La fortuna della mafia ha a che fare con gli interessi politici? Guardiamo alla realtà
Proviamo ad assumere un pre-giudizio e a fare un esercizio… di fantasia.
Il pre-giudizio: le fortune criminali delle organizzazioni mafiose sono direttamente proporzionali al grado di convergenza tra interessi mafiosi e interessi politici egemoni.
Questo pre-giudizio è fondato e interessante?
Credo che sia fondato, se ormai anche eccellenti prefetti della Repubblica si sentono liberi di affermare durante pubbliche iniziative che la forza delle mafie e soprattutto di Cosa Nostra, almeno fino al 1990, è stata un riflesso della cosiddetta “Guerra Fredda”, che io preferisco chiamare Terza Guerra Mondiale, in funzione anti comunista. Una verità storica peraltro già contenuta nella impareggiabile relazione “mafia-politica” della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Violante, pubblicata nel ’93 (in pieno periodo stragista). Una verità storica che aiuta a comprendere come mai condotte senz’altro criminali non siano mai state sanzionate sul piano penale come reati: i reati sono commessi da chi eccepisce all’ordine costituito, non da chi quell’ordine lo garantisce, costi quello che costi.
Quanti depistaggi e quanti accomodamenti si sono certamente consumati senza che gli autori con le insegne dello Stato siano stati ritenuti penalmente responsabili (in questo senso, forse, per capire meglio le parole di Borsellino su Subranni, tanto strapazzate in queste settimane, aiuterebbe ripartire dall’omicidio di Peppino Impastato e prima ancora dalla strage della caserma di Alcamo Marina del 1976).
Credo poi che questo pre-giudizio sia interessante perché utile ancora attualmente a comprendere quale potrebbe essere oggi il crogiolo nel quale fare fondere/convergere le mire delle organizzazioni criminali di stampo mafioso (italiane e non) con quelle del potere (politico-istituzionale e non) egemone in questo momento. Allora proviamo a farlo, questo esercizio di fantasia.
Cosa vogliono le mafie oggi? Arricchirsi attraverso il traffico di stupefacenti per poter campare al meglio praticando il riciclaggio e investendo nell’economia legale, il che consente una cascata di reati fiscali.
Cosa intralcia questo programma di azione? Le spinte politiche che vorrebbero legalizzare almeno parte del mercato degli stupefacenti, le misure di prevenzione patrimoniali, unitamente agli altri strumenti di prevenzione amministrativa, che inficiano il riciclaggio nell’economia legale e un’efficace lotta all’evasione fiscale.
Cosa vuole il potere egemone? Superare la democrazia parlamentare, approdando finalmente sul litorale della Terra Promessa dalla P2: una democrazia illiberale, dove l’egemonia si trasformi in autocrazia istituzionalizzata. In sintonia con quanto sta capitando in larga parte del cosiddetto mondo occidentale.
Cosa si para ancora sulla strada di questa “rinascita democratica”? La libertà di informazione, ovvero il dovere di informare e il diritto di essere informati. Infatti proprio l’informazione è costantemente sotto attacco da parte del potere egemone: i continui interventi sul rapporto tra procedimenti giudiziari e stampa (fino al parossismo di proporre la non divulgabilità e quindi la segretazione delle Ordinanze di custodia cautelare, cosa che manco il Santo Uffizio!), l’utilizzo persecutorio fatto della Commissione di vigilanza Rai, che martedì “interrogherà” nuovamente Ranucci, il “tracollo” pilotato della RAI (come lo ha definito recentemente Barbara Scaramucci), la mancanza di norme efficaci che tutelino i giornalisti dalle querele temerarie/intimidatorie appaiono come indizi difficilmente eludibili.
Ed ecco, proprio questi ingredienti potrebbero ribollire nell’immaginario crogiolo di rinnovati patti tra mafie e potere: le mafie potrebbero dare una mano a “silenziare” chi fa informazione e chi si batte per la sua salvaguardia (l’Italia ha purtroppo una drammatica tradizione in questo campo), in cambio della conservazione del monopolio sugli stupefacenti, della neutralizzazione delle misure di prevenzione patrimoniali e degli altri strumenti di prevenzione amministrativi, temuti oggi più del 41 bis e del 4 bis e di un atteggiamento comprensivo verso i reati fiscali.
Dal canto loro i mafiosi in questi anni non hanno mai smesso di dare eccellenti assaggi della loro disponibilità a maltrattare i giornalisti: tanto in Europa con gli omicidi di Daphne Caruana Galizia, Ian Kuciak, Peter de Vries, quanto in Italia con le minacce a Roberto Saviano, a Federica Angeli e molti altri, o con le botte a Paolo Borrometi e Daniele Piervincenzi.
Si potrebbe obiettare che oggi il potere egemone non abbia bisogno di energumeni violenti per mettere a tacere chi fa bene il mestiere del giornalista, ma questa obiezione non terrebbe adeguatamente in conto la geografia vasta nella quale si consuma questo conflitto, ed è proprio sui “bordi” che solitamente si raggrumano i patti più scellerati, i bordi lontani dai riflettori e dai velluti dei palazzi romani, i bordi dove non si va troppo per il sottile, come le campagne dell’Agro pontino (come sa bene l’amico e giornalista Marco Omizzolo) o l’hinterland milanese. E poi: chi lo dice che i mafiosi debbano essere degli energumeni violenti? Abbiamo avuto capimafia che erano primari ospedalieri, potremmo ben oggi avere boss esperti di hackeraggio informatico.
Continuando in questo esercizio di fantasia, quale disponibilità dovrebbe dimostrare il potere egemone? La disponibilità a neutralizzare le misure di prevenzione patrimoniali e le altre misure di prevenzione amministrative per una più facile attività di riciclaggio dei capitali illeciti, la disponibilità ad una intransigente politica proibizionista sulle droghe, che lasci intatto il monopolio criminale sul mercato degli stupefacenti, la disponibilità a chiudere un occhio sui reati fiscali.
Uscendo infine da questo esercizio di fantasia, a me non resta che volgere lo sguardo sulla dura realtà della Commissione Antimafia presieduta da Chiara Colosimo (nonostante) e registrare i seguenti dati: è stato istituito un Comitato con l’obiettivo di rivedere le misure di prevenzione patrimoniali e le interdittive prefettizie; non è stato istituito alcun Comitato che vigili sulle minacce e le violenze subite dai giornalisti; sulle droghe le dichiarazioni della presidente sono state roboanti e drastiche… Per la linea da tenere sui reati fiscali, invece, si rimanda al Famedio di Milano.
Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello
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La Commissione Antimafia scorda i collaboratori di giustizia: svista o disegno politico?
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