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Rai e sindacato: s’ode a destra uno squillo di tromba

Vincenzo Vita il . Diritti, Informazione, Istituzioni, Politica, Società

Senza scomodare Alessandro Manzoni e il suo Conte di Carmagnola, si può annotare che la vicenda italiana dei media registra un ulteriore capitolo.

Si tratta dell’annunciata nascita di «UniRai», vale a dire la esibita rottura dell’unità del sindacato dei giornalisti della Rai, organizzati sotto le insegne dell’«UsigRai». Già vi fu, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, un omologo tentativo chiamato «SingRai», ma durato non molto.

Tuttavia, il caso odierno ha dei caratteri peculiari e persino inediti. Non è, quello presentato in un auditorium di Roma lo scorso fine novembre, un sindacato giallo di consumata memoria. Non siamo di fronte ad una veemente spinta dal basso, tesa a sottolineare parzialità magari eluse o non colte dalle formazioni più grandi ed ufficiali. E, tantomeno, sembra di poter immaginare che tra i presenti in quella sala vi fossero persone dall’irriducibile alterità rispetto alla sintassi politica.

La novità inquietante risiede nella benedizione preventiva dei vertici dell’azienda e di diversi direttori o dirigenti. Insomma, non si legge il segno di una rivolta, bensì quello di una sorta di moto reazionario dall’alto. Se Antonio Gramsci non si rivoltasse nella tomba, potremmo persino evocare la rivoluzione passiva, naturalmente in versione minore. Come minore è il nostro tempo, del resto.

I resoconti della serata ci narrano di un’ouverture a cura di Bruno Vespa, che scelse di diventare artista per non sottostare alle regole (neppure proletarie) sui tetti stipendiali dei dipendenti e di un saluto del ministro Sangiuliano che, a parte il ruolo di spicco ricoperto nei telegiornali, non avrebbe neppure la competenza nel e sul territorio dell’informazione.

Diversi i direttori (dal Tg1, al Gr, alla testata regionale gentilmente richiesta di coprire la notizia) seduti in aula, con la benedizione del prossimo amministratore delegato. In sintesi, dunque, a fondare l’associazione giallo-bruna sono coloro che nella vertenzialità autentica e consolidata sarebbero le controparti.

Ha proprio ragione il miliardario d’oltre oceano Warren Buffett a dire che la lotta di classe c’è, ma l’hanno vinta i ricchi. E i suddetti ricchi, secondo le leggi del sovranismo populista, utilizzano come massa di manovra coloro che abbienti non sono, anzi.

Guai a prendersela con coloro che si fanno usare, posto che non siano consapevolmente complici della strumentalità. Comunque, evviva l’articolo 21 della Costituzione (ancorché l’omologa associazione sia spesso oggetto di frizzi e di lazzi in quei luoghi), che tutela il pluralismo delle idee.

Ma qui non si intende dare valutazioni su ciò che legittimamente si pensa, ci mancherebbe. Il problema sta nella sostanza.

Si mina l’unità sindacale nel momento in cui il servizio pubblico versa in difficoltà non effimere. Servirebbe una visione adeguata del e sul futuro, nell’età dell’intelligenza artificiale -che rovescerà come un calzino il sistema- evocata dalla presidente della Rai Marinella Soldi nel corso dell’audizione tenutasi nella commissione parlamentare di vigilanza.

Davanti ai rischi economici ed industriali, nonché mediali, che corre il mondo di viale Mazzini di Roma, ecco un’altra botta alla tenuta del mondo del lavoro. Chissà se l’intenzione non sia la chiusura in una riserva protetta dell’area filogovernativa dell’universo giornalistico, per dividere gli allineati dai presunti reprobi. Nell’epoca dei bavagli passare nel campo dei cattivi è semplice: è sufficiente sottrarsi un po’ a omologazione e pensiero unico.

Chissà se i circa 250 precarie e precari in attesa di regolare contrattualizzazione, riferimento demagogico della campagna elettorale del nuovo raggruppamento, saranno seguiti o prontamente dimenticati.

PS. Il Consiglio di stato ha rigettato -dopo il TAR- il ricorso della società di secondary ticketing Viagogo AG contro la sanzione comminata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni verso modalità di indebito vantaggio messi in atto da intermediari dei biglietti per eventi e spettacoli. Se ne è parlato variamente nella rubrica e ora siamo all’epilogo.

Fonte: il manifesto/Articolo 21


Legge di bilancio. L’articolo sull’editoria listato a lutto

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