La storia di Silvio Novembre ci parla di difesa del bene comune, di dignità e di rispetto verso se stessi
Pubblichiamo il testo dell’intervento reso da Isabella Novembre, figlia del maresciallo della Guardia di Finanza, in occasione della presentazione del libro “Silvio Novembre, il coraggio oltre il dovere” che si è tenuto lo scorso 27 settembre a Milano.
Buonasera a tutti,
desidero prima di tutto ringraziare Stefano Mattachini a cui si deve l’idea di unire il ricordo di papà alla vigilia del quarto anniversario della sua scomparsa, alla presentazione del libro di Giandomenico Belliotti, che a causa della pandemia non si è mai potuta organizzare.
Idea subito raccolta e concretizzata da Rosario Pantaleo, che da consigliere comunale nel 2019 ha presentato immediatamente dopo la morte di papà una mozione per chiedere una intitolazione (strada…giardino…scuola..), mozione votata all’unanimità da tutti i gruppi politici del Consiglio Comunale, dimostrando sin da allora grande attenzione per la sua storia.
E desidero ringraziare il Generale C. A. Sebastiano Galdino, Comandante in Seconda della Guardia di Finanza, la cui presenza mi ha profondamente emozionato per tante ragioni, ciascuna della quali agisce da moltiplicatore sulle altre. La sua è una presenza che riannoda diversi fili.
Le prime iniziative che hanno portato l’attenzione del suo Corpo di appartenenza sulla figura di papà sono del 2013 e si devono in prima battuta al Consiglio Centrale di Rappresentanza della Guardia di Finanza, che ne ha chiesto la testimonianza in corso Sempione presso il Comando Interregionale.
Poco dopo, nel 2014 c’è stato l’incontro all’Accademia di Bergamo e nel dicembre dello stesso anno l’onorificenza dell’Ambrogino d’oro , alla cui cerimonia di consegna era presente anche il generale Galdino. È stato proprio lui in quegli stessi anni che lo ha voluto invitare alla Festa del Corpo – la prima a cui venne invitato dopo il congedo a cui accompagnai papà. Trovammo ad accoglierci proprio lui (allora Comandante Regionale se non sbaglio). La premura, il garbo e l’attenzione che dedicò a papà in quella occasione non le ho mai dimenticate e le ho ritrovate generosamente proiettate nei nostri confronti anche ad Alseno in occasione della intitolazione della sala consiliare nel 2021.
Un altro motivo di emozione è che, nel suo incarico di Ispettore per gli Istituti di Istruzione del corpo, il Gen. Galdino ha voluto qui stasera gli allievi dell’Accademia della GdF, allievi la cui presenza mi riporta all’incontro di cui dicevo prima, un bellissimo incontro a Bergamo voluto dal Cocer e dall’allora comandante dell’accademia Gen. Zafarana, poi Comandante Generale, cui parteciparono anche Annalori e Francesca Ambrosoli. Io ero preoccupata perché le condizioni di salute di papà non erano più buone e temevo si affaticasse eccessivamente… invece si è rivelato una specie di tonico. Credo sia stata una giornata per lui indimenticabile sia per l’incontro con i giovani che lui amava tantissimo, sia per l’omaggio che gli ha reso il suo Corpo indicandolo come esempio. Oserei definirlo un momento risarcitorio.
Grazie a Giandomenico Belliotti che ha voluto questo libro per rendere omaggio alla memoria di papà, e che oggi anche noi familiari utilizziamo come presentazione per chiunque ci chieda informazioni sulla sua storia e che ha tra gli altri meriti, quello di ricordarci anche il prima e il dopo la vicenda vissuta al fianco di Giorgio Ambrosoli.
E grazie a Francesca, al prof Vittorio Coda e al prof Marco Vitale per aver voluto condividere i ricordi che hanno di papà con tutti noi e per averlo fatto in modo non formale e con autentico affetto.
Dopo la sua scomparsa abbiamo già avuto molte occasioni per “fare memoria” insieme: nel 2020 gli è stato intitolato un polo didattico operativo presso la Scuola Ispettori e Sovraintendenti della GdF dell’Aquila, nel 2021 gli è stata dedicata una quercia rossa nel giardino dei giusti di Binasco e il suo comune di nascita Alseno gli ha intitolato l’Aula Consiliare.
In occasione della Festa del Corpo nel giugno del 2022 il Gen. C.A. Fabrizio Carrarini, Comandante Interregionale dell’Italia Nord Occidentale della GdF, ha voluto una targa nel cortile della Caserma di via Melchiorre Gioia, dando solennità all’iniziativa con la scelta di quella particolare giornata e sottolineando nel testo della targa come la figura di papà abbia ben sintetizzato il legame della GdF con la città di Milano. E di seguito l’iniziativa del Comune di Milano che ha visto il Sindaco Sala intervenire in prima persona sempre con il Comandante Carrarini, alla scopertura della targa in memoria di papà nei giardini di Piazza Grandi, luogo che per lui è stato casa per quasi 50 anni.
Trovo che la Casa della Memoria che ci ha concesso i suoi spazi e che è un luogo dedicato ai valori di libertà e democrazia, non poteva essere più adatto ad ospitare l’iniziativa, perché credo che anche la vicenda umana e professionale di papà si possa considerare a tutti gli effetti una storia di resistenza, fondata sui medesimi principi e dedicata alla tutela degli stessi valori.
Un attaccamento alla difesa della libertà che mi diverte immaginare iniziato fin da piccolo, quando mio nonno Giovanni in pieno regime fascista lo mandava a comprargli la Libertà di carta (Libertà è il quotidiano piacentino) alludendo al fatto che di quella vera in giro ce n’era poca….
Per me la storia di papà ci parla insieme, di difesa del bene comune e di dignità e di rispetto verso se stessi. Di difesa delle scelte che derivano, ancora prima che dall’adesione ad un astratto (e quasi logoro, per l’uso che ne viene fatto ora), principio di legalità, ad un proprio profondo impulso morale che ha trovato piena consonanza negli stessi principi di Giorgio Ambrosoli dando luogo a un sodalizio umano e professionale di rara forza.
Alcune persone che sono qui questa sera mi hanno aiutato a mettere a fuoco un altro aspetto, che io invece non avevo colto pienamente ed è che queste caratteristiche appartengono pienamente alla figura del giusto. A quelle figure che nelle situazioni più difficili e nel pericolo operano in modo silenzioso a favore di altri, senza aspettarsi nessuna ricompensa, anzi magari dimenticandosi di quanto importante fosse quello che hanno fatto e ponendosi sempre al riparo dalle luci dei riflettori. Le persone che per noi mantengono accesa una fiammella quando tutto intorno è buio e ci consentono così di ritrovare la luce.
Solo due cose ancora per chiudere che tengo molto a ricordare anche con un po’ di orgoglio di figlia.
La prima è che il lavoro svolto per quelle indagini ha fatto scuola, ne ho avuto notizia sia da magistrati che da chi tutt’ora svolge quel tipo di inchieste (lo ha ricordato poco fa anche il Gen. Galdino), e ha aperto strade di portata innovativa ben prima che la collaborazione internazionale e diventasse prassi consolidata e normata, e ben prima che tracciare i movimenti del denaro fosse considerato scontato nel perseguire reati di criminalità organizzata.
Per darvi un esempio voglio leggere un passaggio della lettera che ho ricevuto da un magistrato scomparso nel 2022 che ha lasciato la magistratura da Presidente dei GIP:
“…Il nostro primo incontro è avvenuto nel luglio del 1975, subito dopo il crollo della Banca Privata Italiana, quando nel mio ufficio in tribunale, dove ero all’epoca un giovane giudice della sezione fallimentare, ho ricevuto la visita dell’avv. Ambrosoli, che già conoscevo professionalmente, del P.M. dott. Viola e di una terza persona che mi fu presentata come il M.llo Novembre… Sono stata rapidamente informata che ero stata designata come magistrato incaricato di istruire un’istanza presentata dal P.M. nell’interesse dei creditori della banca per ottenere la dichiarazione di fallimento di una società con sede legale in Liechtenstein, Idera Business A.G – attraverso cui erano transitate cospicue somme della Banca Privata (2 miliardi di lire) che il Banco di Roma si era incamerato nell’imminenza del tracollo della prima con un’operazione estero su estero…..Non mi dilungo su particolari tecnici , ma posso solo accennare al fatto che sino ad allora nessuno aveva ritenuto che fosse possibile dichiarare il fallimento di una società straniera e comunque l’urgenza del problema mi aveva indotto a fissare immediatamente l’udienza per istruire il procedimento. Per arrivare all’obiettivo è stato necessario capire prima di tutto i complessi passaggi finanziari e il sistema delle “scatole cinesi” che aveva consentito mediante rapporti tra società, spesso del tutto fasulle, tra loro collegate la fuoriuscita di flussi di denaro in modo clandestino e difficilmente ricostruibile. In quella fase quindi il contributo del M.llo Novembre è stato essenziale. Lui infatti era l’unico tra noi che conoscesse la materia che nell’ambito della Guardia di Finanza aveva già ampiamente studiato e così avvalendoci delle sue preziose competenze, noi “giuristi” abbiamo cercato di trovare una veste legale che sostenesse la nuova interpretazione. L’esito per fortuna è stato positivo, ricordo di essere riuscita a convincere il collegio che la sede della società era solo apparentemente nel Liechtenstein, ma di fatto veniva gestita e amministrata a Milano presso lo studio di un commercialista che ne era amministratore; la sentenza dichiarativa del fallimento ha resistito anche in Cassazione , che dopo alcuni anni ha definitivamente applicato la nostra tesi in tutti i casi analoghi. Poi è cominciata la battaglia per recuperare il denaro con l’azione revocatoria e , malgrado le strenue resistenze del Banco di Roma, all’epoca presieduto da un notabile democristiano, abbiamo ottenuto una buona transazione, recuperando una gran parte delle somme che erano uscite con quell’operazione fraudolenta. Non sono mancati attacchi violenti anche se mascherati da pretesi dissensi giuridici, insinuazioni infamanti anche per me, ma alla fine abbiamo incassato quel denaro che è servito per i creditori della banca che erano rimasti con i loro conti correnti prosciugati. Per me è stata un’esperienza fondamentale e formativa per tutta la mia successiva attività di lavoro, ma soprattutto un incontro umano e professionale che ho serbato tra i più preziosi e duraturi nei miei 46 anni di magistrato. Infatti il garbo e il tratto umano che il M.llo Novembre sapeva accompagnare ai suoi contributi tecnici hanno reso per me come per tutti coloro che lo hanno conosciuto “sul campo” la sua figura indimenticabile…”
La seconda è che per capire come sono stati realmente vissuti gli anni accanto a Giorgio Ambrosoli basta osservare il “poi” così ben descritto nel libro di Giandomenico.
Dopo aver attraversato una violenta tempesta, direi meglio una vera e propria guerra, alcuni di coloro che la vissero insieme a lui si sono persi, chi professionalmente, chi personalmente. Non sono più stati in grado di ritrovare una normalità una volta usciti dalle cronache.
Papà sì, immediatamente, perché il suo equilibrio non è mai venuto meno. Ha compiuto le sue scelte, ancora una volta coraggiose, ponendosi al riparo dalle luci dei riflettori, come dicevamo fanno i giusti, Questo dice tanto ed è importante secondo me da ricordare in un tempo in cui la ricerca della visibilità a tutti i costi sta diventando ossessiva e malsana.
Ha proseguito la sua vita nell’impegno silenzioso e quotidiano e lo ha fatto con grande serenità, seguendo sempre la via maestra dell’amore per la verità e della difesa del bene comune.
Che è stata per lui la via maestra ma non certo la più comoda, perché seguirla richiede uno sforzo incessante di approfondimento e di discernimento. Essere in grado di valutare, approfondire e distinguere senza cercare scorciatoie, questo auguro agli allievi che abbiamo con noi stasera.
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Silvio Novembre e Giorgio Ambrosoli lavorarono fianco a fianco, fino a diventare fedeli amici
Milano 27 settembre, presentazione del libro “Silvio Novembre, il coraggio oltre il dovere”
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