Il fenomeno estorsivo è cambiato e molti di coloro che pagano sono conniventi con Cosa nostra
Trentadue anni – quelli che ci separano dall’omicidio di Libero Grassi – sono un arco di tempo che impone un’analisi sul contrasto alle estorsioni.
Sebbene ci sia ancora chi continua a pagare va evidenziato che oggi la scelta di opporsi è possibile e non ha bisogno del clamore mediatico a cui, suo malgrado, fu costretto l’imprenditore tessile.
I processi, celebrati negli ultimi due decenni grazie al lavoro di magistrati e forze dell’ordine e con l’ausilio di associazioni realmente operative, raccontano infatti che a Palermo sono maturate centinaia di denunce di operatori economici che si sono opposti a Cosa nostra e che dopo tale scelta sono riusciti a proseguire la loro attività economica in condizioni di normalità.
Tuttavia va rilevato che sono ancora molti, soprattutto in alcune aree della città e in specifici settori, coloro che pagano le estorsioni e non denunciano. Su questa tendenza va però aggiornata la narrazione: rispetto al passato il tema che investe la maggior parte di coloro che pagano non è più quello della paura né tanto meno della solitudine, ma quello della connivenza.
Si tratta di commercianti e imprenditori che operano in diversi settori come quello dell’edilizia e che in cambio del pizzo pagato chiedono al medesimo taglieggiatore di scalzare concorrenti, di recuperare crediti e refurtive, di dirimere controversie con i dipendenti e di risolvere problemi di vicinato.
È una variante degenerativa del fenomeno estorsivo che è sempre esistita ma che oggi ha assunto una dimensione dominante. In questo contesto negli ultimi mesi abbiamo accompagnato a denunciare diversi imprenditori edili oggetto di tentativi di estorsione, le cui storie racconteremo quando sarà possibile.
In queste e altre vicende emergono le difficoltà di imprenditori e operai a lavorare in alcuni territori, dove, invece, altre imprese edili in cambio delle estorsioni pagate si accaparrano forniture e lavori realizzati in cantieri con bonus fiscali come quello per il ripristino delle facciate condominiali.
Rispetto a tutto questo occorre che le organizzazioni datoriali del comparto dell’edilizia e i sindacati di riferimento promuovano interventi concreti, stimolino tutti gli imprenditori a denunciare e sensibilizzino i capicantiere (che di fatto ricevono le richieste estorsive) a fare altrettanto.
Ci ritroviamo in un momento nel quale i tempi sono maturi affinché governo e parlamento del Paese più che ripristinare il “subbappalto a cascata”, adottino strumenti che inibiscano l’accesso a bonus e benefici fiscali a quelle imprese che pagano le estorsioni e non denunciano perché conniventi con Cosa nostra.
La natura di questo genere di interventi disincentiverebbe le relazioni di connivenza a tutela del mercato e della collettività ma sarebbe anche coerente con norme già introdotte nel 2009 sul cosiddetto “obbligo di denuncia” per le imprese che contraggono con la pubblica amministrazione.
Il coraggio di essere Libero: XXXII anniversario della morte di Libero Grassi
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