Essere di parte
Le persone che governano una nazione sono normalmente espressione di una maggioranza formata da partiti e pertanto si ispirano a una visione di parte.
Si spera che, nell’atto del governare non facciano leggi che favoriscano i propri amici e altre che discriminino o svantaggino coloro che eventualmente non la pensano come loro.
Anche l’impiegato pubblico, pagato peraltro con i miei soldi, spero che non penalizzi l’utente che ha un’idea politica differente dalla sua. A me cittadino non resta che fidarmi. Spero che tutti coloro che sono chiamati, in un ruolo o in un altro, a compiere un servizio per il bene comune, operino in maniera imparziale pur avendo una legittima convinzione politica, filosofica e religiosa.
E allora perché, se tutto questo vale per ciascuno ambito della nostra vita sociale, non deve valere anche per la magistratura?
Io non conosco il credo religioso di ciascun magistrato ma se uno frequenta la moschea, la sinagoga o la chiesa, non per questo sono autorizzato a pensare che, giudicando un presunto furfante di un’altra religione, presuma la sua colpevolezza e processando un suo correligionario, al contrario, la sua innocenza.
E se non mi scandalizza il magistrato che va a messa perché deve indignarmi uno che partecipa a una manifestazione dichiarando apertamente la propria opinione?
Non ci resta che valutarlo per il suo operato ed eventualmente stigmatizzarne le forzature o, addirittura, le ingiustizie commesse. Nel merito. Sempre nel merito.
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