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La restaurazione mascherata, l’ANM, Magistratura Democratica

Magistratura democratica il . Brevi, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

L’ANM ha mosso i primi passi contro la riforma costituzionale all’esame del parlamento – più una restaurazione che una riforma – venti giorni fa, quando MD ha chiesto agli altri gruppi di discutere al CDC del 9 settembre le iniziative dell’ANM sul punto.

Le iniziative, appunto, perché un documento di contrarietà al contenuto dei testi in discussione era già stato approvato mesi prima all’unanimità.

Sono arrivati due documenti (MD ed MI) in cui la differenza principale era l’indicazione di proposte operative specifiche e articolate solo nel documento di MD: un gruppo di lavoro che coordinasse gli interventi; che curasse la raccolta di materiali di supporto al dibattito; che li ordinasse in maniera da consentirne il rapido reperimento (a secondo del tema da trattare); infine un forte investimento sulla “comunicazione efficace”.

Il nostro gruppo, avendo registrato contrarietà più o meno decise al percorso proposto nel documento, ha tentato di pervenire comunque a un documento unitario, riducendo di molto le proposte e chiedendo che perlomeno fossero indicate alcune persone che predisponessero un programma di lavoro da sottoporre al prossimo CDC.

È prevalsa la risposta negativa, e il CDC ha licenziato un testo in cui si invitano i magistrati a partecipare ai dibattiti, le GES a organizzarli, mentre le commissioni dovrebbero predisporre schede informative.

Un mandato talmente generico da risultare superfluo e inefficace, anche alla luce dello scarso frutto che ha avuto il mandato dell’ultima assemblea generale, i cui contenuti sono ampiamente sovrapponibili a quelli deliberati sabato scorso.

Ecco perché non abbiamo votato quel documento: volevamo evidenziarne la totale genericità e nello stesso tempo stimolare gli altri gruppi a rivedere le proprie posizioni, convergendo sulla previsione di azioni incisive ed efficaci da parte dell’ANM.

Questa la cronaca breve. Chi volesse approfondire può proseguire la lettura.

Silvia Albano, Stefano Celli, Domenico Santoro

Qualche dettaglio in più

MD, venti giorni fa, ha chiesto agli altri gruppi (da sola non ha i numeri sufficienti per chiedere l’inserimento di un punto all’o.d.g.) di discutere le iniziative dell’ANM a proposito delle riforme costituzionali presentate in parlamento; ha preparato un documento in cui:

a)Venivano evidenziate le criticità esprimendo la propria totale contrarietà ai disegni di legge.

b)Si proponevano alcune iniziative in vista della discussione parlamentare (e non solo), nonché dell’auspicabile passaggio referendario.

Le proposte, sinteticamente, erano:

  1. Raccogliere i materiali già esistenti relativi ai principi costituzionali vigenti, alla loro portata, alle loro implicazioni;
  2. Indicizzare i materiali e inserirli in un sistema che ne consenta agile individuazione e accesso, mettendoli poi a disposizione su una piattaforma accessibile agli associati e al pubblico;
  3. Individuare per ciascun distretto uno o più referenti, per facilitare il collegamento fra la base degli associati e la commissione;
  4. Costituire il supporto tecnico della GEC e del CDC in vista della partecipazione al dibattito pubblico;
  5. Individuare modelli di comunicazione, anche tramite messaggi brevi ed efficaci, che possano illustrare efficacemente le critiche svolte ai disegni di modifica costituzionale.

È chiara la posizione del gruppo sulla riforma, ma siccome circolano letture non propriamente corrette e soprattutto non propriamente complete, vale la pena precisare alcuni passaggi.

Anche MI, che pure non aveva sottoscritto la richiesta di trattare il punto, ha presentato un documento, in cui si esprimevano chiare critiche sulla riforma.

Area ha quindi chiesto di aggiungere una parte “propositiva” che tuttavia ci è sembrata generica e poco incisiva. L’invito a partecipare al dibattito, a organizzare iniziative sul territorio, la promozione di “ogni forma di comunicazione”, sono ovviamente iniziative positive, ma, appunto, si tratta di inviti generici, che non spostano la sostanza politica. La nostra idea era di fornire a tutti i magistrati, alle GES e anche ai cittadini gli strumenti concreti per comprendere le criticità e soprattutto saperle comunicare efficacemente.

Abbiamo provato a trovare un punto di incontro, presentando un semplice emendamento aggiuntivo al documento di MI, con la parte propositiva ridotta a due punti:

  1. individuazione di un nucleo di persone che predisponessero un programma delle iniziative concrete (una banca dati ordinata, in primo luogo, per poter attingere facilmente ai documenti, agli interventi, ai materiali audiovisivi);
  2. impegno concreto sulla strategia comunicativa.

Visti i tentennamenti abbiamo ulteriormente ridotto. Anziché un gruppo di lavoro ex novo, abbiamo proposto di investire le due commissioni competenti (“ordinamento giudiziario” e “diritto e procedura penale”) nella persona dei presidenti e coordinatori.

Abbiamo anche rinunciato al punto 2), viste le assicurazioni, pur informali, della GEC che la questione sarebbe stata affrontata comunque a breve.

Il nostro concreto timore era (ed è) che senza l’indicazione di un programma, senza l’individuazione di un nome, anzi dei nomi che si sarebbero occupati di preparare i materiali, di individuare le strategie, tutto sarebbe rimasto affidato all’iniziativa dei singoli. Nulla di male, ma allora qual è il compito dell’ANM? Se basta l’iniziativa dei singoli, non è neppure necessario criticare la riforma, tanto su questo i magistrati sono tutti d’accordo.

Nonostante le precedenti assicurazioni da parte dei rappresentanti di altri gruppi del voto a favore dell’emendamento da noi proposto, proprio per arrivare a un documento unitario (che però i 101 non avrebbero votato perché conteneva una esplicita contrarietà al sorteggio per l’elezione dei componenti togati), è stato bocciato.

Ci siamo trovati quindi con un documento con affermazioni in massima parte condivisibili, ma praticamente insignificante sul piano operativo, perché generico e lasciato all’iniziativa di singoli e della GES.

E questo nonostante la tensione all’unità ci avesse indotto a rinunciare ai quattro quinti del nostro documento.

La decisione di non votare il documento è dunque frutto da un lato del giudizio di insufficienza, dall’altro dalla necessità di stimolare l’ANM, per il futuro, a non accontentarsi di deliberati generici. Anche perché la nostra posizione non si contrapponeva alle altre, la modalità da noi indicata non aveva assolutamente la pretesa dell’esclusività, tanto che il nostro emendamento si aggiungeva a quello di Area e avremmo accolto volentieri proposte concrete alternative o aggiuntive alla nostra.

Si è parlato di schede da predisporre ma non si è capito chi se ne farà carico; si è parlato di convegni, ma in maniera estremamente generica.

Ovvio che non si poteva in un deliberato scendere troppo nel particolare, ma è proprio questo il motivo per il quale avevamo pensato a un gruppo di lavoro autonomo (prima ipotesi), o a utilizzare le due commissioni esistenti (seconda ipotesi), per investire persone con un nome e un cognome del compito, intanto, di predisporre un programma del lavoro da fare.

Lavoro che sarà lungo, sarà complicato, presuppone impegno, risorse anche finanziarie. Tutte cose di cui non si parla nel deliberato. E alla obiezione sul punto è stato risposto qualcosa come “chiunque può venire qui e proporre”. Beh, ci mancherebbe altro! Solo che noi siamo andati  e abbiamo proposto: e la risposta è stata “no”.

La lettura dei documenti renderà tutto più chiaro: soprattutto nessuno potrà sostenere che il gruppo al CDC condivida una virgola della riforma. Il testo del nostro documento era anche stato pensato per poter arrivare a una votazione unanime anche da parte degli eletti nella Lista 101, tanto più importante dopo le dichiarazioni del consigliere Mirenda di non contrarietà ai disegni di legge costituzionale.

Tuttavia, pensiamo che a fronte di un attacco al cuore della giurisdizione oltre a dire “non sono d’accordo”, occorra anche rispondere alla domanda fondamentale e cioè “che fare?”; non è possibile limitarsi ad approvare un documento che si fermi alla critica della riforma, come del resto avevamo già fatto approvando un documento all’unanimità alcuni mesi fa.

Speriamo di esserci sbagliati e che 100 iniziative fioriranno.

Vedremo, per fortuna abbiamo ancora un po’ di tempo.

(Silvia Albano, Stefano Celli, Domenico Santoro)

Qui di seguito i documenti di cui è cenno nel resoconto.

Documento proposto da MD

Una truffa delle etichette

La magistratura ha il dovere di esprimere il proprio punto di vita sui disegni di legge costituzionale all’esame del parlamento.

In primo luogo perché su tutte le riforme che riguardino un istituzione, un gruppo organizzato, una categoria professionale, gli interessati esprimono il proprio punto di vista.

In secondo luogo perché le riforme ordinamentali che, come questa, costituiscono una radicale revisione degli assetti costituzionali con particolare riferimento alla divi, ha naturale e temiamo volute ricadute sulla tutela dei diritti, sull’azione repressiva, sulle limitazioni della libertà.

Il dovere dei magistrati è dunque duplice, perché non si tratta di tutelare la propria professionalità, si tratta di informare i cittadini e lo stesso parlamento delle ricadute che le riforme avranno sui cittadini, sulla loro vita, sulle loro libertà, sui loro diritti.

La magistratura associata deve quindi indicare da subito, anche come contributo al dibattito che, come per tutte le leggi, ancor più per quelle che modificano la Carta, deve svolgersi a tutti i livelli e non può essere confinato a quello parlamentare. Il confronto parlamentare è, ovviamente, necessario, ma non può dirsi sufficiente, specie in una democrazia matura e moderna e in un ordinamento che prevede fra i propri principi fondamentali il contributo dei cittadini allo svolgersi della vita politica, come singoli e nelle formazioni sociali.

Le criticità del disegno di modifica sono numerose: e mentre per alcune è necessario un ragionamento approfondito, tecnico, in quanto tale di difficile introduzione in questa sede, per altre sono sufficienti alcune semplici considerazioni.

Le modifiche relative al Consiglio superiore della Magistratura.

Le proposte di legge prevedono lo spezzettamento del Consiglio Superiore della Magistratura, che ora è l’esempio evidente e sigillo dell’unicità della giurisdizione, in cui si riconosce qualunque magistrato, indipendentemente dalla funzione esercitata, perché è consapevole del fine pubblico e non personale o settoriale che la anima. Già solo questo basterebbe per denunciare l’allontanamento del pubblico ministero dalla giurisdizione, dal suo ruolo pubblico di ricercatore della verità processuale, e non di un colpevole.

E colpisce la sistematica diminuzione dei poteri del CSM, anzi dei CSM, i quali potranno occuparsi solo di “assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni, provvedimenti disciplinari”. È chiara la finalità di impedire al Consiglio di esprimere pareri sui disegni di legge, pareri che notoriamente non sono vincolanti, ma costituiscono un’importante interlocuzione istituzionale, di cui inutilmente si priverà il legislatore; e di togliere la possibilità, per il consiglio, di ergersi a tutela dell’ordine giudiziario quando attacchi sconsiderati, cui purtroppo abbiamo dovuto assistere sempre più negli ultimi trent’anni, a singoli magistrati o a interi uffici, minavano la credibilità di tutto l’ordine giudiziario.

Il CSM, organo di rilevanza costituzionale, diventerebbe l’unica istituzione repubblicana che non può darsi un regolamento, non può varare una circolare – strumenti utili anche per orientare gli interessati e assicurare loro uniformità di trattamento – a differenza di qualsiasi comune, di qualunque grandezza, o ente pubblico di qualsivoglia rilevanza.

Il CSM, a differenza di tutti gli organi analoghi che governano le altre magistrature, sarà a composizione paritaria e anche questo suscita più di una preoccupazione, perché davvero non si comprenda come possa definirsi organo di governo autonomo della magistratura quello in cui i membri togati non siano la maggioranza.

Un pericoloso passo indietro: la modifica dell’articolo 107 costituzione

Sappiamo tutti che uno dei pilastri fondamentali che ha consentito di trasformare il magistrato da semplice funzionario a garante dei diritti del cittadino è stato l’articolo 107 cost. Lo stesso che ha imposto di abolire i concorsi interni, principale strumento tramite il quale la tutela dei diritti e l’attuazione del principio di uguaglianza veniva bloccato. Ora si vuole tornare a quel regime, ed è facile comprendere perché. Come nei primi venti anni di storia della repubblica, all’esecutivo basterà “convincere” un ristretto numero di magistrati, quelli apicali, per orientare nei fatti tutto l’ordine giudiziario, che tornerà ad essere diviso fra magistratura alta, che esercita funzioni superiori, e bassa.

A prescindere dall’evidente ricaduta sulle aspettative dei magistrati, il punto è che in questo modo saranno ancora una volta i cittadini, e le loro aspettative di tutela, a subire il danno di questa “nuova” impostazione, in realtà vecchissima. E se un giudice libero da condizionamenti di carriera, un giudice che si distingue dagli altri solo per la funzione che esercita, non certo per la dignità, il valore, i riconoscimenti economici e professionali, è stato il cardine per il riconoscimento e la tutela dei diritti dei soggetti deboli, dei nuovi diritti, così il nuovo giudice disegnato dalla riforma sarà naturalmente portato alla conservazione dell’esistente, attento a non discostarsi dalle idee dominanti, magari mascherando questo atteggiamento con la semplice “fedeltà alla giurisprudenza”.

Un disegno che non è di riforma, ma di vera e propria “restaurazione” che dobbiamo contrastare e prima ancora denunciare.

Obbligatorietà dell’azione penale.

Se la modifica dell’articolo 107 spiegherà i suoi effetti sul lungo periodo, sarà invece quasi immediata la ricaduta sul lavoro quotidiano e sui cittadini della modifica del regime dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Come la norma attuale costituisce attuazione del principio di uguaglianza, così quello modificato lo nega, perché consente alla maggioranza politica (quale che sia) di determinare gli obiettivi dell’azione penale e, si badi bene, anche i “non obiettivi”, così tranquillizzando gli autori di quei reati “non prioritari”, i quali potranno confidare che le indagini, nei loro confronti, neppure cominceranno.

Anche la distinzione dei poteri, su cui si fondano tutte le democrazie moderne, viene messa in grave crisi, perché se la maggioranza politica decide quali illeciti si debbano perseguire e quali no, oppure, il che è lo stesso, quali perseguire per primi, è evidente che una volta di più saranno i soggetti deboli a risentirne.

I soggetti lontani dal potere, con scarsa capacità di far valere i propri diritti, a volte addirittura di riconoscerne l’esistenza.

Non ci nascondiamo che l’ordinamento attuale consenta (e consigli, viste le risorse limitate) di indicare criteri di priorità. È evidente, tuttavia, che nel momento in cui questi vengono affidati alla legge ordinaria, e quindi alle decisioni della maggioranza politica, l’ordine giudiziario perde la sua indipendenza, e diventa l’esecutore di direttive politiche: proprio quello che si rimprovera oggi alla magistratura, da parte di certa cultura sedicente liberale, in realtà insofferente ai controlli di legalità, specialmente se rivolti a perseguire la criminalità economica e quella collegata all’azione amministrativa.

°°°

Il diritto è una scienza pratica, serve per risolvere i problemi, dirimere i contrasti, proporre soluzioni accettabili.

E la necessità di porre indicazioni pratiche per l’associazione è quanto mai urgente.

Il dibattito si svilupperà a lungo, anche per i necessari passaggi parlamentari e auspicabilmente terminerà con il referendum confermativo, luogo in cui l’azione e il contributo dell’Associazione potrà apprezzarsi appieno.

È necessario prepararsi da subito alla partecipazione e soprattutto fornire agli associati e a tutti i cittadini interessati, strumenti che la facilitino.

I materiali a disposizione non sono molti, ma moltissimi.

Interventi in sede di Assemblea costituente, dibattiti parlamentari, materiali dei convegni di studio, dottrina, giurisprudenza costituzionale, fino a singoli interventi di magistrati, professori, intellettuali su riviste specializzate, quotidiani, dibattiti televisivi.

Paradossalmente proprio la grande quantità di materiale rischia di ostacolare l’individuazione di quello utile per ogni singola evenienza, poiché si tratta di materiali non ordinati organicamente.

Sarà poi utile conservare anche gli interventi nuovi, condividendoli su una piattaforma accessibile a tutti, cosicché gli stessi abbiano ulteriore diffusione e possano servire di stimolo alla prosecuzione del dibattito e dell’illustrazione delle ragioni.

Tutto questo lavoro non può essere lasciato alla buona volontà o all’iniziativa dei singoli, sia perché il rischio è quello di perdere argomenti validi, sia perché sarebbe assurdo impiegare le già limitate energie disponibili (posto che i magistrati hanno già un lavoro da svolgere, lavoro che assorbe gran parte del tempo a disposizione), per effettuare una selezione che magari il collega della provincia vicina ha appena utilmente effettuato.

È quindi utile, anzi fondamentale, che l’ANM compia uno sforzo organizzativo, e istituisca una commissione temporanea, di cui facciano parte i membri disponibili del CDC, delle GES, nonché ovviamente qualunque associato disponibile.

Compito della commissione sarà quindi:

  1. Raccogliere i materiali già esistenti relativi ai principi costituzionali vigenti, alla loro portata, alle loro implicazioni;
  2. Indicizzare i materiali e inserirli in un sistema che ne consenta agile individuazione e accesso, mettendoli poi a disposizione su una piattaforma accessibile agli associati e al pubblico;
  3. Individuare per ciascun distretto uno o più referenti, per facilitare il collegamento fra la base degli associati e la commissione;
  4. Costituire il supporto tecnico della GEC e del CDC in vista della partecipazione al dibattito pubblico.

Questo lavoro non potrà ovviamente essere effettuato integralmente dai membri della commissione, perché necessità di competenze tecniche, sicché sarà necessario procedere allo stanziamento di fondi adeguati per effettuare le operazioni di inserimento dei dati e di ordinamento degli stessi secondo i criteri sopra indicati.

Accanto a questa attività occorrerà pensare a strumenti comunicativi efficienti, a messaggi efficaci, in grado non solo di far conoscere i veri obiettivi del disegno restauratore, ma anche di far comprendere ai cittadini le concrete ricadute delle modifiche costituzionali sulla loro vita sociale, sui loro diritti, sulle loro libertà, ricadute sul breve e sul lungo periodo. Questo può essere individuato come ulteriore e fondamentale compito della commissione:

5. Individuare modelli di comunicazione, anche tramite messaggi brevi ed efficaci, che possano illustrare efficacemente le critiche svolte ai disegni di modifica costituzionale.

È il punto forse più delicato, perché pochi magistrati sono abituati a farsi comprendere dal grande pubblico, proprio perché il sapere giuridico è spesso tecnico, complesso, di non immediata comprensione.

Lo sforzo va fatto, però, perché la posta in gioco è troppo alta.

°°°

Tanto premesso il CDC delibera:

– di istituire una Commissione temporanea di cui facciano parte almeno tre membri del CDC con funzioni di coordinatori;

– di incaricare la commissione perché effettui le attività di cui ai punti 1), 2), 3), 4) e 5).

– di dare mandato alla commissione di fornire ogni supporto all’attività dell’associazione nel suo complesso e dei singoli associati nel dibattito relativo alle modifiche costituzionali in corso di esame in Parlamento;

– di prevedere un adeguato stanziamento di fondi per l’attività della commissione.

Da inoltre mandato alla GEC perché, raccolte le disponibilità personali e di gruppo all’interno del CDC, nonché attraverso le GES, indichi la composizione della commissione che sceglierà al suo interno i coordinatori e provveda a un primo stanziamento per le necessità della commissione con particolare riferimento ai punti 2) e 5) sopra indicati.

(documento presentato dal gruppo di Magistratura Democratica in CDC)

 

Emendamento presentato da MD che se approvato avrebbe comportato la rinuncia al documento di cui sopra

Il gruppo di MD propone di aggiungere, in fine al documento di MI, il seguente emendamento:

Il CDC, al fine di individuare le persone che si faranno carico del lavoro di raccolta, collaborazione e predisposizione dei materiali, da mettere a disposizione di tutti i magistrati, nonché di stimolo e raccordo con le GES, delibera quindi di costituire un gruppo di lavoro di cui facciano parte i presidenti e i coordinatori delle commissioni “ordinamento giudiziario” e “penale e procedura penale”, con il compito raccogliere e ordinare il materiale di cui sopra.

Da mandato a tale Gruppo di lavoro di predisporre, entro la prossima seduta del CDC, una bozza di programma per la concreta raccolta, ordinamento e predisposizione dei materiali.

Documento presentato da MI con emendamento (ultimo paragrafo) di Area, approvato senza il voto dei consiglieri di MD

UN CAVALLO DI TROIA

L’ANM esprime grande preoccupazione per i contenuti dei disegni di legge in discussione dinanzi alla Commissione affari costituzionali della Camera di deputati che, nel riprodurre fedelmente la proposta di iniziativa popolare presentata dalle Camere Penali nella XVII legislatura, rivelano, al di là dei propositi annunciati nelle relazioni illustrative, l’intento di assoggettare tutti i magistrati, giudici e pubblici ministeri, al potere politico.

Il disegno di riforma solo apparentemente mostra di voler garantire il principio costituzionale della terzietà del giudice, ma in realtà si propone:

– di cambiare la composizione di entrambi i Consigli Superiori della Magistratura, sia giudicante che requirente, aumentando i membri di nomina politica sino alla metà;

– di consentire la scelta per sorteggio dei componenti togati;

– di vietare ai consigli superiori della magistratura di aprire pratiche a tutela dell’indipendenza dei singoli magistrati e di esprimere pareri sulle riforme in tema di giustizia;

– di abolire l’art. 107, terzo comma, della Costituzione, secondo cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni;

– di ridurre il principio di obbligatorietà dell’azione penale, limitandolo ai soli casi e modi previsti dalla legge.

Si mostra così di ignorare che il principio costituzionale di parità delle parti è ‘regola generalissima’ riferita indistintamente ad “ogni processo”, che non può essere trasfusa però sul piano ordinamentale, nel quale il pubblico ministero, in quanto “organo di giustizia” che persegue l’interesse pubblico raccogliendo le prove anche a favore dell’imputato, non ha un ruolo assimilabile a quello – pure essenziale, ma diverso – dell’avvocato che difende interessi privati.

Paradossale è poi che le proposte di legge da un lato vietano ai pubblici ministeri di diventare giudici, ma dall’altro lato ampliano a dismisura la possibilità di nominare direttamente come giudici “di ogni grado” gli stessi avvocati, senza passare da un pubblico concorso, mostrando così che la questione “separazione delle carriere” viene agitata in modo del tutto strumentale. Difendere una parte privata nel processo costituisce forse maggiore garanzia di imparzialità che perseguire interessi pubblici?

Se venissero approvate le proposte di modifica costituzionale, il corpo della magistratura professionale, ora selezionata per concorso pubblico, cambierebbe nel tempo la sua fisionomia con l’introduzione della nuova categoria dei magistrati di nomina politica “ad ogni livello” della magistratura giudicante.

I disegni di legge ridimensionano fortemente il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, che si esplicherà nei ‘casi e modi’ stabiliti dalla legge; con tali modifiche, la Politica indicherà i reati da perseguire e quelli da accantonare ed attrarrà nel suo ambito di influenza l’ufficio del pubblico ministero, il quale fatalmente dovrà soggiacere ai successivi controlli sull’effettiva osservanza delle disposizioni impartite dalla maggioranza politica di turno.

Un giudizio decisamente negativo deve esprimersi con riferimento alle ulteriori modifiche dirette ad ampliare la sfera di influenza della Politica sul Consiglio superiore della Magistratura, la cui componente togata non sarebbe più maggioritaria e sarebbe formata da magistrati non “eletti” ma “sorteggiati”, senza dunque adeguate garanzie che la scelta sia indirizzata sui soggetti più adatti e più capaci, come voluto dai Padri costituenti.

Inspiegabile, se non con la volontà di rendere la magistratura pavida e privarla delle sue prerogative di “potere diffuso”, è altresì l’abolizione del terzo comma dell’art. 107 della Costituzione, norma che svolge un ruolo di architrave del sistema, vietando le gerarchie tra i magistrati, sia giudici che pubblici ministeri, e garantendone l’indipendenza anche nei rapporti interni.

Il filo rosso che lega i vari disegni di legge, in definitiva, non è certo quello di migliorare la rapidità e l’efficacia del sistema penale e della risposta alle aspettative di ciascuno per una giustizia giusta, imparziale ed equanime, ma solo di aumentare l’ingerenza della Politica sulla Magistratura.

Per questo diciamo no a processi riformatori che, in contrasto con i principi costituzionali e con le direttive sovranazionali, mirano a ridimensionare il ruolo costituzionale della Magistratura e a gettare le basi per la sottoposizione del PM al controllo del Governo.

Il cdc invita tutti i magistrati associati a partecipare attivamente al dibattito pubblico sulla riforma della giustizia e invita le Ges a promuovere iniziative sul territorio, organizzando convegni aperti alla società civile e incontri con esponenti del mondo accademico, dell’avvocatura e dell’informazione. Sollecita le competenti Commissioni della ANM a predisporre schede tecniche che possano essere di ausilio anche alle attività di informazione delle Ges. Si impegna a promuovere ogni altra forma di comunicazione anche attraverso i suoi organi rappresentativi e si riserva di deliberare tutte le ulteriori iniziative necessarie a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Magistratura democratica

md@magistraturademocratica.it

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