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Legge bavaglio o legge arroganza?

Domenico Gallo il . Costituzione, Diritti, Forze dell'Ordine, Giustizia, Informazione, Istituzioni, Politica

L’emendamento Costa inserito nella legge di delegazione europea (approvata dalla Camera e trasmessa al Senato) ha suscitato scandalo nel mondo dell’informazione.

Forti preoccupazioni sono state espresse dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, dalla Fnsi e dagli ordini regionali dei giornalisti per l’ingiustificata compressione del diritto di cronaca, che ha fatto guadagnare alla norma l’appellativo di “legge bavaglio”. Una semplice lettura evidenzia la pretestuosità della disposizione.

La norma delega il governo a “modificare l’articolo 114 del codice di procedura penale prevedendo, nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della Costituzione, il divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva Ue 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016”.

Orbene il divieto di pubblicare le ordinanze che dispongono la custodia cautelare (in carcere o agli arresti domiciliari) viene contrabbandato come una misura di attuazione degli articoli 3 e 4 della Direttiva UE n. 343/2016 che stabilisce alcune misure minime comuni concernenti la presunzione d’innocenza nei procedimenti penali. In realtà l’art. 3 (presunzione d’innocenza) non fa altro che ribadire un principio già espresso dall’art. 27 della Costituzione italiana. L’art. 4 impone che le dichiarazioni pubbliche di autorità pubbliche (non solo polizia o autorità giudiziaria) non indichino gli imputati o gli indagati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non sia legalmente accertata. L’ultimo comma dell’art. 4 precisa:

“L’obbligo stabilito al paragrafo 1 di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli non impedisce alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all’indagine penale o per l’interesse pubblico.”

Questa disposizione deve essere messa in correlazione con il “considerando 19” che tratta l’informazione che le pubbliche autorità forniscono ai Media, prevedendo che gli imputati non possono essere presentati come colpevoli: “fatto salvo il diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media.”

La Direttiva europea non pone alcun bavaglio ai Media ma disciplina delle regole di comportamento per le autorità pubbliche. La tutela della privacy non può essere utilizzata per mettere degli ostacoli, sia pure a tempo, al diritto di cronaca. La notizia dell’arresto di una persona imputata in un procedimento penale non può essere taciuta, altrimenti gli arrestati diventerebbero dei “desaparecidos”.

Tutti i provvedimenti giudiziari devono essere motivati (art. 111 Costituzione); in particolare l’ordinanza che dispone la custodia cautelare deve essere adeguatamente motivata perché soggetta ad un rigoroso controllo interno al processo (il riesame effettuato dal Tribunale per la libertà). Con la riforma Orlando (Decreto Legislativo 29 dicembre 2017, n. 216) è stato disposto che le ordinanze cautelari possono essere pubblicate. Si è trattato di una misura di trasparenza che ha messo fine al mercato nero delle notizie ed ha consentito agli organi di informazione di disporre delle fonti originarie da cui trarre le notizie.

La controriforma Costa intende mettere fine a questo regime di trasparenza. La notizia dell’arresto di una persona deve essere pubblica ma può essere oggetto di interpretazioni disparate e non verificabili dall’opinione pubblica per la mancata trasparenza delle fonti. Ciò non giova all’imputato perché non vieta a chi commenterà la notizia di presentare i fatti in modo distorto e non giova al benessere della democrazia che si nutre di un’opinione pubblica informata.

Poiché attraverso il sistema giudiziario passa tutta la storia del Paese e le principali vicende della politica, il rischio è quello di mettere uno sbarramento a quella funzione di critica all’esercizio dei poteri attraverso l’informazione che è una delle missioni fondamentali del sistema dei media in una società democratica.

Non a caso la Corte Europea dei Diritti dell’uomo, nel caso Dupuis contro la Francia, con una sentenza del 7 giugno 2007, in una vicenda di intercettazioni illegali, ha stabilito che l’esigenza di informare il pubblico prevale anche sulla presunzione d’innocenza, attribuendo ai giornalisti la funzione di “cani da guardia” della democrazia.

In questo caso l’indecente strumentalizzazione della presunzione d’innocenza è pari soltanto all’arroganza di un ceto politico che rivendica la non trasparenza delle procedure giudiziarie a tutela di se stesso.

Fonte: Articolo 21

Il disegno è di Alekos Prete.

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