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“Laudate Deum”: guida alla lettura dell’esortazione apostolica di papa Francesco sulla crisi climatica

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Nell’ultima esortazione apostolica di papa Francesco “Laudate Deum” ritroviamo alcuni dei temi principali delle sue due encicliche più note, Laudato si’ Fratelli tutti: l’urgenza di affrontare la crisi sociale e ambientale, l’ascolto della scienza, la critica al paradigma tecnocratico, la volontà di costruire un “noi” in grado di prendersi cura della casa comune, mediante il lavoro delle istituzioni internazionali e il protagonismo della società civile.

La sintesi di questi temi del magistero di papa Francesco viene ora messa al servizio di una presa di posizione rispetto al problema dei cambiamenti climatici antropogenici e in previsione della COP28, che si aprirà a Dubai il prossimo 30 novembre. Come già in Laudato si’ e Fratelli tutti, papa Francesco con questo documento dichiara di non rivolgersi esclusivamente ai fedeli cattolici ma «tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente» (n. 2).

Laudate Deum riprende il medesimo punto di partenza di Laudato si’: la necessità di mettersi in ascolto di un mondo la cui integrità è compromessa dai comportamenti umani irresponsabili: «il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura» (ibid.), con conseguenze che ricadono soprattutto sulle fasce più vulnerabili della popolazione mondiale. Papa Francesco richiama infatti la denuncia levata dal Sinodo per l’Amazzonia e l’affermazione dei vescovi africani che i cambiamenti climatici rappresentano «un esempio scioccante di peccato strutturale» (n. 3), sottolineando la stretta connessione tra il problema ambientale e quello sociale: è questa la chiave di volta dell’insegnamento di papa Francesco sull’ecologia integrale.

La crisi climatica globale

Il capitolo 1 «La crisi climatica globale» passa in rassegna le conoscenze attuali sui cambiamenti climatici antropogenici, basandosi sui documenti pubblicati negli ultimi due anni dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Papa Francesco constata che «non possiamo più fermare gli enormi danni che abbiamo causato. Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici» (n. 16). In questo capitolo troviamo un deciso rifiuto del negazionismo climatico, del quale vengono contraddetti gli argomenti circa il presunto carattere “naturale” dei cambiamenti climatici odierni. Il testo ribadisce invece l’ampia convergenza dei contributi scientifici, fino ad affermare che «non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di così pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile: gli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli» (n. 14). Viene richiamata anche l’esperienza della pandemia, a conferma di due principi già più volte enunciati: “tutto è collegato” e “nessuno si salva da solo” (n. 19).

Il crescente paradigma tecnocratico

Il capitolo 2 «Il crescente paradigma tecnocratico» riprende la critica al paradigma tecnocratico, che compare soprattutto nel capitolo 3 di Laudato si’ («Le radici umane della crisi ecologica»). Viene messo sotto accusa non il progresso tecnologico in sé, ma l’idea che esso coincida con il semplice incremento del potere di trasformare la realtà, svincolato da qualsiasi valutazione morale e messo al servizio di chi ha maggiori risorse economiche, sfruttando a proprio vantaggio anche gli strumenti della disinformazione e il «paravento» di una visione distorta della meritocrazia «che consolida ulteriormente i privilegi di pochi» (n. 32). Lo testimoniano le esperienze di alcune comunità locali, dapprima illuse da progetti di sviluppo economico, che si sono poi concretizzati a prezzo di una devastazione ambientale con gravi ricadute sulla salute umana (n. 30). Ritorna qui l’analisi della realtà con lo sguardo “dalle periferie” caratteristico del magistero di papa Francesco, insieme all’ascolto del “grido della terra e dei poveri” che percorre Laudato si’.

La debolezza della politica internazionale

Il capitolo 3 «La debolezza della politica internazionale» rielabora diverse considerazioni svolte in Fratelli tutti. Il testo prende atto della crisi del multilateralismo e della necessità di ripensarlo in un’ottica maggiormente inclusiva delle forze della società civile, facendo leva sugli aspetti positivi di questo momento storico: una globalizzazione che «favorisce gli scambi culturali spontanei, una maggiore conoscenza reciproca e modalità di integrazione dei popoli» (n. 38) e una cultura postmoderna che «ha generato una nuova sensibilità nei confronti di chi è più debole» (n. 39). Anche l’innegabile crisi della diplomazia non deve portare alla sfiducia, ma a riformulare la diplomazia nei termini di una «democratizzazione della sfera globale», ripensando i processi decisionali nelle sedi internazionali.

Le Conferenze sul clima: progressi e fallimenti

Nel capitolo 4 «Le conferenze sul clima: progressi e fallimenti» si ripercorre il cammino svolto dalla comunità internazionale a partire dalla Conferenza di Rio del 1992, con l’adozione della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici. Vengono richiamate le difficoltà e gli ostacoli incontrati in questi anni, tra cui il fallimento di alcuni negoziati, la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica, ma anche i progressi fatti, ad esempio il riconoscimento di un diritto al risarcimento ai Paesi in via di sviluppo colpiti dalle conseguenze dei cambiamenti climatici che non hanno contribuito a causare. Sul processo resta l’ombra di uno scarso livello di attuazione degli impegni, a causa della mancanza di adeguati sistemi di verifica e della posizione di Paesi che privilegiano univocamente il proprio interesse.

Cosa ci si aspetta dalla COP28 di Dubai?

L’attenzione si sposta quindi al futuro prossimo nel capitolo 5 «Che cosa ci si aspetta dalla COP28 di Dubai?». Papa Francesco non nasconde una preoccupazione per l’influenza che potrebbero giocarvi gli interessi delle compagnie petrolifere e del gas che «che ambiscono lì a nuovi progetti per espandere ulteriormente la produzione» (n. 53). Aggiunge tuttavia che «dire che non bisogna aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico perché significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico» (ibid.). Papa Francesco non rinuncia quindi ad avere fiducia nel lavoro della diplomazia, che può esercitarsi in modo virtuoso proprio nel contesto della Conferenza: «Se c’è un sincero interesse a far sì cha la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili» (n. 59). Un impegno di questo tipo potrebbe «ripristinare la credibilità della politica internazionale» (ibid.). Il documento riconosce quindi alla Conferenza climatica, pur gravata da inefficienze e interessi di parte, quel ruolo di grande esperimento diplomatico, attraverso il quale può nascere un rinnovamento della politica internazionale.

Le motivazioni spirituali

Il capitolo conclusivo «Le motivazioni spirituali» contiene un invito a cercare nell’esperienza religiosa cristiana – ma il medesimo invito è rivolto anche ai fedeli di altre religioni – una fonte motivazionale per affrontare i problemi di oggi. Con diverse citazioni da Laudato si’, viene richiamata la comprensione biblica del mondo come creazione e possesso esclusivo di Dio, l’atteggiamento di Gesù che sapeva cogliere nel mondo la bellezza seminata dal Padre e la presenza del Risorto che avvolge il mondo materiale. Viene rimarcata l’opposizione tra la fede che ci fa sentire uniti alle altre creature e il paradigma tecnocratico che ci isola dalle realtà circostanti. L’invito è quindi a riscoprire il mondo come «zona di contatto» – con una inaspettata citazione dalla filosofa postumanista Donna Haraway, al n. 66, che testimonia l’attenzione e l’ascolto anche di forme di pensiero lontane dall’antropologia cristiana – tra l’essere umano e le altre specie. Questa postura porta a riconoscere che «il valore peculiare e centrale dell’essere umano» (n. 67), affermato dalla tradizione giudaico-cristiana, deve essere oggi interpretato nella forma di un «antropocentrismo situato» fondato sulla consapevolezza che «la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature» (ibid.). Questa visione relazionale pone fine «all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato» (n. 68) e permette di comprendere la nostra umanità «in maniera più umile e più ricca» (ibid.).

L’esortazione chiude con l’invito a impegnarsi per trasformare la cultura del consumo e lo «stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale» (n. 72) attraverso scelte personali e comunitarie in grado di plasmare un diverso approccio alla vita.

Testo integrale “Laudate Deum”

«Non reagiamo abbastanza»: l’appello della Laudate Deum (aggiornamentisociali.it)

Laudate Deum: l’urgenza della responsabilità (aggiornamentisociali.it)

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