Inaccettabili le foto scattate sul cimitero di Corleone
In qualità di semplice cittadina mantovana, non voglio entrare nel merito delle diatribe politiche che hanno messo in fermento la comunità ostigliese ma ritengo sia inaccettabile per una società civile accettare che un proprio rappresentante politico si fotografi sul cimitero di Corleone tra le tombe di alcuni dei più sanguinari boss e terroristi mafiosi italiani quali sono stati Bernardo Provenzano e Totò Riina.
Un amministratore pubblico non può permettersi un gesto così negletto e offensivo per le vittime innocenti delle mafie, per i famigliari delle vittime stesse e per tutti coloro, giovani e adulti, che hanno continuato e continuano tutt’oggi ad impegnarsi per rendere il nostro Paesi più libero e più giusto. E non è consentito a chiunque affermare di non aver fatto del male con lo scatto di quella foto, poi divulgata tramite social.
Il capogruppo di maggioranza del Consiglio Comunale di Ostiglia, Silvano Giovanelli, non poteva non sapere che tra i viali di quel cimitero si trovano fianco a fianco le tombe di molti innocenti e anche di molti carnefici. Mai nessun cittadino responsabile ha mai pensato di fotografarsi, sorridente, tra le tombe di alcuni criminali mafiosi.
Anche molti semplici cittadini mantovani hanno negli anni visitato i cimiteri di Corleone, Palermo, Cinisi, Partanna e di altri paesi del Sud come pure anche alcuni cimiteri del Nord Italia (compresa la nostra Lombardia) per rendere omaggio e tener viva la memoria di altri cittadini e cittadine, a cui la vita è stata brutalmente strappata perché combattevano mafia, ndrangheta o camorra per difendere la libertà e i diritti di ogni cittadino e cittadina italiana.
Nel cimitero di Corleone se il capogruppo di maggioranza del Consiglio comunale di Ostiglia, Silvano Giovanelli ci teneva a farsi un selfie avrebbe potuto fotografarsi al fianco della tomba del sindacalista Placido Rizzotto, che dopo aver combattuto, come partigiano, nei nostri territori, la dittatura nazifascista era tornato a Corleone dove nel mese di marzo del 1948 venne trucidato perché, nonostante le pesanti minacce dei boss del suo paese, Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Totò Riina, si era schierato in difesa dei diritti dei contadini corleonesi; oppure il selfie poteva essere scattato al fianco della targa che ricorda il piccolo Giuseppe Letizia (13 anni), a cui la giovane vita venne strappata semplicemente perché aveva assistito involontariamente, alle sevizie e al conseguente assassinio di Placido Rizzotto e ricordare così che non è assolutamente vero che le mafie non uccidono i bambini.
Ed è pure molto grave che il sindaco di Ostiglia e la Giunta comunale, già dal 2021 quando si è verificato il suddetto fatto sconcertante, essendo i legittimi rappresentanti di una comunità civile che ha accolto e sostenuto la ricerca di giustizia e la tutela dei diritti di molti famigliari di vittime innocenti delle mafie, e alla cui memoria l’Amministrazione Comunale stessa ha dedicato anche spazi pubblici, non abbiano preteso le immediate dimissioni del consigliere comunale e il suddetto fatto venga liquidato alla stregua di “una sciocchezza da mettere a tacere”
Forse in questo contesto è bene ricordare alcune delle condanne definitive all’ergastolo di Totò Riina e Bernardo Provenzano, per aver negato il diritto alla vita di giovani e adulti, semplici cittadini o rappresentanti delle Istituzioni: per l’omicidio del capitano Emanuele Basile; per gli omicidi del carabiniere Giuseppe Russo, del commissario della squadra mobile di Palermo, Beppe Montana, del vicequestore di Palermo Ninni Cassarà e del suo agente di scorta Roberto Antiochia; per gli omicidi del comandante dei carabinieri di Monreale Mario D’Aleo e dei colleghi Giuseppe Bommarito e Pietro Morici; per gli omicidi del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, del politico Pio La Torre insieme al suo collaboratore Rosario Di Salvo e del politico Michele Reina; per l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti; per l’omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo; del capo della squadra mobile Boris Giuliano e del professore Paolo Giaccone; per la strage di Via Capaci; per l’omicidio del giudice Cesare Terranova e del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto; per la strage di Via d’Amelio; per le stragi del ’93 a Firenze, Milano e le autobombe a Roma; per l’omicidio dei giudici Alberto Giacomelli e Rocco Chinnici; per la strage di Pizzolungo in cui persero la vita una giovane mamma Barbara Rizzoe i suoi gemellini di 6 anni Salvatore e Giuseppe Asta; per la strage di viale Lazio a Palermo.
Ricordiamoci sempre, usando le parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera che “Le mafie vincono dove l’umanità naufraga, dove la coscienza si inabissa, dove il sentimento di comunità annega.”
Fonte: La Gazzetta di Mantova, 11/07/2023
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