Giornalismo d’inchiesta, la Cassazione: «Soggiace a una disciplina in parte diversa e meno rigorosa»
Un’ordinanza pubblicata il 3 novembre 2023 evidenza come, rispetto alla cronaca, sia da «valutare non tanto l’attendibilità e la veridicità della notizia, che il giornalista investigativo ha direttamente acquisito, quanto piuttosto il rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede».
La Corte Suprema di Cassazione Prima sezione civile, con un’ordinanza pubblicata il 3 novembre 2023, ha ribaltato il giudizio della Corte di appello che aveva condannato un gruppo editoriale ed alcuni suoi giornalisti al risarcimento del danno nei confronti di alcuni soggetti su cui era stata condotta un’inchiesta giornalistica.
L’ordinanza, ricordando la sentenza n. 5259/1984 della stessa Cassazione «sulla libertà di stampa e sul diritto di cronaca e di critica, con la quale sono stati specificamente individuati i tre presupposti in presenza dei quali si può parlare del legittimo esercizio del diritto di cronaca (la verità delle note pubblicate, la pertinenza delle stesse e la continenza espressiva)», evidenzia che «il giornalismo d’inchiesta soggiace, secondo la prevalente giurisprudenza, per le sue peculiarità, ad una disciplina in parte diversa e meno rigorosa rispetto a quella dettata per la cronaca o la critica giornalistica che sia priva dell’elemento investigativo».
L’ordinanza prosegue evidenziando come il giornalismo d’inchiesta operi «una meno rigorosa e, comunque, diversa applicazione del requisito dell’attendibilità della fonte, fermi restando i limiti dell’interesse pubblico alla notizia e del linguaggio continente, ispirato ad una correttezza formale dell’esposizione, occorrendo valutare non tanto l’attendibilità e la veridicità della notizia, che il giornalista investigativo ha direttamente acquisito, quanto piuttosto il rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede».
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