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Borgomanero. Il nuovo centro antiviolenza in un bene confiscato val bene una lacrima

Nando dalla Chiesa il . Diritti, Istituzioni, Mafie, Piemonte, Società

L’assessora Elisa Zanetta entra autorevole e sorridente nella sala degli affreschi a pianterreno, dispensando agli ospiti energiche strette di mano. Dà l’idea di una giovane Merkel di Borgomanero, cittadina di 21mila abitanti in provincia di Novara.  È visibilmente felice.

Finalmente può partire il progetto di utilizzo che il Comune ha pensato per la Torretta, un delizioso edificio dentro Palazzo Ambrosini, confiscato a un celebre clan di camorra una decina d’anni fa e inizialmente collocato dall’Agenzia nazionale dei Beni sequestrati e confiscati tra i beni alienabili.

Un successo di tenacia e strategia a cui ora brindano assessori e associazioni, Anpi in testa. La gestione di questo piccolo tesoro di architettura sommerso da un’immensa magnolia andrà al CAV, centro antiviolenza Area Nord novarese. Una scelta significativa, se solo osserviamo la fotografia dell’Italia che ci giunge dalle cronache quotidiane.

Qui, nel luogo che fu un giorno riparo della peggiore criminalità organizzata, si aprirà un punto di sostegno concreto, a tutto tondo, delle donne vittime di violenza. Ed è proprio a questo pensiero che l’assessora fino a poco prima baldanzosa si commuove. Consegna infatti ai presenti poche pennellate per riassumere la storia della Torretta. Ma ne escono altrettanti momenti di commozione intensa, che colgono tutti di sorpresa.

“Il primo problema che abbiamo avuto con il Ministero dei beni culturali è arrivato dall’interesse storico dell’edificio”, ricorda. “E si è sciolto positivamente lo scorso 23 maggio, giusto nel trentesimo anniversario della strage di Capaci”. Il nome di Falcone non le esce però dalla bocca. Si blocca infatti, un accenno di pianto. Ora sono commossi anche gli altri, una ventina circa di persone.

Poi riprende la parola. “E proprio oggi” aggiunge “ci è arrivata l’autorizzazione a dedicare la Torretta al centro antiviolenza”, e mi indica delicatamente. Anche il nome del prefetto di Palermo non le esce dalla bocca. Due date decisive, incontrando due nomi dell’antimafia. Certe cose, pensiamo poco laicamente tutti insieme, non accadono per caso. Ora l’assessora piange senza fermarsi. Ma questa sua debolezza dà ancora più forza e valore a ciò che sta accadendo.

E in effetti è importante quanto accade nel pomeriggio di quella che sembra solo una uggiosa giornata autunnale padana. L’Italia straripa di donne abusate, violentate. Di tutte le età e tutte le condizioni. Donne uccise, donne fatte a pezzi. Da ex mariti e fidanzati, da pretendenti arroganti, da branchi di giovanotti che si fanno “lupi”, come ha ben detto un giornalista inebriato di potere.

Ora una delle conquiste maggiori (e più ”malignate”) dell’antimafia servirà per difendere le vittime del potere maschilista, che proprio nella mafia trova i suoi vertici storici. E a Borgomanero questo centro servirà. Sarà utilissima la sua capacità, finora esercitata altrove, di intervenire in emergenza, di offrire consulenze, di promuovere nelle scuole la parità di genere.

“Finora ho fatto il mio lavoro amministrativo in un bar”, confessa Chiara Zanetta (“nessuna parentela, qua ci chiamiamo tutti Zanetta”), coordinatrice del centro. Sogna una Borgomanero diversa: “in un anno abbiamo ascoltato 120 donne (su 21mila abitanti), e 60 sono quelle che accompagniamo. Dall’inizio del ’23 abbiamo messo in protezione 19 donne e 10 minori. In tanti pensano che la maggioranza di queste donne siano straniere. Niente affatto, la netta maggioranza sono italiane. Serviamo 52 comuni. Avvocati e avvocate, psicologhe, tutti servizi anonimi e gratuiti”.

Leggo i fogli riassuntivi di progetti e bisogni, ascolto le fatiche compiute per fare argine e comunità intorno alle donne a rischio, e penso che questo nostro paese così zavorrato dalla sua antropologia civile ha in fondo risorse inimmaginabili.

Nessuno le potrebbe programmare. Bisogna solo liberarle.

Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 30/10/2023

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