Trovare l’alba dentro l’imbrunire
Una bellissima giornata di sole ha accompagnato sabato 20 gennaio a Terranuova Bracciolini (AR) la cerimonia dell’inaugurazione dei lavori di ristrutturazione dei due beni confiscati a Giuseppe Priolo, un uomo legato alla famiglia dei Piromalli boss della ‘Ndrangheta.
I due beni, una villetta a schiera e un capannone artigianale, sono stati destinati la prima alle emergenze abitative, il secondo a deposito dei mezzi e archivio dell’amministrazione comunale.
La villetta è stata intitolata alla famiglia Nencioni (papà Fabrizio, mamma Angela, le figlie Nadia e Caterina) uccise dallo scoppio di una bomba in via dei Georgofili la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, il capannone a Giuseppe Valarioti, un consigliere comunale del PCI calabrese prima vittima politica della ‘ndrangheta ucciso a Nicotera l’11 giugno 1980.
Una bellissima giornata dove tante persone hanno voluto essere presenti. Tra di loro, oltre alle autorità locali, anche tanti giovani e studenti, nel segno di una comunità che rifiuta ogni fenomeno di infiltrazione mafiosa nel nostro territorio.
Molto belle sono state le parole del Sindaco di Terranuova Bracciolini Sergio Chienni che davanti all’ingresso della villetta nella frazione delle Ville, ha ricordato la sua esperienza di ragazzo che ha partecipato a un campo di Libera: “Era il 2007 e io giovane scout ho avuto la fortuna di vivere l’esperienza di un campo a Polistena alla Valle del Marro, dove ho imparato a conoscere cosa vuol dire combatterre le mafie. Oggi dopo un percorso duro, difficile, durato anni dal momento in cui questi immobili ci sono stati assegnati, siamo qui come comunità ad intitolare e restituire all’utilizzo pubblico beni prima gestiti attraverso l’illegalità. Un segno di speranza e di affermazione dei valori delle nostre istituzioni.“
Un momento importante per fare memoria, ricordando le vittime innocenti delle mafie alle quali sono stati intitolati i due beni confiscati.
Come dice molto bene Nando dalla Chiesa nel suo bellissimo libro “La legalità è sentimento” la memoria non racconta, ma spiega: “la memoria ha una forza straordinaria. Congiunge il sentimento e la ragione, gli stadi della vita, le generazioni. Inchioda alle responsabilità”.
Parole forti che ci danno il senso di come fare memoria abbia la forza di entrare nella nostra vita e cambiarla, perchè ci spinge, attraverso la conoscenza che penetra nella nostra coscienza, a decidere da che parte stare.
In queste parole sta il senso del nostro aver ricordato davanti alla villetta a loro intestata Fabrizio Nencioni, sua moglie Angela Fiume, le figlie Nadia e Caterina e nel capannone a lui intestato Giuseppe Valarioti. In entrambi i casi alla presenza dei loro familiari, venuti appositamente dalla più vicina Firenze e dalla lontana Calabria.
Era una famiglia molto unita quella di Fabrizio Nencioni: lui ispettore di polizia municipale, lei custode dell’Accademia dei Georgofili. Abitavano sopra la sede dell’Accademia nella Torre di Pulci. Qui era nata la loro prima bambina, Nadia, il 4 novembre del 1984 e il 6 aprile del ’93 la sorellina Caterina.
Una famiglia bellissima, che viveva in una casa magica nel cuore del centro storico fiorentino, a due passi dalla Galleria degli Uffizi e dall’Arno, in uno dei luoghi più ricchi di storia e di bellezza del Paese.
Nadia pochi giorni prima di morire aveva scritto questa poesia, dal titolo tramonto:
Il pomeriggio se ne va,
il tramonto si avvicina,
un momento stupendo,
il sole sta andando via (a letto).
È già sera tutto è finito
E proprio la poesia, insieme al suo disegno, sono riportati nella targa che è stata scoperta all’esterno della villetta.
Il 12 novembre del 1996 si è aperto il processo e il 6 maggio del 2002, a quasi dieci anni da quella notte, la pronuncia della Cassazione ha confermato 15 ergastoli e le altre pene. L’inchiesta, a distanza di 30 anni, coordinata dalla Dda di Firenze a cui è spettata la competenza anche per gli altri attentati, è sempre aperta: si cercano ancora eventuali possibili mandanti cosiddetti esterni o occulti .
Giuseppe Valarioti, chiamato da tutti Peppe, era un ragazzo intelligente, generoso e sensibile, che sin dall’adolescenza si distingue per il suo impegno per promuovere la legalità e la tutela dei diritti, soprattutto quelli delle fasce più deboli e dei lavoratori.
Decide così di voler fare il professore e, per realizzare il suo sogno, si iscrive prima al Liceo Classico “N. Pinzi” di Palmi, e poi alla facoltà di Lettere Classiche dell’Università degli Studi di Messina, dove studierà con impegno e dedizione.
A metà degli anni ’70 si iscrive al Partito Comunista Italiano e diventa segretario della sezione di Rosarno. Fu assassinato in un agguato mafioso di matrice tuttora oscura l’11 giugno 1980, al termine di una cena tenuta insieme ai compagni di partito.
Se si entra in questo percorso che è principalmente di conoscenza, si scopre che “fare memoria, non è aria ma ferro” come ci ricorda ancora Nando dalla Chiesa nel suo libro. Un ferro che ci rafforza nei valori della difesa della nostra Carta Costituzionale e nel respingere la mentalità mafiosa, che sono la strada per difendere la nostra libertà.
Così appaiono chiare le parole di Primo Levi nel suo libro “I sommersi e i salvati” quando afferma che “un popolo senza memoria è destinato a perdere la sua libertà, è come un vecchio che cammina senza sapere dove sta andando”.
Fare memoria, dare una spiegazione storica ai fatti che hanno segnato la storia recente del nostro paese, è dunque la strada per arrivare a un impegno civile e sociale.
È fare politica nella sua accezione più vera e limpida, riconoscendosi nei valori dell’antifascismo, della nostra Costituzione, della giustizia intesa come lotta alle disuguaglianze sociali, della ricerca della pace, della difesa delle verità storiche, della difesa della dignità di ogni persona (sia essa italiana che straniera).
In fondo sono quei i valori che, grazie alla nostra Costituzione ci legano insieme, e fanno di noi un popolo.
Ma fare memoria è anche – come ha detto sabato scorso Daniela Marcone Vice Presidente di Libera e Referente Nazionale dei familiari delle vittime innocenti delle mafie – “un percorso di rispetto dei familiari, un percorso di riparazione di una ferita lancinante, un percorso di riscatto e di giustizia contro il male che è stato provocato“.
Ed infine, come ha ricordato Tatiana Giannone Referente Nazionale di Libera per i beni confiscati, “l’attenzione che lo stato e le istituzioni devono avere verso il recupero, la gestione e la restituzione dei beni confiscati alle proprie comunità, che sono una risposta sociale importante alle ingiustizie e al sopruso provocato dalle mafie, togliendone loro la disponibilità, trasformandole in un bene comune a favore della collettività “.
A Terranuova Bracciolini sabato scorso si è vissuto tutto questo.
Torna alla mente ancora la poesia scritta da Nadia pochi giorni prima dello scoppio della bomba che le ha sottratto la vita.
Il tramonto è quel momento che precede l’imbrunire, e riporta alla mia mente la strofa di una bellissima canzone di Franco Battiato “Prospettiva Nevski” che dice: “E il mio maestro mi insegnò come è difficile trovare I’alba dentro all’imbrunire“.
Io penso che sabato a Terranuova, con la restituzione di beni alla comunità, sottratti a chi nell’illegalità ne aveva usufruito, si è vissuta un’alba dentro l’imbrunire e il buio di chi ha deciso di seguire la strada dell’ingiustizia.
Il sacrificio di Nadia e della sua sorellina, del papà e della mamma, il sacrificio del giovane “Peppe” che nella sua Rosarno cercava di vivere la politica come servizio, hanno un senso se entrano dentro di noi e ci spingono a scegliere da che parte stare.
Così si trova l’alba dentro l’imbrunire.
Ogni volta che un bene confiscato alle mafie torna nella disponibilità di una comunità è possibile trovare l’alba dentro l’imbrunire perché la giustizia vince contro l’ingiustizia, la solidarietà e la condivisione contro l’indifferenza e la sopraffazione.
Si trova l’alba dentro l’imbrunire ogni qualvolta il noi vince sull’io.
Sabato è stata proprio una bella giornata, una giornata di luce e di speranza…
Sabato 20/1, inaugurazione di due beni confiscati alla mafia a Terranuova Bracciolini (AR)
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