I giudici della VI sezione penale della Cassazione hanno rinviato alla corte d’Appello di Caltanissetta il processo che vede imputata l’ex giudice Silvana Saguto, già presidente del tribunale per le misure di prevenzione di Palermo, insieme ad altri 11 imputati, tutti accusati di corruzione e concussione per lo scandalo della gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Gli ermellini hanno deciso che l’ex magistrato Silvana Saguto dovrà avere una pena più lieve rispetto agli 8 anni e 10 di reclusione che le erano stati inflitti in appello dai giudici di Caltanissetta.
I giudici di Cassazione, con un articolato dispositivo, hanno disposto quindi un appello-bis, dichiarando irrevocabile la sentenza di secondo grado ma solo parzialmente, riqualificando invece alcuni capi di imputazione, invocando la prescrizione di altri, mentre altre accuse nei confronti degli imputati (12 in totale nel processo) sono cadute per pronuncia di assoluzione.
Il Procuratore Generale della Suprema Corte, Simone Perelli, durante la requisitoria aveva chiesto di confermare la condanna a 8 anni e 10 mesi di carcere per Saguto emessa dalla corte d’Appello, ma di assolverla, “perché il fatto non sussiste”, per i tre capi di imputazione sulla rivelazione del segreto d’ufficio.
Alla luce del verdetto, che comporta un giudizio d’appello bis, la giudice, dunque, non rischia per ora il carcere. Il processo nasce da una indagine sulla cattiva gestione, da parte della sezione del tribunale diretta da Saguto, dei beni confiscati e sequestrati alla mafia. Secondo l’accusa, il magistrato, in cambio di regali e favori, per sé e familiari, avrebbe assegnato ai soli professionisti del suo cerchio magico amministrazioni giudiziarie milionarie dei beni sottratti ai clan. La Cassazione ha annullato senza rinvio le condanne inflitte alla Saguto per i reati di peculato, riqualificato in truffa aggravata, tentata concussione, riqualificata in induzione indebita e falso.
A finire sotto processo, accanto a Silvana Saguto e all’avvocato Cappellano Seminara, condannato in appello a 7 anni e sette mesi, il marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma, che in secondo grado ha avuto 6 anni e 2 mesi, il figlio Emanuele Caramma 4 mesi, l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo e il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano, entrambi condannati a 3 anni. Il tenente colonnello Rosolino Nasca, due anni e 8 mesi; l’avvocato Walter Virga, un altro amministratore giudiziario del “cerchio magico”, un anno e 4 mesi. Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna un anno e dieci mesi, il commercialista Roberto Santangelo condannato a 4 anni e due mesi, Maria Ingrao, moglie di Provenzano e Calogera Manta, la cognata, condannate a 2 anni e 8 mesi.
“Siamo moderatamente soddisfatti per la decisione della Cassazione, ma continua il dramma per i miei due assistiti per i quali non è ancora finita”, ha commentato il legale di Silvana Saguto e del marito, l’ingegnere Lorenzo Caramma, Ninni Reina. La difesa comunque ha sempre sostenuto che in quel trolley ci fossero solo dei documenti. Per la procura di Caltanissetta era invece il prezzo della corruzione. Secondo il tribunale di Caltanissetta “i reati sono stati commessi ciascuno in adesione ad un patto corruttivo, di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti senza che mai si possa individuare l’appartenenza a un gruppo stabile e duraturo”.
Fonte: Rainews