La gestione vergognosa dei Cpr
L’indagine della Guardia di Finanza di Milano, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha fatto emergere, agli inizi di dicembre, la vergognosa situazione sulla gestione del Cpr di Via Corelli (Centro di permanenza per i rimpatri) affidata ad una società dal 2022 e, nonostante l’inchiesta in atto, in fase di rinnovamento per il 2024 da parte della Prefettura.
La magistratura, che indaga per frode e turbativa d’asta, accerterà le responsabilità penali degli amministratori per le aberranti condizioni dei migranti trattenuti nel Centro ai quali sarebbe stato somministrato cibo avariato e scaduto, in precarissime condizioni igieniche, senza cure mediche e psicologiche, abusando con psicofarmaci per tenere sotto controllo gli “ospiti”.
La richiesta di sequestro del Cpr disposta dal pm e al vaglio del gip, se accolta, consentirebbe la nomina di un amministratore giudiziario ad hoc. L’auspicio è che venga attivata sollecitamente anche una inchiesta amministrativa per accertare le responsabilità di chi, in Prefettura e superiormente, a livello centrale, avrebbe dovuto esercitare la dovuta vigilanza e non lo ha fatto, sulle reali condizioni di vita nel Centro verificando la congruenza dei servizi offerti con le convenzioni e i capitolati stipulati.
Ignorato completamente l’articolo 14 del Testo Unico sull’immigrazione (286/1998) modificato dalla legge 189/2002 che prevede che lo straniero sia trattenuto nei Centri “con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità”.
E già negli anni passati, dai diversi sopralluoghi effettuati nei vari Cpr dalla “Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione di diritti umani” (Senato della Repubblica, XVII Legislatura), erano emerse numerose e profonde incongruenze “dovute a rilevanti insufficienze strutturali, a modalità di trattenimento inadeguate in termini di tutela della dignità e dei diritti dei trattenuti”. Tensioni e incendio di materassi, nelle ultime ore, anche nel Cpr di Gradisca.
Ignorato anche il regolamento, approvato nell’ottobre 2014 dal Ministero dell’Interno, sui criteri per l’organizzazione e la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE divenuti Cpr con la legge 13/2017) con cui venivano fissati, tra l’altro, gli standard per la tutela della salute, la libertà di corrispondenza e precisati, in generale, i diritti della persona trattenuta nel Centro.
Ma c’è di più. Il 7 marzo 2017 il Ministero dell’Interno adottò un decreto con un nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi prevedendo, tra l’altro, “il rafforzamento delle attività di ispezione e monitoraggio del Ministero dell’interno sugli standard qualitativi dei servizi resi”. Qualcosa evidentemente non ha funzionato se il Cpr di Milano è stato trovato nelle vergognose condizioni nelle indagini delle Fiamme gialle milanesi.
La politica sui rimpatri, è bene ricordarlo, presenta elementi di criticità, in quanto non sempre di facile attuazione considerata la necessità del “riconoscimento” dell’autorità consolare del paese di provenienza (con cui deve esserci un accordo di riammissione) e i limiti precisi per l’uso coercitivo delle misure di rimpatrio fissate dalla direttiva 2008/115/CE.
La verità è che gli stranieri irregolari danno parecchio “fastidio” (sono quelli che, dalle statistiche sulla delittuosità di strada, emergono come i più “problematici”), i Cpr, oltretutto, nessuno (amministratori e politici locali) li vuole in “casa propria” e così si cercano soluzioni alternative, stravaganti come quella di costruirne uno in Albania – l’accordo fatto di recente dalla presidente Meloni con il presidente albanese è sotto esame della Corte Costituzionale di quel Paese dopo il ricorso presentato da esponenti politici – e di individuare anche altre zone dove creare nuovi centri di accoglienza temporanea “modello Albania”.
In questo senso la volontà emersa negli incontri romani della Meloni con il premier inglese Sunak e albanese Rama per affrontare in modo sempre più “strutturato” l’immigrazione illegale verso l’Europa e per accentuare il contrasto ai trafficanti di esseri umani.
Organizzazioni di trafficanti che, lo ricordiamo, si trovano nei vari paesi africani da cui hanno origine i flussi migratori, di cui fanno parte capi tribù locali, politici e poliziotti corrotti (gli scafisti sono la parte più debole della organizzazione, quelli che di solito vengono arrestati dalla Polizia dopo gli sbarchi e che, spesso, sono gli stessi migranti che si sono resi disponibili a pilotare le imbarcazioni per pagarsi la traversata).
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Trasferire in Albania i migranti soccorsi in mare? Una “pensata” stravagante…
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