Incinte o con neonati no alle donne in carcere
Pochi giorni prima della giornata in cui si ricorda l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato al mondo, da 196 Stati tra cui l’Italia , il consiglio dei ministri vara una norma che abolisce uno dei punti fermi del nostro ordinamento: il no alla detenzione delle donne incinte e delle mamme con bimbi di età inferiore ad un anno.
Se approvata in Parlamento avremo di nuovo più donne in gravidanza e bambini innocdenti negli ICAM, carcere a misura attenuata, ma pur sempre un carcere.
Ma quanti parlamentari hanno mai visitato un Icam?
Eppure la consulta aveva già chiaramente detto che i minori vanno tutelati e nel bilanciamento degli interessi dev’essere ritenuto primario quello del minore.
E come ha affermato la presidente del Tribunale di sorveglianza di Salerno, “dopo 15 anni di lavoro nel settore della sorveglianza, prima di cancellare la vecchia norma, avrei realizzato in numero sufficiente di case protette per le detenute madri, già previste nella legge 62 del 2011, ma realizzate solo in un due casi a Milano e Lauro in provincia di Avellino”.
Eppure nella legge di bilancio del 2020 era stato stanziato 1 milione e mezzo di euro per tre anni proprio per questo e mai utilizzati.
Nessuno vuol lasciare impunite donne che delinquono, e sarà un giudice a deciderne la pena, ma lo Stato ha il dovere di tutelare i diritti dell’infanzia.
È ancora necessario rinchiudere in un carcere, anche se attenuato, queste donne che commettono piccoli reati ( la norma è scritta proprio per le borseggiatrici rom) e che hanno figli piccoli?
Non è possibile fare ricorso alle case famiglie protette come quella di Leda a Roma dove grazie alle moderne tecnologie le donne possono restare sotto stretta sorveglianza e nel contempo i bambini vivere in un ambiente piu salubre per la loro mente?
Gli psicologi hanno dimostrato che esiste la «sindrome da prigionia»: i bambini detenuti possono sviluppare difficoltà nel gestire le emozioni e senso di inadeguatezza, di sfiducia, di inferiorità, che si accompagnano a un tardivo progresso linguistico e motorio, causato dalla ripetitività dei gesti, dalla ristrettezza degli spazi di gioco, dalla mancanza di stimoli adeguati.
Come si può non comprendere che la condizione di detenzione non abbia degli effetti diretti ed indiretti sul bambino, anche al di là di quanto egli possa risentire attraverso la condizione di detenzione della madre.
Bambini così piccoli che vivono i primi anni della loro vita in un carcere rappresentano una vera follia. Anche perché, come dimostrano accurate evidenze scientifiche, i primissimi anni di vita dei bambini, al pari della fase di gestazione, sono fondamentali per il loro sviluppo cognitivo.
Nei primi mille giorni di vita l’ambiente in cui il bambino vive svolge un ruolo decisivo per lo sviluppo del suo cervello ed è difficile pensare che il carcere sia il posto migliore.
Sappiamo ormai con certezza, che i primi due anni di vita dei bambini sono decisivi per stabilire una corretta traiettoria di sviluppo. Le esperienze precoci positive incidono su come si organizza il cervello e sul suo funzionamento: ciò che succede all’inizio ha un’influenza sul futuro. Sono i momenti più delicati e decisivi della formazione del bambino, si mettono le basi per l’adulto che sarà. I primi anni di vita influenzeranno il rendimento scolastico, lo stile di vita sano, la capacità di relazionarsi con gli altri. Quello che non accade in questa fase della vita sarà più difficile da recuperare dopo.
Tutto questo non conta per il nostro governo che mentre cerca di rieducare una donna (perché il carcere ha lo scopo primario della rieducazione) rinchiude un bambino innocente in un carcere
E per favore si eviti oggi l’ipocrisia di “ festeggiare “ la giornata dei diritti dell’infanzia.
Fonte: La Repubblica, Napoli
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