Processi, odio e censura: punire Saviano per educarci tutti. Chi tace, acconsente
«Quando il servizio pubblico cancella una trasmissione che parla di mafia, noi offriamo volentieri quello spazio che è stato tolto».
Così, ieri sera su Italia1, Giulio Golia ha presentato lo speciale “Le Iene presentano: Inside” scritto a quattro mani con Francesca Di Stefano. Così, ieri sera su Italia1, Mediaset ha messo una pezza al vuoto pneumatico del servizio pubblico, ospitando per tutta la puntata Roberto Saviano, reduce della cancellazione del suo programma Insider2 dal palinsesto Rai.
Sempre ieri, sulle pagine del Fatto quotidiano, Gianluca Roselli ha scritto di una telefonata dei vertici Rai a Mediaset per lamentarsi di questa decisione, e di un tentativo di bloccare la trasmissione anche lì. Viale Mazzini nega, il giornalista del Fatto insiste: «Le nostre fonti confermano che l’interlocuzione tra Roma e Cologno Monzese ci sia stata».
E non stupirebbe se fosse vero. Questo governo ha fatto dell’arroganza il suo marchio di fabbrica. Ci prendono per stanchezza. Bugie, scandali e arroganza si succedono con tale velocità che si finisce per rimanere annichiliti. Come a dire: una boutade al giorno toglie la critica di torno.
Eppure è stata una mossa più simbolica che di sostanza, quella di Mediaset. Dal racconto lunghissimo (circa 3 ore) e approfondito della camorra, quanto scritto e girato nelle quattro puntate di Insider2 resta comunque fuori.
Niente sapremo, di quanto Saviano e i suoi collaboratori avevano da dire, sul sacerdote antimafia ucciso a Casal di Principe don Peppe Diana, né del collaboratore di giustizia Antonino Patti o dei giornalisti Rosaria Capacchione ed Enzo Palmesano (una sotto scorta e l’altro licenziato per ordine di un boss), ancora meno sentiremo sulla mafia garganica e la collaboratrice di giustizia Rosa Di Fiore. Nulla.
Criminalità organizzata e antimafia – evidentemente – non sono nell’agenda del servizio pubblico e di questo governo. Tantomeno c’è posto per i “nemici”, ovvero chiunque dissenta, critichi o denunci la loro Propaganda. Per loro c’è l’olio di ricino 3.0: squadrismo social, gogna mediatica, tiro al bersaglio. E censura per «motivi etici» non politici, come ha annaspato l’ad Roberto Sergio parlando di una decisione «aziendale», non politica, mai chiarita fino in fondo.
E invece è una «vendetta politica», come la chiama Roberto Saviano, che si accoda a una persecuzione senza pari nei paesi democratici. Senza nemici non si può fare la guerra. E senza uno stato di guerra, la Propaganda rimarrebbe uno strumento inoffensivo nelle mani del potere.
In Italia, dove il vuoto della politica di opposizione è pneumatico e la destra ha egemonizzato buona parte dell’opinione pubblica, l’obiettivo diventano gli intellettuali. Sono loro che riempiono il vuoto dell’opposizione politica, e ne pagano le conseguenze.
Processi, querele, campagne d’odio. La censura non è che un pezzo della punizione esemplare: colpire Saviano per educarci tutti. Chi tace, acconsente.
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