Il virus dell’odio
Se è vero che in questi giorni la penosissima conta dei morti ci fa piangere il cuore, non dobbiamo trascurare l’odio che a piene mani si va seminando nel futuro.
La rabbia e il dolore diventano una piaga destinata a sanguinare per anni e anni. Ciascuno piange i propri morti e maledice chi li ha uccisi.
Il dolore, cioè, diventa il carburante del rancore che si accovaccia alla porta dell’anima e attende di sfogare la propria rabbia. A macchia d’olio quella rabbia diventa sete irrazionale di vendetta che non servirà mai a ridare la vita ai propri cari.
Come macchia d’olio quella collera si estende dai familiari a tutta la comunità e da questa alla religione di appartenenza e a tutti gli altri collanti identitari e costituisce un vincolo per ciascuno, ovunque abiti. E diventa un’epidemia senza vaccino.
Tutti si sentono improvvisamente feriti dallo stesso indistinto nemico. Perché il nemico diventa un intero popolo, un’intera comunità, tutti coloro che abbiano anche una sola sbiadita somiglianza col gruppo etnico cui si imputa la colpa dell’ingiusto dolore. Chiunque non concordasse con questo schema viene considerato come un traditore, un infame, un pavido, un indegno.
E invece mai come in questo momento abbiamo bisogno di persone-ponte che abbiano il coraggio di disvelare questo meccanismo perverso e di mettersi a ricucire.
C’è bisogno di laboratori che inventino il vaccino contro la diffusione del virus che miete vittime oggi ed è pronto a colpire domani.
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