Foggia, a D’Attis sembra interessare più la campagna elettorale che l’antimafia
Mauro D’Attis, più che il Vice presidente della Commissione parlamentare antimafia sembra l’addetto alle pubbliche relazioni di Forza Italia in Puglia e la strumentalizzazione rischia di compromettere l’intera Commissione parlamentare di inchiesta. Che già di per sé non brilla.
Su Il Fatto di oggi Massari e Panza sollevano una questione di opportunità relativa alla candidatura a sindaco di Foggia di tal Raffaele Di Mauro, che avrebbe una parentela acquisita con un boss mafioso deceduto, candidatura sonoramente sostenuta da D’Attis che oltre ad essere l’uomo forte di Forza Italia in Puglia è appunto il vice presidente della Commissione antimafia.
La cosa che a me pare ancor più grave è che lo scoppiettante annuncio della candidatura avvenga quasi contemporaneamente all’altrettanto scoppiettante annuncio della imminente missione della Commissione Antimafia proprio a Foggia, prevista per l’8 settembre.
Ovviamente è l’uomo forte di Puglia a dare la notizia sui social, adoperando parole che sono tutte un programma (!): “Lo Stato si farà sentire per dichiarare guerra alla criminalità. Foggia non è sola, c’è uno Stato che lotta incessantemente per liberarla dalle tenaglie della criminalità (…). Il potenziamento dell’organico delle forze dell’ordine è un intervento ormai improcrastinabile (…) Ma non basta: accanto ad interventi di controllo e repressione, bisogna avviare un confronto su programmi di integrazione sociale e culturale (…) Lo Stato saprà rispondere, questa è una certezza”.
L’occasione per stringere sulla missione a Foggia, verrebbe da dire amaramente il pretesto, è l’assassinio della signora Franca Marasco, accoltellata nella sua tabaccheria. È lecito chiedersi se a D’Attis interessi più il contrasto alle mafie o la campagna elettorale? È opportuno che la Commissione parlamentare antimafia si rechi a Foggia in simili circostanze, rischiando di offrire semplicemente un gigantesco e gratuito spot elettorale all’uomo che naturalmente sarà al centro dei riflettori l’8 settembre e cioè il pugliese, vice presidente dell’antimafia?
Foggia, Comune sciolto per infiltrazione mafiosa, come tutto quel territorio dal Gargano a Cerignola, merita sicuramente l’attenzione delle Istituzioni e della Commissione Antimafia in particolare, perché gravi (e note) sono da tempo le manifestazioni criminali, perché alcuni fatti specifici come l’incredibile evasione dal carcere di massima sicurezza di Nuoro del boss Raduano (tutt’ora latitante) o i sequestri di persona “lampo” a scopo di estorsione (raramente denunciati), segnalano la nefasta qualità di queste manifestazioni, ma siamo sicuri che sia questo il modo migliore per “dare un segnale”, come si dice in gergo politico?
Il dubbio che esprimo non è estemporaneo: da mesi seguo l’attività del vice presidente dell’antimafia D’Attis ed ho già avuto modo di notare che la sua intraprendenza pare molto più legata alle esigenze elettorali di Forza Italia in Puglia che a quelle della Nazione tutta.
Basta dare un’occhiata ai suoi profili social: prima la campagna elettorale per Brindisi, poi l’emendamento per assicurare riconoscimento e soldi ad un istituto scolastico brindisino, quindi gli incontri sul territorio con i big di Forza Italia, lo spot per la manifestazione nautica ed infine l’avvio della gloriosa “marcia” su Foggia.
Purtroppo l’inadeguatezza di D’Attis, relativamente al ruolo di vice presidente si intenda, è consonante alle continue cantonate di questa destra quando indossa i panni dell’antimafia.
Che pena, per esempio, questo utilizzo da parte di Meloni del termine “bonifica” parlando di Caivano, forse una reminiscenza agro pontina mal resuscitata, trattandosi non di paludi ma di vittime di violenza e di colpevoli assenze.
Che pena leggere nel post commemorativo dedicato dalla sodale presidente Colosimo al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “È la persona grazie alla quale è nato il 416 bis”, quando piuttosto la coincidenza temporale tra l’assassinio di Dalla Chiesa e la immediatamente successiva approvazione della legge introduttiva del 416 bis amplificò la diserzione dello Stato sul fronte del sacrificio del generale.
Che pena leggere dalle cronache che la Meloni avrebbe chiamato i famigliari del povero Giovanbattista Cutolo ammazzato a Napoli, chiedendo “Ditemi cosa devo fare”, confondendo compiacenza con compassione e sostituendo al dovere della responsabilità una mal posta disponibilità all’ascolto.
Ma tant’è, questo ad oggi passa il convento.
Rispetto alla missione di venerdì a Foggia sarebbe quanto meno il caso che il Vice presidente D’Attis si astenesse in conferenza stampa. Giusto così per rammentare, di tanto in tanto, che di conflitti d’interesse la democrazia (quel che ne resta) muore.
Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello
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