Sabato scorso infatti ho partecipato a Torino ad una iniziativa politica promossa dall’On. Chiara Gribaudo sul futuro del Piemonte. Ad un certo punto ha preso la parola il dott. Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei medici di Torino, che denunciando lo sprofondo della sanità pubblica ha messo in guardia su un rischio mortifero, quello di fare appunto la fine della “rana bollita”. Se si prende una rana e la si getta dentro l’acqua bollente, questa con un balzo fuggirà via, se invece la si mette dentro l’acqua tiepida, col fuoco basso, la malcapitata rana facendosi illudere da un infame sollievo si arrenderà poco alla volta, fino a non riuscire più a saltare fuori dall’acqua, ormai bollente.
La metafora ha forse come alias il concetto di “tolleranza zero” e ha sicuramente il merito di puntare il dito contro un atteggiamento pre-politico, la rassegnazione, che produce però condotte e scelte politiche disperate e dunque perdenti. Per non fare la fine della rana-bollita bisogna vigilare sui primi segnali di rassegnazione e contrastarli senza incertezze.
Sappiamo come va il mondo sul piano delle crescenti diseguaglianze prodotte da un sistema economico feroce, sappiamo quanto le ragioni della pace, del diritto e della inclusione siano quotidianamente mortificate dai portatori insani di questo modello sociale bellicoso, che non sa pensarsi fuori da uno schema segregazionista. Sappiamo quanto le dinamiche politiche siano spesso improntate al cinismo e alla avidità che spinge ad arroccarsi nella diffidenza e nell’opportunismo e sappiamo pure quanto la democrazia parlamentare sia svilita da chi, godendo di un consenso che solo apparentemente è granitico, sta sistematicamente applicando quel modello sociale anche alle Istituzioni repubblicane, producendo a colpi di decreti legge lacerazioni inaudite.
L’abolizione del reddito di cittadinanza, i condoni fiscali, l’aggressione alla indipendenza della magistratura, l’approccio repressivo alle tante “Caivano”, l’opposizione al salario minimo, la guerra ai migranti, la stretta sulla libertà di stampa, la volontà di abolire l’abuso di ufficio e il traffico di influenze, le continue aperture tanto al sistema dei subappalti, quanto al giogo del gioco d’azzardo… sono soltanto alcuni drammatici esempi.
E poi a Foggia vince al primo turno Maria Aida Episcopo, nonostante la pressione che la maggioranza di governo ha messo sul proprio candidato (non sarà una buona mattina per il vice presidente della Commissione parlamentare antimafia, quello prediletto da Chiara Colosimo ovvero il pugliese Mauro D’Attis, coordinatore regionale di Forza Italia!) e tutto appare nuovamente possibile.
“Possibile” è una parola chiave nel vocabolario della politica, tanto cara ad un amico resistente come Pippo Civati. “Possibile” è dare un colpo alla mafiosità che ha appesantito Foggia troppo a lungo, come ha detto Giuseppe Conte commentando la vittoria di Episcopo. “Possibile” è vincere contro l’agguerrita compagine degli “eredi-al-quadrato” (del Duce e di Berlusconi) restando uniti, come ha commentato Elly Schlein. “Possibile” è cambiare le cose, reagendo alla rassegnazione, trovando ciò che unisce piuttosto che insistere su ciò che divide e credo che siano tante e importanti le cose che possono rappresentare impegni comuni, come già la battaglia per il salario minimo sta dimostrando.
Bisogna farsi reciprocamente forza dei punti in comune per non cedere alla tentazione del “si salvi chi può” (che rischia di avere nelle prossime elezioni Europee un triste banco di prova). Come suggerisce il Pascoli nella poesia del “focolare”: per resistere alla tempesta non serve tanto il fuoco del camino, ma la prossimità di chi è vicino, che pure conserva tutto il carico della propria incomprimibile alterità. Ne vale la pena.
E se c’è chi pensa di inserire nel pantheon degli illustri Silvio Berlusconi, noi continueremo a preferirgli Giorgio La Pira, Tina Anselmi e Nilde Iotti.
L’acqua non è ancora così calda da bollire, salta rana! Salta!
Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello
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Via D’Amelio, dopo l’audizione di Borsellino temo che la Commissione finirà su un binario morto