Giornata contro la violenza sulle donne: «Serve l’impegno di tutti per una narrazione corretta»
In occasione del 25 novembre 2023, la Commissione pari opportunità della Fnsi chiede a colleghe e colleghi di affiggere nei luoghi di lavoro una locandina sul tema che non possa passare inosservata: un cartoncino nero, su cui incollare il Manifesto di Venezia e apporre un nastro rosso.
In occasione del 25 novembre 2023, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la Commissione pari opportunità della Fnsi chiama alla mobilitazione giornaliste e giornalisti di ogni redazione.
La decisione assunta dal Coordinamento della Cpo è quella di chiedere a colleghe e colleghi di affiggere nei luoghi di lavoro una locandina sul tema che non possa passare inosservata: un cartoncino nero, su cui incollare il Manifesto di Venezia e apporre un nastro rosso.
«Questa iniziativa – spiega la coordinatrice Vanna Palumbo, d’intesa con la presidente Mara Pedrabissi e con la segretaria generale della Fnsi, Alessandra Costante – vuol essere il richiamo simbolico al mai abbastanza condannato e combattuto fenomeno della violenza maschile perpetrata sulle donne e del femminicidio. Al contempo, vuol essere un richiamo al dovere di chi fa informazione di trattare l’argomento con l’attenzione, la responsabilità e il rispetto che si debbono ad ogni vittima di violenza».
L’invito è quindi a diffondere attraverso la locandina (un esempio è scaricabile in calce) il decalogo del Manifesto di Venezia: un modo per ribadire l’impegno dei giornalisti e delle giornaliste in una narrazione corretta, attraverso l’uso di linguaggio e immagini appropriati.
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, i cronisti romani e lombardi lanciano un videodecalogo
Il Sindacato cronisti romani e il Gruppo cronisti lombardi annunciano l’adesione alla Giornata internazionale contro la violenza sulla donna del 25 novembre 2023 e lanciano un video-decalogo contenente alcune delle principali espressioni da bandire nei resoconti giornalistici su femminicidi, stupri, molestie e ogni altro genere di soprusi.
Il decalogo – che si pone in linea con il Manifesto di Venezia, varato nel 2017, su come raccontare la violenza di genere – contiene le espressioni usate con maggiore frequenza da stampa ed emittenti radio-radiotelevisive, che di fatto forniscono alibi o indiretta giustificazione all’autore di un femminicidio.
Si va da “in preda a un raptus” (locuzione fuorviante, in quanto esclude la premeditazione) ad “amore criminale” (chi uccide non ama), da espressioni similari come “delitto passionale” e “accecato dalla gelosia” (il piano sentimentale non deve diventare esimente), alle varie qualificazioni della vittima (“estroversa”, “vivace”, ecc.), fino all’uso pleonastico degli aggettivi possessivi (“la sua fidanzata”, “sua moglie”, piuttosto che “la fidanzata”, “la moglie”).
«Un uso corretto, sobrio e rigoroso del linguaggio – dichiarano Fabrizio Peronaci e Fabrizio Cassinelli, presidenti del Sindacato cronisti romani e del Gruppo cronisti lombardi – può avere un ruolo decisivo per sradicare i residui della cultura maschilista che purtroppo ancora oggi, non di rado, influisce negativamente su una corretta narrazione dei fatti. L’invito è quello di aderire al decalogo e a implementarlo».
Trackback dal tuo sito.