Nel caso di Roberto Saviano si tratta di un odio persistente e antico.
Quasi nessuno ricorda ricorda un durissimo attacco della Lega a Fabio Fazio che aveva portato in studio il racconto della mafia al nord, svelando collusioni, complicità, coperture di ogni tipo. L’autore e narratore, che combinazione, era lo scrittore napoletano. Fu addirittura imposta dalla destra una puntata di riparazione, che andò in onda su un’altra rete, per consentire un comizio senza contraddittorio, una vergognosa prima volta nella storia della Rai. Poi Berlusconi sferrò un duro attacco chiedendo che la Rai smettesse di mandare in onda inchieste, film fiction che “sporcavano” l’immagine dell’Italia.
Ancora attacchi contro Saviano perché ha raccontato al grande pubblico, questo è il vero “reato” contestato, la tragedia dei migranti, dei rifugiati, degli ultimi, delle loro morti nel mare, senza nome, tra indifferenza e cinismo dei governanti, di ogni natura e colore. Per le sue parole è stato querelato, querele bavaglio, da Meloni e Salvini, per non parlare del ministro Sangiuliano che dopo aver denunciato Saviano, ha perso clamorosamente in tribunale. I due, tuttavia, non si sono mai presentati in aula, non hanno accettato il confronto, non hanno risposto neppure alle convocazioni dei giudici. Il ministro, tuttavia, ha fatto di più e ha chiesto pubblicamente alla Rai di cacciare Saviano è così è stato.
Chi ha preso la decisione ha tentato di nascondersi dietro il codice etico, equiparando Saviano a Facci, sospeso per le sue frasi sessiste e volgari.
Si aggiunga che Facci doveva ancora essere contrattualizzato, mentre il programma di Saviano era già stato realizzato e attendeva solo la messa in onda. Tra le due scelte non esiste, dunque, equiparazione possibile, nel metodo e nel merito.
Peccato che il contratto di servizio che lega lo Stato alla Rai, unico vero documento di riferimento, assegni il compito al servizio pubblico di esaltare la Costituzione antifascista, antimafiosa, antirazzista, solidale, accogliente, inclusiva. Valori che hanno da sempre segnato la vita e l’azione di Roberto Saviano. Altro che codice etico, alla Rai è in corso la sostituzione etica. Gli attacchi a Don Ciotti e a Roberto Saviano segnano un salto di qualità e richiederebbero una risposta straordinaria, capace di unire quanti hanno a cuore la Costituzione.
Per questo l’associazione Articolo 21 ha deciso di promuovere la campagna #stiamocondonciottiesaviano e di organizzare iniziative ovunque sarà possibile e di raccogliere le firme per chiedere che il programma sia inserito subito nei palinsesti. Dal momento che i processi contro Saviano non si sono ancora conclusi sarà il caso di darsi appuntamento alla prossima udienza e di reclamare la presenza del ministro che ha chiesto e ottenuto la soppressione del programma. Un capitano “coraggioso” non avrà certo paura di confrontarsi in pubblico con un povero prete e uno scrittore.