Il ruolo del Libano nel traffico degli stupefacenti
Il Libano è uno dei principali produttori e trasformatori di oppio e cannabis.
Nella valle della Bekaa, la coltivazione dell’hashish è un’antica tradizione. La guerra civile che si è combattuta tra il 1975 e il 1999 e la seconda guerra israelo-libanese del 2006, con il venir meno delle potenzialità repressive dello Stato, hanno comportato una estensione delle piantagioni di cannabis – sino ad arrivare, nel 2017, al picco di 40mila ettari (stime UNODC, l’agenzia antidoga delle Nazioni Unite), con produzioni di resina costanti negli ultimi anni – e all’inizio della coltivazione di papavero da oppio con la conseguente produzione di eroina.
Si è andata sviluppando, così, un’economia sempre più dominata dai narcodollari. A essa sono interessati i vari soggetti presenti in campo: esercito siriano, Hezbollah (organizzazione paramilitare islamista sciita e filo iraniana), il Pkk dei Curdi (controlla nella Bekaa la raffinazione della morfina base importata dalla Turchia e dall’Iran), le famiglie tribali indigene.
Negli ultimi tempi sembrava esserci un relativo ritorno alla normalità compromesso dai recenti bombardamenti al confine del paese da parte dell’esercito israeliano che si è reso protagonista anche di due attacchi negli ultimi giorni uccidendo un comandante militare delle forze speciali di Hezbollah e un alto esponente di Hamas a Beirut.
Stupisce il fatto che sebbene il Paese sia politicamente diviso e sottoposto a frequenti incursioni e bombardamenti al confine con Israele riesca ancora ad attrarre i capitali degli investitori, una fiducia, si dice, dovuta alla presenza delle truppe siriane che in qualche modo riesce a mantenere l’equilibrio politico e la stabilità interna.
Tuttavia il groviglio delle organizzazioni e delle frazioni di carattere politico, etnico, religioso, tribale o familiare è tale che rende difficile distinguere le associazioni criminali vere e proprie da quelle che esercitano attività illecite soltanto per finanziare la propria lotta politica. Allo stesso modo, inestricabili sono i rapporti tra potere politico, economico, militare e narcotraffico o crimine organizzato in generale.
La situazione, da anni, rende vani gli sforzi delle autorità governative che non sono in grado di contrastare i gruppi rivoluzionari (filoiraniani) ancora in armi, le grandi famiglie tribali. Persino l’esercito siriano protegge l’industria degli stupefacenti nella Bekaa. I numerosi porti della costa e gli aeroporti (Beirut e Damasco) del Libano sono utilizzati a pieno regime per il transito della droga verso la rotta balcanica (e varianti) via terra, oppure, via mare, verso gli scali mediterranei europei.
Le organizzazioni criminali italiane non mancano all’appello e la presenza del latitante Bartolo Bruzzaniti, arrestato a luglio del 2023 in Libano ( estradato poco dopo in Italia), esponente di spicco della ‘ndrangheta (clan Bruzzaniti-Morabito), è emblematica degli interessi anche della mafia calabrese con i trafficanti libanesi che contano una buona presenza di immigrati anche nel nostro Paese.
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