aveva fatto a scuola un disegno contro la guerra.
Chi non finisce in carcere può essere iscritto nel registro “degli agenti stranieri” o in quello “dei terroristi e degli estremisti” , essere multato o soggetto al blocco dei conti bancari. Queste sanzioni amministrative spesso aprono la strada a procedimenti penali, come nel caso del difensore dei diritti umani Oleg Orlov, vicepresidente dell’Ong Memorial.
Stiamo documentando una preoccupante escalation dell’utilizzo delle leggi anti-terrorismo per reprimere il dissenso. Dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, in Russia la libertà di espressione rischia di sparire se non continuiamo a parlarne.
Stop alla repressione del dissenso
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