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Saviano condannato a mille euro per diffamazione della Meloni

Articolo 21 il . Diritti, Giustizia, Informazione, Istituzioni, Migranti, Politica

Alla fine di una lunga udienza è stato lo scrittore Roberto Saviano è stato riconosciuto responsabile di diffamazione della premier Giorgia Meloni e condannato a pagare una multa di mille euro, il minimo previsto.

L’ultima fase del processo era iniziata alle 14 davanti al Tribunale di Roma, tappa finale della querela presentata da Giorgia Meloni, quando non era ancora capo del Governo. Il pubblico ministero aveva chiesto che l’imputato fosse condannato a pagare diecimila euro, senza sanzioni penali.

Meloni ha accusato Roberto Saviano di diffamazione, in quanto usò la parola «bastardi» per lei e Matteo Salvini. Il Pm chiede la condanna  perché «quell’espressione non si può usare in nessun contesto», ma la colpa è «di lieve entità».

La parte civile aveva chiesto 75 mila euro per la contestata diffamazione. La Presidente del Consiglio, presunta parte lesa, non si è presentata in sula rifiutando qualsiasi confronto. Nella propria replica la difesa aveva sottolineato la rilevanza sociale delle prese di posizione di Roberto Saviano.

Nella sua dichiarazione spontanea lo scrittore, autore di Gomorra e già sotto scorta per le minacce di morte del clan dei casalesi, ha difeso il pensiero critico, la libertà di espressione, il diritto ad alzare la voce a tutela dei deboli, degli emarginati, dei migranti. In aula c’era la scorta mediatica rappresentata da diversi attivisti. Per Articolo 21 era presente il coordinatore dei Presidi, Giuseppe Giulietti, che dopo la lettura del dispositivo ha commentato: “È stato comunque sanzionato il diritto di critica. I politici possono insultare, protetti dall’immunità mentre il pensiero critico deve tacere”.

Il difensore di Saviano, l’avvocato Antonio Nobile aveva ricordato. peraltro “l’importanza degli intellettuali e dei giornalisti come ‘cani da guardia della democrazia’, così li ha definiti la Corte di Europea dei Diritti Umani (Cedu). La critica oggetto di valutazione è forte perché è proporzionata. Da questa decisione si trarrà il futuro del diritto di critica”. Ma ha prevalso la tesi della Procura per quanto la multa sia stata ridimensionata ad un decimo poiché il giudice ha riconosciuto il valore morale e sociale della denuncia.


“Dare voce a chi non ha nessuna possibilità di pronunciarsi”.

La dichiarazione integrale di Roberto Saviano condivisa da Articolo 21.

Sono stato portato in quest’aula a rispondere circa le mie parole di dura critica a quella parte politica che ha fatto della persecuzione dei migranti e della sistematica diffusione della paura la sua principale vocazione.

Io sono qui, in quest’aula, mentre chi in questi anni ha, con protervia e violento cinismo, mentito, accusando la comandante Carola Rackete di aver aggredito finanzieri italiani, indicandola a bersaglio pubblico, definendola “complice di scafisti e trafficanti” e “zecca tedesca”, utilizzando un disgustoso frasario nazionalista, ancor più odioso per un ministro di una democrazia europea ed europeista, è stato schermato dal Senato, salvato dall’immunità parlamentare.

Per non dire di Maurizio Gasparri che, il 18 gennaio 2015, commentò su Twitter la vicenda di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti italiane rapite il 31 luglio in Siria, in questo modo: “Sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo!”, retwittando una fake news e contribuendo in questo modo a diffonderla. Ebbene, anche in quel caso – come in innumerevoli altri – la Giunta delle immunità parlamentari del Senato ritenne insindacabili le opinioni espresse dal senatore Gasparri. La maggioranza ha protetto, anche in questo caso, un comportamento dettato da bieco sessismo e irresponsabile diffusione di notizie false.

Loro si proteggono con il più vile cameratismo da banda, svilendo una fondamentale prerogativa riconosciuta ai parlamentari, e invece costringono la magistratura a definire il limite entro cui è possibile criticare il potere, portandomi a giudizio. Ma davvero stiamo accettando tutto questo? Davvero stiamo accettando che il potere politico, che si scherma e si protegge per non rispondere mai delle proprie azioni e delle proprie parole, pretende poi che il potere giudiziario definisca il perimetro entro cui può muoversi la libertà di espressione? Può il potere politico difendersi non nel processo, ma dal processo e, allo stesso tempo, perseguire una strategia che è di intimidazione e di querela sistematica verso chiunque esprima dissenso?

È così difficile notare la sproporzione tra chi ha il potere politico e chi ha solo le proprie parole? Negli anni mi sono trovato spesso a subire le conseguenze delle parole che ho pronunciato, anche quando ho stigmatizzato il ministro Minniti, seduto al tavolo per negoziare, con i trafficanti libici, la gestione delle frontiere del Mediterraneo. Sono abituato a pagare un prezzo per ogni mia esposizione pubblica, essendo consapevole che il vuoto politico attuale costringe gli intellettuali a farsi carico, moralmente e fisicamente, di dar voce a chi non ha nessuna possibilità di pronunciarsi.

È importante che questo Tribunale sappia che la mia scelta di critica radicale è stata fatta in piena consapevolezza, dinanzi all’orrore quotidiano delle bugie sistematicamente ripetute su persone innocenti.

Togliere dignità, cassare lo spessore della tragedia ha significato negli anni permettere di considerare gli annegamenti e le stragi in mare come accadimenti ordinari, inevitabili alla stregua di quei fenomeni naturali verso cui nessuno deve porsi in rapporto di responsabilità. Peggio: a volte si è avuta la netta sensazione che le tragedie in mare, seppure non volute, fossero per certi versi “politicamente” accettate.

Aver consentito che il Mediterraneo diventasse una forra di morte, mi ha fatto scegliere di considerare crudeltà umana e non scelta politica le dichiarazioni di chi auspicava, come Giorgia Meloni, l’affondamento di imbarcazioni che salvano vite umane; di chi ha scelto, come Giorgia Meloni, quale strategia politica quella di terrorizzare una intera popolazione, parlando di invasione laddove né i numeri italiani – tra i più bassi d’Occidente – né quelli europei lasciassero intendere nulla del genere.

L’aver criminalizzato chi salva vite in mare si ascrive alla crudeltà non al concreto tentativo di affrontare e risolvere una urgenza politica. Rivendico quindi la legittimità della mia critica perché, quanto più forte è il crimine di cui il potere si macchia mentendo, tanto più forte sarà la critica che gli verrà mossa da chi non può tollerare tale menzogna.

Quando un giorno si analizzerà ciò che è accaduto in questi anni e ci si chiederà come sia stato possibile lasciare annegare migliaia di persone nel Mediterraneo e tacciare la disperazione per invasione, il mio nome non sarà sommato al gran numero dei complici. Come ha raccontato Brecht: “Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri ma: perché i loro poeti hanno taciuto?”.

Ritengo il comportamento della Premier Giorgia Meloni una intimidazione, ma nella mia vita sono abituato a queste pressioni.

Solo poche settimane fa, ed è una vicenda che si pone in continuità con questo processo, quindi non sembri lontana, è stata cancellata dai palinsesti Rai una mia trasmissione televisiva, Insider, già registrata e già anche presentata. Perché chiudere una trasmissione sulle mafie? Lo scopo? Impedire alla mia voce di esistere, per poter dare in pasto al proprio elettorato di riferimento, in totale assenza di obiettivi politici realizzati, una sola misera ricompensa: mostrare che la voce dell’oppositore politico è stata colpita ed eliminata.

È una strategia che sta avvenendo da anni anche in Ungheria, dove governa ViKtor Orbán, pubblicamente riconosciuto da Giorgia Meloni come suo riferimento. Ebbene, in Ungheria, Orbán sceglie alcune voci da isolare, perseguitare e a cui rendere la vita impossibile. Solo alcuni oppositori, non tutti. La gran parte delle critiche, Orbán le ignora, scegliendo solo coloro la cui voce e la cui attività superano la soglia dell’indifferenza e del silenzio. Colpisce alcuni perché tutti gli altri intendano.

È esattamente quello che sta accadendo anche nel nostro paese, dove si tace, si tergiversa, si dissimula per avere la propria carriera tutelata e la propria serenità risparmiata, mentre chi si espone paga. Lo sentiamo il silenzio di quasi tutti gli intellettuali, di quasi tutti gli organi di informazione spaventati dal ricevere sabotaggi, pressioni, guai. Ci sono riusciti ad intimidire tutti. Quasi tutti. Io sono qui. E oggi senza Michela Murgia che, dall’inizio di questo calvario, mi è sempre stata accanto senza paura, senza risparmiarsi, con la consapevolezza che esserci fa la differenza.

Quando, il 24 maggio 2021, sono stati condannati il boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e il suo avvocato Michele Santonastaso, per le minacce mafiose pronunciate proprio in un’aula di Tribunale nei miei confronti, nei confronti della giornalista Rosaria Capacchione e dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho, non c’è stato da parte di chi mi ha portato a giudizio in quest’Aula alcun atto di vicinanza e solidarietà.

Questo dimostra come non stiamo parlando di persone consapevoli del loro ruolo nella nostra società, ma di politici unicamente concentrati sulle proprie convenienze elettorali e propagandistiche, troppo spesso distanti da quello che dovrebbe essere il loro unico dovere: difendere la Democrazia. Ma Democrazia è anche e soprattutto poter esercitare il proprio diritto al dissenso. Impedire il dissenso, impedirlo anche quando si esprime in forma radicale, significa colpire a morte il cuore pulsante della Democrazia. Più grande è l’orrore delle menzogne pronunciate, più grande deve essere l’allarme, la critica, il grido di dissenso.

In conclusione, pur nell’assurdità di essere portato in giudizio dalla Presidente del Consiglio per averla criticata, non c’è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero. Una paura così grande hanno fatto le mie parole da chiedere a un Tribunale di punirmi per averle pronunciate.

Mi faccio coraggio, in queste ore, riprendendo le parole che Filippo Turati, per me da sempre riferimento e fonte di ispirazione, scrisse alla sua compagna Anna Kuliscioff dopo il discorso che Mussolini tenne alle camere per intimidire i magistrati, all’indomani dell’omicidio Matteotti: “Se vivremo tanto da vedere le nuove aurore, – scrisse Turati – forse ci compiaceremo con noi stessi della battaglia combattuta col solo rimanere in pieni nella resa generale”.


Italy: Roberto Saviano’s conviction a major blow to free expression

OBCT joins international media freedom, free expression, and journalist organisations in expressing shock over criminal conviction of the Italian writer.

The undersigned international media freedom, free expression, and journalist organisations express shock over yesterday’s criminal conviction of writer and journalist Roberto Saviano, in a case brought by current Italian PM Giorgia Meloni, and we convey our full solidarity with him.

On 12 October 2023, the Criminal Court of Rome convicted Saviano of criminal defamation. The case was initiated by Meloni in November 2021, prior to her assuming the current role of Prime Minister. The criminal lawsuit accused Saviano of aggravated criminal defamation due to his critical comments about Meloni’s persistent anti-migrant stance, voiced during the television programme, Piazza Pulita. Saviano’s remarks came after Piazza Pulita covered the tragic death of a six-month-old baby from Guinea, one of the migrants who drowned  in the Mediterranean when Italian authorities delayed their rescue efforts.

The prosecutor had asked for a fine of 10,000 euros for the criminal charge while its civil law counterpart demanded an additional 75,000 euros in damages. The judge acknowledged the mitigating circumstances, mentioning the moral motivation that led Roberto Saviano to formulate his criticism. The criminal court ordered the writer to pay a fine of 1,000 euros, and 2,600 euros of legal expenses; a further compensation for civil claims of the plaintiff will be determined by a civil court. The final text of the decision that includes the judge’s reasoning will be published in 90 days.

We believe that Roberto Saviano’s criminal conviction sets a dangerous example which may further facilitate attempts to muzzle critical commentary on public officials and political leaders, bearing grave consequences not only for Roberto Saviano, but also for Italy’s wider press freedom. Defamation laws used to silence criticism have a chilling effect on the society as a whole, and can lead to self-censorship among writers, journalists, activists and human rights defenders and the general public.

The right to freedom of expression encompasses the right to express opinions and ideas that may be considered offensive, shocking, or disturbing. The ECtHR has clarified that public figures, especially those in political roles, should tolerate a higher degree of criticism and scrutiny due to their prominent position in society. Criminal prosecution to suppress criticism against public officials is a violation of the right to freedom of expression as protected by Article 10 of the European Convention on Human Rights (ECHR).

Our organisations  have been observing how public officials have been increasingly using defamation lawsuits to target journalists and writers reporting on issues of public interest. We emphasise the necessity of ensuring a conducive work environment for journalists in Italy to empower them to report on crucial topics in the public interest and to pose challenging questions without the fear of facing legal threats. Using a criminal defamation lawsuit to silence critical voices cannot happen in a democratic society. We call again the urgent need for Parliament to comprehensively reform outdated defamation laws in Italy and bring them in line with international freedom of expression standards.

As Saviano’s lawyer has announced that the decision of the court will be appealed, we will continue to monitor the legal proceedings of the Rome court and stand strong in  support of the Italian writer and journalist.

Signed:

ARTICLE 19 Europe

Blueprint for Free Speech

Civil Liberties Union for Europe

European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)

European Federation of Journalists (EFJ)

Frente Cívica, Portugal

Free Press Unlimited (FPU)

Fondazione Libera Informazione

Index on Censorship

International Press Institute (IPI)

Meglio Legale

OBC Transeuropa

The Daphne Caruana Galizia Foundation

The Good lobby Italia

South East Europe Media Organisation (SEEMO)

Logo del progetto Media Freedom Rapid Response (MFRR)

 

This publication was produced within the Media Freedom Rapid Response (MFRR), co-funded by the European Commission. The contents of this publication are the sole responsibility of Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa and its partners and can in no way be taken to reflect the views of the European Union.

“Dare voce a chi non ha nessuna possibilità di pronunciarsi”. SOTTOSCRIVIAMO QUI LE PAROLE DI ROBERTO SAVIANO AL PROCESSO

Un appello a sostegno di Roberto Saviano nel processo per diffamazione della Presidente Meloni

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